Rifiuti ed economia circolare: perché non può essere una tendenza, ma una necessità

Il problema dei rifiuti in Italia richiede un indirizzo legislativo, vanno condivise le buone pratiche e le soluzioni innovative per la loro gestione, ma soprattutto serve una revisione organica della normativa. Gli obiettivi europei possono fare da traino?

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È in voga in questo periodo storico parlare di economia circolare. Come ogni tendenza figlia della società moderna, dalla filosofia vegana o alle cure mediche alternative, anche questa corrente passa da tortuose strade sui cui lati a megafono spiegato c’è chi grida ogni tipo di commento, consiglio, indirizzo, critiche e orazioni degne del miglior santone.

Ma è davvero una tendenza? No. È una necessità. Parlare di economia circolare oggi equivale a mettere in pratica sistemi di recupero e di riutilizzo di ciò che già si ha a disposizione.

In Italia il problema rifiuti è davvero un serio problema. Ne abbiamo sentito parlare anche nelle ultime campagne elettorali. Riuscire ad avviare un percorso di transizione verso un modello di economia circolare sarebbe un input strategico di non poco conto.

D’altra parte i vincoli maggiori attualmente sono due. Il primo è proprio l’essere legati alla vecchia economia lineare, che ha portato al problema smaltimento: il risultato è che i rifiuti urbani spesso sono gestiti e smaltiti da discariche (con tutte le relative conseguenze negative) e che soprattutto nel sud, ma anche al centro, scarseggiano ancora gli impianti per trattare e avviare a riciclo i rifiuti. Il secondo stop riguarda i costi: il governo britannico ha stimato che la creazione di un sistema efficiente per il riutilizzo e il riciclo delle risorse verrebbe a costare nel proprio territorio circa 14 miliardi di euro. In Italia quanto ci costerebbe?

Inoltre, le politiche governative stentano a muoversi nella direzione dell’economia circolare in modo deciso e la valorizzazione del rifiuto non è efficacemente supportata. Anzi, diverse pratiche di riuso e riutilizzo sono frenate proprio dalle distorsioni della normativa sul trasferimento e il trattamento dei “rifiuti”, che sono sostanze e oggetti “di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”.

Per contro le imprese leader hanno compreso le ricadute che l’economia circolare potrà avere sulla loro competitività e a livello locale spesso si registra la volontà di muoversi su questa strada, con la raccolta differenziata, le isole ecologiche (soprattutto nei piccoli centri), i consorzi pubblici e le aziende virtuose, nonché gli ecodistretti.

Diciamo che bisognerebbe fornire alle autorità locali un indirizzo normativo, facilitare la condivisione delle buone pratiche e delle soluzioni innovative per sviluppare sistemi sostenibili di gestione dei rifiuti e riduzione degli sprechi. D’altra parte esiste un’altra necessità non trascurabile ossia la revisione organica delle norme, con principi diversi, per superare i limiti dei rischi amministrativi legati al riciclo e avviare la tutela di chi decide di iniziare attività di riciclo: recuperare ad esempio le bottiglie di vetro è un valido progetto, ma per l’imprenditore è davvero così semplice il recupero e riutilizzo se poi va incontro a responsabilità di natura sanitaria, burocratica e quant’altro? Il gioco vale la candela?

Aiutare gli imprenditori interessati a trovare risposte positive a questo tipo di domande è uno degli elementi su cui la Pubblica Amministrazione centrale e locale può giocare un importante ruolo costruttivo.

Per fortuna ancora una volta il nostro Paese è trainato dall’Unione Europea: gli orientamenti politici della Commissione fanno dell’economia circolare uno dei punti cardini dell’agenda politica UE. Nel dicembre 2015 è stato pubblicato un pacchetto ad hoc che promuove proprio tale transizione e indica alcune azioni che premono sulla realizzazione di progetti innovativi di riutilizzo e valorizzazione delle risorse.

Secondo la Commissione Europea una buona gestione dei rifiuti, la progettazione ecocompatibile e il riutilizzo, possono portare risparmi netti per le imprese europee pari a 600 miliardi di euro, ossia l’8% del fatturato annuo, riducendo l’emissione di gas a effetto serra del 2-4%. I settori del riutilizzo e della rigenerazione sono considerati una fonte di risparmio: se il 95% dei telefoni cellulari fosse raccolto si potrebbero generare risparmi sui costi dei materiali di fabbricazione pari a oltre 1 miliardo di euro.

La Commissione ha stabilito di fissare l’obiettivo comune UE di riciclare il 65% dei rifiuti urbani entro il 2030, nonché di riciclare il 75% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030 e di fissare un vincolo di collocamento in discarica per ridurre tale pratica al massimo al 10% di tutti i rifiuti entro il 2030.

Attorno all’efficienza circolare sono fiorite iniziative volte a diffondere e indirizzare come la Ellen MacArthur Foundation, la WRAP, il Circular Europe Network.

Puntare sull’economia circolare significa ottenere benefici a largo spettro: in campo occupazionale (l’Economic Growth Potential of More Circular Economies stima tra 1,2 e 3 milioni di nuovi posti di lavoro, di cui circa il 25% in Italia – vedi pdf) o nel settore dei trasporti (dove il costo medio per km di un’auto potrebbe diminuire fino al 75% grazie al car sharing e ai veicoli elettrici), solo per fare alcuni esempi.

A largo raggio possiamo arrivare al campo del riutilizzo e delle attività lavorative legate ad esso (preparazione, trasformazione e commercializzazione di arredi, rifiuti elettrici ed elettronici, tessili), ma per questi settori serve una revisione della normativa nazionale, in particolare per quanto attiene ai centri per il riuso e di riparazione.

L’economia circolare rappresenta uno dei principale motori di spinta in ambito economico e di approvvigionamento, nonché di business legato alla green economy, e non possiamo più pensare di farne a meno. In fondo, se ci pensiamo, andando indietro nel tempo o meglio di una o due generazioni la società era basata sul concetto del “non si butta niente ma si recupera”, i nostri nonni in povertà recuperavano i vestiti, i rapporti umani e le bici rotte. Ritorniamo ai principi di quel tempo con una spinta moderna e articolata, degna delle grandi conquiste fatte da allora ad oggi.

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