Foreste contro cambiamenti climatici

  • 3 Febbraio 2009

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Il ruolo degli ecosistemi forestali per il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto e per la fase successiva al 2012. Come potranno beneficiarne i paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati. Mercato ufficiale e mercato volontario. Cosa succede in Italia?

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L’appuntamento di Copenaghen (Unfccc-COP15, Dicembre 2009) si avvicina e l’anno appena iniziato risulterà decisivo a livello globale per il lancio di programmi concreti sulla sostenibilità ambientale ed energetica. Un ruolo da protagonista lo avranno senz’altro le foreste del nostro pianeta che, oltre a continuare a garantire la qualità della vita umana, potranno essere un valido supporto anche per il raggiungimento degli obiettivi delineati nel Protocollo di Kyoto e in quello che sarà il suo seguito, dopo il 2012.

Gli ecosistemi forestali hanno tre caratteristiche fondamentali che li rendono strategici per le politiche ambientali ed energetiche: la prima riguarda il loro ruolo di “assorbitori” di CO2 atmosferica, la seconda riguarda il ruolo delle foreste nella produzione sostenibile di biomassa a fini energetici da utilizzare in sostituzione di fonti fossili e la terza il ruolo che i prodotti legnosi possono svolgere come serbatoi di carbonio, incentivando quindi l’utilizzo di materiali eco-compatibili a basso contenuto energetico. Per quanto riguarda le ultime due caratteristiche, ci limitiamo a confermare che, soprattutto nel nostro Paese, un’oculata politica energetica dovrà tener conto del ruolo che possono svolgere le biomasse, ma la bioenergia in generale, e l’utilizzo di prodotti eco-compatibili. Le potenzialità sono alte, come messo in evidenza in diverse occasioni dalle diverse associazioni di categoria e stakeholders nazionali, in particolare da Itabia (Italian Biomass Association) che a breve presenterà un Rapporto sullo stato dell’arte nel nostro Paese, ma ancora diverse sono le barriere che si frappongono al loro pieno sviluppo.

Sorvolando sul ruolo “ambientale” che le foreste hanno in termini di lotta al degrado del territorio, lotta alla desertificazione, regimazione delle acque, stabilizzazione dei suoli, sviluppo di economie locali, ecc., ci concentriamo, invece, sulla prima caratteristica inerente gli ecosistemi forestali, che sin dall’inizio ha attirato l’attenzione in sede di negoziato internazionale per il Protocollo di Kyoto. E’ infatti indubbio il ruolo svolto, soprattutto a livello politico. Non ci sarebbe stata nessuna firma a Kyoto nel 1997 se tale caratteristica di “assorbitori” di CO2 non fosse stata inserita all’interno del nascente Protocollo. Le foreste, quindi, hanno permesso di finalizzare quello che a tutt’oggi è considerato uno dei trattati ambientali più importanti a livello internazionale. Ancora oggi si fanno polemiche sul fatto che l’introduzione delle foreste nel Protocollo di Kyoto possa considerarsi una scappatoia per evitare ulteriori impegni nei comparti energetici senza considerare invece l’ottima sinergia che si potrebbe mettere in atto, soprattutto combinando strategicamente le tre caratteristiche sopra enunciate.
La storia si ripete e nel corso di quest’anno si finalizzeranno i negoziati internazionali che sanciranno a Copenaghen l’avvio del post-2012. E’ opinione dei maggiori esperti che, senza un diretto coinvolgimento del ruolo degli ecosistemi forestali, a Copenaghen non vi sarà nessun accordo, o meglio nessun accordo che sia degno di ricordare.

Quando si parla di ecosistemi forestali come protagonisti nella lotta ai cambiamenti climatici si fa riferimento a due grandi settori: le foreste già esistenti e le nuove foreste da far sviluppare a seguito di specifici programmi. Le grandi foreste già esistenti nei Paesi in via di sviluppo al momento non sono incluse nelle regole del Protocollo di Kyoto, ma si spera lo siano dal 2012 in poi attraverso il noto meccanismo REDD (Reducing emissions from deforestation and degradation) che dovrebbe regolare la produzione di crediti di carbonio derivanti dalla deforestazione (e degrado forestale) evitata. L’attuale nodo negoziale è capire come e se tali crediti possano essere messi a disposizione dei Paesi sviluppati per ottemperare ai propri impegni di riduzione delle emissioni e non sono pochi coloro che ritengono che il legame con il mercato del carbonio risulti vitale per una sopravvivenza di lungo periodo del meccanismo stesso. Quindi, per la prima volta, si darebbero degli incentivi economici (pari alla CO2 non emessa) che darebbero un “valore” economico alla foresta in quanto tale e, in definitiva, contrastate concretamente la deforestazione.

