“Peak car”: la fine dell’era dell’auto privata è iniziata da tempo

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In tutto l'occidente ormai da anni si vendono e si usano meno macchine. L'auto privata, prigioniera della sua stessa crescita, complice un cambio di cultura e di abitudini è entrata in una fase di declino, tanto che si è cominciato ad utilizzare, in analogia con la teoria del picco del petrolio, l’espressione di “peak car”.

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Per molti decenni il numero delle auto e degli spostamenti motorizzati, rappresentabili con l’indicatore “passeggeri-chilometro”, è costantemente cresciuto su scala mondiale.  In diversi paesi però, il legame tra dinamiche economiche e sviluppo della mobilità, storicamente molto stretto, è entrato in crisi. La corsa dell’auto è infatti rallentata, tanto che si è cominciato ad utilizzare, in analogia con la teoria del picco del petrolio, l’espressione di “peak car” .

Questo cambiamento è riscontrabile in diverse aree del mondo industrializzato, dagli Usa all’Australia, dall’Italia al Giappone. Analizzando l’andamento delle vendite di autoveicoli negli ultimi venti anni si nota un calo in Giappone e solo una leggera crescita negli Usa e in Europa. Negli Stati Uniti il picco dell’uso dell’auto è stato raggiunto nel 2004, ben prima della crisi economica, e negli ultimi dieci anni il calo è stato del 9%.

E i consumi di carburante, malgrado l’aumento della popolazione, nel 2012 sono stati inferiori a quelli di 15 anni prima. Come conseguenza di queste modifiche della mobilità la congestione urbana si è ridotta.

I motivi di questa imprevista inversione sono diversi. La diffusione delle auto ha raggiunto livelli di saturazione, i giovani guidano di meno, l’auto è sempre meno uno status symbol e l’urbanizzazione riduce la necessità di un mezzo proprio. Contribuisce a questo cambiamento anche il crescente successo dello shopping on line e il ricorso al telelavoro e alle teleconferenze.

Sono passati novant’anni dal lancio della pubblicità “La sua prima macchina”, pensata da Henry Ford espressamente per i genitori. In effetti, la guida divenne un momento cruciale della formazione giovanile, tanto che alla fine degli anni Settanta l’86% dei diciottenni Usa aveva la patente. Ma nel 2010 questa percentuale è scesa al 61%. L’attenzione dei giovani sembra essersi spostata sui social network e sugli smart phone.

Più in generale, l’auto nata per regalare mobilità è diventata prigioniera del suo successo. In un mondo sempre più urbanizzato, che vedrà nei prossimi 30 anni aumentare di tre miliardi  gli abitanti delle città, sarà sempre più difficile trovare fisicamente lo spazio per un crescente numero di autoveicoli.

Già oggi nelle metropoli con un buon trasporto pubblico, da Parigi a New York, meno del 50% degli abitanti possiede un’auto. Negli ultimi vent’anni il traffico automobilistico in ingresso a Londra si è ridotto del 36%.

Secondo autorevoli valutazioni, nel 2020 le vendite di auto negli Usa, in Europa occidentale e in Giappone saranno inferiori a quelle registrate nel 2000.  Su scala mondiale l’espansione continuerà, anche per la rapidissima evoluzione in Cina il cui mercato annuo è triplicato nell’ultimo decennio arrivando a  25 milioni di vendite nel 2014 e continuerà a crescere. Tuttavia, anche su scala globale si potrebbe raggiungere un picco nei prossimi 10-20 anni, con un numero annuo di auto vendute attorno ai 100-110 milioni.

In Italia circolano 60 autovetture per ogni 100 abitanti, una delle più alte densità automobilistiche del mondo. Francia e Germania sono ferme a 50. In parallelo abbiamo una rete ferroviaria ed un sistema di trasporto pubblicomolto al di sotto della media europea, conseguenza di scelte  sbagliate, orientate a suo tempo dall’industria dell’auto.

Ma anche da noi la saturazione del mercato, gli alti prezzi dei carburanti, la crisi e il cambiamento di modelli di mobilità si sono fatti sentire, portando ad un drastico calo delle vendite. Nel biennio 2012-2013 la rottamazione di auto usate ha superato le vendite, con un saldo netto negativo di 155 mila automobili ed un calo dello 0,5% del parco circolante, mentre nel 2014 si è avuto un rimbalzo delle vendite.

La riduzione della mobilità automobilistica ha inizio nel nostro paese già nel 2006 e si è manifestata con particolare evidenza nelle grandi città. Ma il dato più significativo è dato dalla riduzione di oltre il 20% dei consumi di benzina e gasolio tra il 2007 e il 2014.

Milano rappresenta un caso emblematico, con una diminuzione di ben duecentomila auto fra il 1990 e la fine del 2011 (-21%). Pur essendosi contemporaneamente ridotta anche la popolazione, il numero di auto ogni mille abitanti è sceso del 16%, passando da 673 a 568.  Un calo ulteriormente accentuatosi negli ultimi tre anni, come vedremo. Questi cambiamenti possono essere spiegati in larga parte con l’introduzione del pagamento dell’accesso in centro e con il grande successo delle forme alternative di mobilità.

Secondo il rapporto Censis-Aci “il triennio ‘horribilis’ 2008-2011 ha modificato stili di vita e di consumo in ampi strati di popolazione”, evidenziando un calo netto dell’uso dell’auto da parte dell’8% dei patentati e la contemporanea crescita dell’interesse per il servizio pubblico, per moto e motorini e per altre modalità di spostamento meno impattanti e costose: il 42% dei cittadini va a piedi, il 18% usa la bici e l’11% è interessato ad utilizzare il car sharing.

Questo articolo è un estratto dal nuovo libro di Gianni Silvestrini, “2 °C. Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia”, Edizioni Ambiente, febbraio 2015.

www.duegradi.it è il sito dedicato al libro. L’estratto è stato pubblicato con il consenso della casa editrice.

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