Il petrolio a 108? Forte domanda e speculazione

  • 11 Marzo 2008

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Qualenergia.it intervista il Presidente dell'Unione Petrolifera, Pasquale de Vita. Secondo De Vita sul prezzo del barile incide poco il ivello di estrazione, molto di più la forte domanda e le speculazioni finanziarie in atto.

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Il prezzo del petrolio si è attestato ormai sopra i 100 dollari al barile (108 oggi) e, secondo quanto prevede Nomisma Energia per il prossimo trimestre aprile-giugno 2008, le tariffe per gli italiani rischiano di subire una nuova impennata, registrando un +3,9% per l’elettricità e un +4,1% per il gas. Sulle motivazioni che spingono così in alto il prezzo del petrolio, i pareri non sono unanimi, ma quella che sembra invece un’opinione diffusa è che questa tendenza non è destinata a subire inversioni.
Il Presidente dell’Unione Petrolifera Pasquale De Vita, a questo proposito ha dichiarato che “non è un problema di capacità di produzione/estrazione, sia nei giacimenti di facile accesso sia in quelli nei quali è più costosa, in quanto non incide sugli attuali livelli di prezzo del greggio”. Un approccio, questo, molto diverso da quello di Ugo Bardi, presidente Aspo Italia, presentato in una nostra intervista su questo portale solo una settimana fa.

Presidente De Vita, quanto incidono allora da una parte l’aumento della domanda e dall’altra le speculazioni finanziarie?
E’ vero che la domanda continua a crescere e le stime della Iea (International energy agency) indicano che vi sarà un incremento pari all’1-2% della domanda di petrolio. La domanda solo di petrolio è intorno agli 86/87 mbg (gennaio ’08 – Aie), che secondo l’Aie al 2030 dovrebbe salire a 116 mbg, mentre parlando di domanda totale di energia primaria (petrolio, carbone, rinnovabili, nucleare, ecc.) oggi siamo a 11 miliardi di tep. Se prenderemo qualche provvedimento potremo scendere a 15-15,5 miliardi di tep, che è comunque una quota considerevole.
Gli alti consumi sono un elemento che sicuramente contribuisce a sostenere il prezzo. Riguardo alle speculazioni finanziarie, esistono ormai operatori nel mercato finanziario che investono comprando e vendendo greggio indipendentemente dal suo utilizzo finale. I passaggi si moltiplicano fino ad arrivare a 10/20 volte. Tutto questo comporta un aumento dei prezzi, che si riflette anche sulle altre materie prime. Quindi c’è sicuramente anche una speculazione finanziaria dietro all’aumento del costo del petrolio, che non è certo operata dai petrolieri. C’è poi da dire che chi fa il prezzo sono coloro che hanno in mano il rubinetto in maniera quasi monopolista cioè l’Opec e gli altri che stanno fuori si adeguano.

Quali saranno secondo lei le conseguenze sull’economia di questo caro-petrolio? Nomisma energia, ad esempio, ha stimato che ci sarà un rialzo delle bollette di luce e gas.
Quando Nomisma dice che ci saranno degli aumenti, si riferisce al fatto che il meccanismo sul quale si basa l’andamento delle tariffe non è l’incremento corrente del prezzo del petrolio, ma che i prezzi del trimestre precedente si riflettono su quello successivo. Quindi dal momento che vi sono stati aumenti nell’ultimo trimestre dello scorso anno, questi si rifletteranno, con ritardo, sui trimestri prossimi. Non è quindi l’attuale prezzo del petrolio a determinare gli incrementi tariffari.

Però è vero che sui costi dei vari settori il contributo dei trasporti è rilevante, e quindi l’andamento del prezzo del petrolio si fa risentire in termini di aumenti complessivi.
Sicuramente tutto quello che succede sul petrolio si riflette sul resto dell’economia, ma non è affatto vero che poiché aumentano i prezzi del gasolio, aumentano di conseguenza quelli del pomodoro, ad esempio. Su un chilogrammo di pomodori l’aumento del gasolio potrà incidere complessivamente di 5 centesimi, quando il prezzo di mercato è arrivato ad aumenti sino a 35 centesimi al chilogrammo. E gli altri 30 centesimi come si giustificano? Bisogna ammettere che l’aumento del prezzo del petrolio è spesso un comodo paravento per chi fa le mediazioni.

Secondo lei questo elevato prezzo del petrolio può essere un’opportunità per rilanciare settori dell’economia più legati all’ambiente, in particolare alle misure per contenere i cambiamenti climatici?

Certo, l’alto costo del petrolio apre la strada ad altre fonti, ma importante è l’aumento dell’efficienza e il miglioramento dell’intensità energetica.
Settori su cui si può fare molto, ma sarà sempre comunque una piccola parte e bisognerà che subentrino altre soluzioni per produrre energia. Mi riferisco alle energie alternative: il solare, anche se è ancora costosissimo, l’eolico, i biocarburanti.
I biocombustibili, ad esempio, per i quali si prevede di arrivare alla quota del 10% al 2020: anche quando avremo raggiunto quella quota – e già è stato difficile arrivare al 2% – e supponendo che tutto il mondo sostituirà il carburante per la trazione con il 10% di biocombustibili, ammesso che questo non comporti problemi di competizione con i sistemi agricoli alimentari, potremmo arrivare al massimo a coprire il 2-3% dell’offerta petrolifera complessiva.
Tutte azioni che possono senz’altro incidere, che possono essere considerate una parte che aiuta ma che non risolve però il problema. Come anche l’energia nucleare. Ma ancora per decenni andremo comunque avanti con le energie tradizionali e allora dobbiamo abituarci a sfruttare nuove tecnologie, come la cattura della CO2, che ci danno la possibilità di continuare ad utilizzare le fonti fossili, senza danni per l’ambiente.

Sul pacchetto clima-energia presentato dalla Commissione europea per tradurre in misure normative gli obiettivi del cosiddetto “3 venti”, come la pensa l’Unione Petrolifera?
E’ un obiettivo difficile, ma ci proviamo. Ce la mettiamo tutta, anche se l’impresa è ardua e abbiamo già fatto tanti sforzi.

Lucia Venturi

11 marzo 2008

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