La Scozia dice no al nucleare

  • 24 Novembre 2008

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Nessuna nuova centrale verrà costruita in Scozia. Troppo incerti i costi per lo smaltimento delle scorie per il Governo di Edimburgo e allora meglio puntare sulle rinnovabili. Senza però rinunciare al carbone?

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Costi e sicurezza del nucleare sono tematiche calde nell’opinione pubblica inglese e non solo. Una decina di giorni fa il Guardian aveva fatto luce su un accordo sospetto tra il Governo inglese e le imprese incaricate di smantellare il sito di Sellafield: l’accordo – approvato secondo l’autore senza rispettare le procedure parlamentari – oltre a grandi profitti per le imprese garantisce che queste siano esonerate dal dover dare risarcimenti sotto i 14 milioni di sterline in caso di incidenti.

Una notizia poco rassicurante, arrivata mentre i costi del decomissioning inglese minacciano di lievitare ancora, visto che si parla della necessità di individuare un secondo sito per lo stoccaggio delle scorie. Come poco rassicuranti sono le immagini mostrate di recente da Report sulle scorie italiane, o il libro appena uscito in Francia “Vers un Tchernobyl français?” nel quale il giornalista Eric Ouzounian raccoglie la testimonianza anonima di un dirigente di EDF che racconta i problemi di sicurezza di una filiera nucleare in via di privatizzazione.

Proprio la questione dei costi e della sicurezza dello smaltimento delle scorie è  la motivazione che in Gran Bretagna sta facendo incontrare un grosso ostacolo all’atomo. “Non ci sono proposte chiare per lo smaltimento delle scorie e non vogliamo approvare costi così elevati e potenzialmente senza fine per le generazioni future” : sono queste le esatte parole con cui, in un documento ufficiale sulla politica energetica, il Governo scozzese motiva la sua scelta di chiudere con il nucleare una volta finito il ciclo di vita delle due centrali esistenti, che saranno entrambe dismesse entro il 2015.

L’atomo britannico, dunque, inciampa sul Vallo Adriano: in Scozia non si costruiranno più nuove centrali. Un vero e proprio veto quello posto dal Governo di Edimburgo, che pare non lasciare spazio a discussioni. D’altra parte, in seguito alla devolution del 1997, la pianificazione rientra tra le competenze cedute da Londra alle istituzioni scozzesi, che ora stanno usando questo potere per fare una scelta precisa sul proprio futuro energetico: no a nuovi impianti nucleari, meglio puntare sulle energie rinnovabili.

Alla conferma delle intenzioni del governo scozzese di voler abbandonare l’atomo, le reazioni del governo britannico non si sono fatte attendere. Secondo quanto dichiara allo Scotsman il Ministro dell’energia inglese, Mike O’Brien, la scelta di Edimburgo “metterebbe a repentaglio l’indipendenza energetica della Scozia”. La replica del Primo ministro scozzese, Alex Salmond, è secca: “la Scozia può ottenere 60 GW solo dalle rinnovabili – 10 volte il picco della domanda. Più che colmare il vuoto (del nucleare, ndr) il problema sarà creare un’infrastruttura capace di esportare il surplus elettrico.”

Dalle sue due centrali nucleari la Scozia ottiene circa il 26% della propria elettricità. Le rinnovabili al momento coprono il 16% del fabbisogno elettrico del paese. L’obiettivo del Governo scozzese è che entro il 2020 almeno la metà dell’elettricità consumata in Scozia venga da fonti pulite; per il totale dell’energia l’obiettivo è invece di arrivare al 20% (il traguardo per la Gran Bretagna nel suo complesso è al 15%).

La fiducia scozzese nelle possibilità delle rinnovabili, sulla base della quale il paese ha deciso di voltare le spalle al nucleare, poggia su caratteristiche geografiche particolarmente fortunate. Il paese può contare soprattutto su eolico, sia di terra che di mare, e idroelettrico (che al momento assieme forniscono oltre l’80% dell’elettricità pulita), ma anche su geotermia, biomasse e altre tecnologie. Una grande speranza poi è posta nello sfruttamento dell’energia proveniente dalle maree, tecnologia per la quale la Scozia dal punto di vista geografico ha uno dei potenziali più grandi al mondo, ma che è ancora in uno stadio iniziale e che, secondo il Parlamento Scozzese, potrà contribuire significativamente solo dopo il 2020.

Se ha deciso di rinunciare al nucleare, il mix energetico scozzese conta però ancora molto sul carbone (30% circa dell’elettricità). A controbilanciare l’abbandono dell’atomo la proposta, che piace al Governo scozzese, di realizzare – proprio accanto ad una delle due centrali nucleari che saranno dismesse, a Hunterston nel North Ayrshire – un nuovo impianto a carbone. Una proposta che – anche se l’impianto verrebbe concepito per poter funzionare anche a biomassa e per poter essere (teoricamente e in futuro) equipaggiato con tecnologia per il sequestro della CO2 – non è piaciuta affatto a gruppi ambientalisti come WWF e Friends of the Earth scozzesi.

GM

24 novembre 2009

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