Sindaci per il clima, nonostante i governi

  • 17 Dicembre 2009

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Dal summit dei sindaci sul clima a Copenhagen un messaggio chiaro: qualsiasi cosa si decida alla Cop 15 le città agiranno comunque per ridurre le emissioni.  Responsabili del 70% dei gas serra, i centri urbani sono un nodo fondamentale del problema. Regioni ed enti locali chiedono una rappresentanza anche a livello di Nazioni Unite.

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“Non importa quello che firmeranno alla Cop 15, perché noi stiamo già facendo quello di cui loro stanno parlando”. Le parole pronunciate dal primo cittadino di Melbourne Robert Doyle al Climate Summit of Mayors, il summit dei sindaci sul clima, danno il senso della bottom line dell’incontro al quale hanno partecipato 80 sindaci di grandi città da tutto il mondo: gli enti locali non aspetteranno e non stanno aspettando decisioni dall’alto per agire.

Non possono farlo, perché gli effetti del global warming si sentono soprattutto a livello locale. Lo ha ricordato il sindaco di Melbourne, quest’anno flagellata (75 morti) dagli incendi causati da una siccità anomala, ed è stato ribadito dalla presentazione del primo studio di valutazione degli effetti dei cambiamenti climatici sulle città, realizzato dal consorzio accademico internazionale UCCRN.

Devono farlo perché, come emerge dai dati Iea, i centri urbani consumano i due terzi dell’energia primaria mondiale e causano il 70% delle emissioni, percentuale avviata a salire al 76% al 2030. E le città, ha ricordato Nicholas Stern, il famoso economista autore dell’omonimo rapporto, sono anche “il punto da cui è più ovvio partire”: lì si concentra la maggior parte della popolazione mondiale e lì si possono realizzare gli interventi più efficaci in materia di efficienza nell’edilizia e nei trasporti.

Qualcosa le città lo stanno già facendo, spesso con maggiore convinzione dei governi nazionali. Su queste pagine abbiamo già raccontato della Convenants of Mayors, l’alleanza di sindaci europei (ma non solo) che ha deciso di andare oltre agli obiettivi Ue per il 2020 (Qualenergia.it – “Se le città passano all’azione”).

Molti altri gli esempi presentati al summit dei sindaci a Copenhagen. Toronto – ha spiegato il sindaco Steve Miller, in aperta polemica con l’immobilismo del governo canadese in materia di clima – sta già tagliando un milione di tonnellate di CO2 all’anno. Negli Usa, anche se il governo federale non l’ha mai sottoscritto e l’amministrazione Obama si sta battendo affinché sia superato nell’accordo per il dopo 2012, più di mille sindaci hanno sottoscritto gli impegni di riduzione del protocollo di Kyoto. Seattle, spiega il sindaco, ha deciso di aderire nel 2005, quando si è accorta che in conseguenza della scarsità di neve in inverno sulle montagne circostanti si era avuta una notevole carenza d’acqua d’estate.

E ancora: San Paolo in Brasile si è data per legge l’obiettivo per il 2013 di tagliare le emissioni del 30% rispetto ai livelli del 2005 e attualmente ha già raggiunto un -20%, grazie anche a un sistema per sfruttare il biogas prodotto nelle discariche, anziché lasciare che si disperda in atmosfera. Il padrone di casa, cioè il comune di Copenhagen (1,2 milioni di abitanti), mira ad essere addirittura carbon neutral al 2025: ha già ridotto le emissioni del 20% dal 1995 al 2005 e punta ad un altro -20% al 2015. Meno ambizioso l’obiettivo di New York (città di isole e infrastrutture sotterranee particolarmente vulnerabile a un innalzamento del livello del mare): taglierà del 30% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2006.

L’azione per il clima si sta giocando e si deve giocare anche a livello locale. Cosa manca per farlo? Il coinvolgimento degli enti locali nelle decisioni a livello globale. A chiederlo a gran voce tra gli altri anche il governatore della California Arnold Schwarzenegger nel suo intervento al summit dei sindaci: “serve una conferenza Onu anche per città, stati e regioni e sarei contento di ospitarla in California”.

GM

17 dicembre 2009

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