Anche l’Olanda si attrezza per liberarsi dal riscaldamento a metano

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La terza “potenza” europea del metano sta pianificando l’addio al gas naturale: nel 2021 solo il 9% delle nuove case si è allacciata alla rete gas.

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Per l’Italia il metano sembra essere come i diamanti per la De Beers: “è per sempre”.

La storia d’amore metano-politica in Italia non conosce ripensamenti, nonostante l’impatto climatico provocato dal gas (circa 80 volte più potente dell’anidride carbonica), i ricatti energetici a cui questa fonte ci espone (il 94,5% dall’estero, e da paesi non proprio democratici), i ripetuti incidenti provocati dal gas nelle case, il fatto che l’estrazione di metano in Italia si sia più che dimezzata negli ultimi 10 anni (3,4 mld di mc, oggi) e il terribile shock dei prezzi a cui siamo sottoposti (in 10 mesi è passato da 20 a 180 €/MWh, per stabilizzarsi ora intorno ai 70).

Invece di elaborare piani per liberarsi della patata bollente del gas naturale, tutti i governi che si succedono pensano solo a come perpetuare la nostra dipendenza da questa fonte, appoggiando la sua inclusione nella tassonomia verde europea come energia di transizione, offrendo pure generosi bonus per installare nuove caldaie a gas, progettando nuovi gasdotti in tutte le direzioni e persino pensando di aumentare la moribonda estrazione di gas autoctono.

Magari, in un impeto di generosità, si potrebbe però pensare che è giusto che l’Italia difenda il metano a spada tratta; in fondo siamo sentimentalmente legati a questa fonte, quella che l’Eni di Enrico Mattei, scoprì nel Nord Italia e Sicilia e che per un po’ ci diede illusioni di autonomia energetica, alimentando il boom industriale degli anni ‘60.

Questo legame, che ci impedisce di abbandonare il metano al suo destino, sarà condiviso anche in tutti i paesi in cui il gas ha giocato un ruolo importante nello sviluppo?

Bene, non è sempre così. I paesi “metaniferi” seri, quelli che pensano al bene futuro della propria popolazione, e non solo a quello delle aziende che di metano campano, non indulgono troppo in questi sentimentalismi: e dalla fonte gas naturale stanno pianificando una fuga.

Il campione europeo della produzione di gas, la Norvegia (111 mld di mc nel 2020, picco nel 2017 con 123), in realtà non ha mai neanche cominciato a usarlo in patria: la sua produzione elettrica è quasi tutta da idroelettrico, mentre il teleriscaldamento da combustione di rifiuti e quello elettrico alimentano il 94% dei riscaldamenti domestici.

Recentemente abbiamo raccontato come la Gran Bretagna (che produce ancora 40 mld mc di metano l’anno, ma ha toccato i 113 nel 2000), stia pensando di accelerare non solo la costruzione di altri parchi eolici offshore (nel 2022 ne arriveranno altri 3 GW) per diminuire la quota di metano nella produzione elettrica, ma che punti ad anticipare la proibizione dell’utilizzo di caldaie a gas nelle nuove case dal 2023, per poi proibirle del tutto nel 2035.

Adesso si scopre che anche la terza “potenza” europea del gas, i Paesi Bassi (20 mld mc estratti nel 2020, ma erano 80 nel 1996), non indulge in nostalgie, ma sta pianificando l’addio al gas naturale.

In realtà, anche se questo paese ha enormemente beneficiato nei decenni scorsi della vendita di gas in tutta Europa, ultimamente il suo rapporto è stato conflittuale con questa fonte, dopo che l’estrazione dai giacimenti costieri ha provocato danni alle abitazioni, specialmente nella cittadina di Groningen, dove l’80% delle case è stato lesionato dall’abbassamento del suolo.

È bastato questo, oltre al fatto che ormai il paese dipende per quasi la metà dei suoi consumi di metano dall’importazione, per far cessare la vecchia storia d’amore fra olandesi e gas naturale.