L’altro grande settore di riferimento, le nuove foreste, che si identificano con le attività di afforestazione e riforestazione, è anch’esso soggetto a particolari attenzioni. Come è noto, è possibile all’interno del meccanismo del CDM del Protocollo di Kyoto utilizzare i crediti derivanti dai progetti di afforestazione e riforestazione (A/R CDM), ma con regole e modalità talmente complicate che, ad oggi, esiste solo un progetto di riforestazione regolarmente registrato presso il Comitato esecutivo del CDM. Le regole complicate derivano anche dalle decisioni adottate relative all’eligibilità del progetto, la sua addizionalità e la contabilizzazione dei crediti che ne derivano. Sicuramente tali regole dovranno essere semplificate, ma senza abbassare la guardia sull’integrità ambientale dei progetti.

Al di fuori della contabilità ufficiale del Protocollo di Kyoto, ci sono tanti progetti di riforestazione che regolarmente vengono implementati in tutto il mondo e che in parte vengono utilizzati per “compensare” le emissioni di CO2. Questa compensazione viene regolata nel cosiddetto mercato volontario che, seppur lodevole, non è incluso all’interno del Protocollo di Kyoto. Aziende, cittadini, eventi, ecc. possono richiedere la compensazione delle emissioni prodotte dalle proprie attività rivolgendosi al mercato volontario per acquistare i relativi certificati di riduzione delle emissioni e, quindi, finanziare ulteriori progetti di riforestazione.

I due mercati paralleli (volontario e ufficiale) rimarranno tali almeno fino al 2012. Dopo questa data si vedrà se le regole del Protocollo di Kyoto cambieranno al fine di permettere un’estensione della contabilità ufficiale anche a soggetti al momento non eligibili. L’elemento di maggiore importanza da sottolineare nel distinguere i due mercati sono le regole che li caratterizzano. Non sempre, purtroppo, le regole di eligibilità, addizionalità e contabilizzazione sono così stringenti all’interno del mercato volontario e non tutti gli sviluppatori di progetto si dettano regole ferree. Il rischio di acquistare certificati di riduzione delle emissioni provenienti da progetti forestali già venduti sul mercato volontario esiste e l’unico modo per combatterlo è di richiedere la “tracciabilità” del certificato che potrà essere rilasciata solo se chi ha sviluppato il progetto ha anche organizzato un sistema di contabilità trasparente ed etico. Ovviamente, l’ideale sarebbe che anche i certificati emessi nel mercato volontario avessero le stesse caratteristiche dei crediti rilasciati dai progetti AR CDM del Protocollo di Kyoto, almeno dal 2012 in poi, quali che siano le future regole e modalità che li contraddistingueranno.

Cosa succede in Italia? Le foreste potrebbero coprire il 10-15% dell’impegno nazionale di riduzione delle emissioni di gas serra, ma nonostante il successo ottenuto a livello internazionale per veder riconosciuto il valore del patrimonio forestale italiano, ci sono ancora difficoltà nella fase di attuazione. Senza il concreto avvio del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio il nostro Paese non potrà certificare e contabilizzare i crediti di carbonio derivanti dalle proprie foreste con un danno che si aggira intorno a 1,5 miliardi di euro.
Per quanto riguarda nello specifico le attività di afforestazione e riforestazione, a livello nazionale non si è mai potuto avviare il programma inserito nella delibera Cipe 123/2002 per mancanza di fondi assegnati e le uniche azioni riscontrabili sono quelle messe in atto da alcune Regioni o da iniziative private. Tra queste ultime, “Parchi per Kyoto” si profila come la più grande iniziativa di sviluppo di nuove foreste sul territorio nazionale. L’adozione di regole ferree e una contabilità rigorosa potrà identificare “Parchi per Kyoto” come l’azione di riferimento per quelle imprese che intendono investire nella forestazione in Italia, auspicando l’avvio di un mercato europeo che includa anche i crediti derivanti da progetti forestali al fine di creare un circolo virtuoso ove tutti avrebbero da guadagnare: l’ambiente, le imprese e l’intero Paese.

Antonio Lumicisi

3 febbraio 2009

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