Le principali associazioni italiane dell’automotive hanno avanzato una proposta congiunta al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per “mettere il Fondo Automotive al riparo da pericolose distrazioni di risorse e avviare in tempi rapidi una revisione ormai improcrastinabile della fiscalità sulle auto aziendali”.
Lo hanno comunicato in occasione della sessione inaugurale della 22esima edizione dell’Automotive Dealer Day – House of Mobility, alla Fiera di Verona, sottolineando “l’urgenza di calibrare le politiche incentivanti con una visione almeno di medio periodo”.
A cominciare, ad esempio, dalla fiscalità delle auto aziendali, il cui impianto normativo risale agli anni ’90. Sul tavolo l’idea di riparametrare le percentuali di deducibilità dei costi di acquisto, di leasing finanziario e di noleggio in funzione delle emissioni di CO2 e innalzare l’attuale costo massimo fiscalmente riconosciuto per ogni modalità di acquisizione.
La percentuale di deducibilità varia infatti soltanto a seconda dell’utilizzo del veicolo. È disciplinata dall’articolo 164 del Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), in base al quale l’auto aziendale è deducibile per le imprese, i lavoratori autonomi e gli agenti di commercio, ma solo se utilizzata per fini aziendali. In funzione dell’utilizzo del mezzo, le auto possono avere due tipi di detrazioni:
- i veicoli utilizzati esclusivamente per l’attività d’impresa sono deducibili al 100%
- i veicoli utilizzati promiscuamente, sia per l’attività d’impresa che per uso personale, sono deducibili al 25%.
Per le autovetture, il limite sul quale calcolare la percentuale deducibile è pari a:
- 18.075,99 € per le imprese e i lavoratori autonomi suddivisi in 5 anni (3.615,2 €/anno);
- 25.822,84 € per gli agenti di commercio suddivisi in 5 anni (5.164,57 €/anno).
Oltre a supportare le imprese nel processo di rinnovo del proprio parco auto e ad accompagnare la diffusione della mobilità sostenibile, un intervento simile alimenterebbe anche lo sviluppo di un mercato dell’usato di qualità, “in grado di avvicinare sempre più persone alle nuove tecnologie, contribuendo in modo significativo all’aggiornamento del parco circolante italiano”, che è tra i più vecchi in Europa.
In una fase definita “cruciale” per la filiera nazionale, Anfia, Aniasa, Federauto, Motus-E e Unrae ribadiscono la necessità che le risorse del Fondo Automotive siano ripristinate per il 2025 e fino al 2030 vengano utilizzate esclusivamente per misure destinate “al sostegno, alla transizione e allo sviluppo del settore Automotive”.
Negli ultimi anni – rimarcano le associazioni – le politiche incentivanti hanno alimentato una “grande incertezza”, con il risultato che oggi il mercato auto italiano è caratterizzato da una forte discrepanza in termini di mix di alimentazioni rispetto agli altri grandi Paesi europei, dove invece industria e consumatori possono fare affidamento su prospettive ben definite sul funzionamento delle agevolazioni.
L’Ecobonus italiano, al contrario, è stato modificato quattro volte in quattro anni, e spesso si è assistito ad annunci ai quali non è seguita una rapida attuazione delle misure, con conseguente paralisi delle vendite.
La cartina di tornasole è l’ultima analisi del mercato delle auto elettriche fornita da Motus-E, relativa al mese di aprile: si registra un -20% nelle vendite in confronto allo stesso mese del 2023, con 3.173 nuove vetture full electric immatricolate, il 2,3% del totale venduto nel mese considerando tutti i tipi di alimentazione.
Nei primi quattro mesi del 2024, le nuove auto elettriche registrate in Italia sono in totale 16.402, in calo del 19,4% rispetto allo stesso periodo del 2023, con una quota di mercato scesa al 2,8% (3,7% nel periodo gennaio-aprile del 2023).
La contrazione è dovuta all’attesa dei consumatori verso il nuovo Ecobonus, che prevede incentivi più generosi rispetto ai precedenti (fino a un massimo di 13.750 euro con rottamazione e Isee sotto 30mila euro, lo schema completo è stato presentato a febbraio al Tavolo Automotive presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy).
Il decreto è stato controfirmato a fine marzo dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto, ma sui tempi di pubblicazione regna l’incertezza.
Va ricordato che il provvedimento non avrà effetto retroattivo, quindi fino all’uscita del Dpcm continueranno ad applicarsi i vecchi incentivi meno vantaggiosi e attrattivi.
Infine, alla luce dei molteplici dossier aperti che riguardano il comparto, le associazioni hanno chiesto che venga attivato un tavolo con i principali attori della filiera e i ministeri di riferimento (Mase, Mef, Mimit e Mit) in grado di “definire in tempi rapidi una riforma fiscale del settore e di affrontare con un approccio coordinato, multidisciplinare e pragmatico le principali sfide a cui è chiamata tutta la filiera”.