Secondo il governo olandese, al 2050 questa fonte dovrà essere bandita, a cominciare dal suo uso nelle abitazioni: compito non facilissimo, se si pensa che il metano provvede al 58% dell’elettricità olandese e al 92% del riscaldamento degli edifici.

Intanto, oltre a installare sempre più eolico e solare per erodere la quota metano nell’elettricità, gli olandesi hanno cominciato ad attaccare il settore del riscaldamento. Già dal 2018 è stato preso un provvedimento che in Italia sembrerebbe pura follia: le nuove case non devono più avere l’allaccio alla rete del metano (cosa più che possibile: vedi i nostri articoli sul tema).

E la cosa sta funzionando. Secondo Netbeheer Nederland, l’associazione delle aziende di fornitura energetica dei Paesi Bassi, nel 2021 solo il 9% delle nuove case si è attaccata ai gasdotti, mentre tutte le altre provvederanno a riscaldamento e cottura con sistemi elettrici.

Le esenzioni concesse alll’uso delle caldie a gas andranno sempre più a calare, perché riguardano per lo più progetti iniziati prima del 2018, oltre a casi in cui, per varie ragioni, non si può prevedere l’uso di pompe di calore, teleriscaldamento, uso di biomasse o altre forme di climatizzazione “non a gas”.

Per servire questi casi residuali, sta anche aumentando la produzione di biometano: in questo gli olandesi sono più indietro di noi, avendone prodotti solo 196 milioni di metri cubi nel 2021 (circa il 2% del metano consumato nelle case), contro gli 1,7 mld di mc in Italia, ma quella cifra rappresenta già un +12% sul 2020.

E Netbeheer Nederland segnala anche che sta aumentando velocemente il numero di famiglie in case già esistenti, che chiede di essere staccato dalla rete gas, per passare a sistemi elettrici.

Tutto bene, quindi? Naturalmente no. La dipendenza da metano nei Paesi Bassi è più pesante della nostra ed è peggiorata dalla minore disponibilità di rinnovabili, mentre la transizione è ostacolata anche dalla scarsità di incentivi statali, che, si stima dovrebbero essere almeno pari a 600 milioni di euro l’anno, per innescare un meccanismo veramente virtuoso.

Nonostante ciò, gli olandesi ci stanno provando con una serietà e ostinazione sconosciute da noi, partendo anche da soluzioni “pragmatiche”, come le pompe di calore ibride (che usano sia elettricità che metano, integrandosi più facilmente con gli impianti esistenti): un programma promosso da Netbeheer Nederland prevede di dotarne almeno 100mila case ogni anno, a partire dal 2024, così da averne attive almeno 2 milioni entro il 2030.

Si conta molto, poi, sul calore estratto dal sottosuolo, usando pompe di calore geotermiche, sia a livello di singola casa, ma, soprattutto, per alimentare impianti centralizzati di riscaldamento, visto che questi dispositivi diventano molto più convenienti quando utilizzate per grandi impianti.

Secondo l’agenzia olandese per l’ambiente nel 2030 la geotermia a bassa entalpia fornirà già il 7% del riscaldamento di abitazioni nei Paesi Bassi ed entro il 2050 si stima che la percentuale salirà al 35%; valori che ci farebbero vergognare, visto quanto noi in Italia snobbiamo la nostra ben più abbondante risorsa geotermica.

Ma non ci sono solo le pompe di calore. La stessa agenzia stima che entro il 2030 il 25% delle case nelle città sarà connessa a impianti di teleriscaldamento, alcuni alimentati dagli inceneritori di rifiuti, altri dall’accumulo di solare termico, altri da idrogeno e alcuni persino dal calore residuo dei computer ammassati nei data center (ad Amsterdam questi dovrebbero coprire addirittura il 30% della domanda di calore al 2050).

Insomma, pur con una situazione di partenza più difficile della nostra anche i Paesi Bassi si stanno attrezzando per svincolarsi dall’abbraccio mortale con il metano fossile.

Noi, invece, sogniamo nuovi buchi nell’Adriatico e sconti da Putin…

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