Per un nuovo clima australiano

  • 23 Ottobre 2007

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A un mese dalle prossime elezioni federali in Australia il Labor, partito guidato da Kevin Rudd è ancora in testa ai sondaggi e Kyoto può fare la differenza. Un articolo di Michele Villa

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A circa un mese dalle prossime elezioni federali in Australia (24 Novembre 2007) il Labor, partito guidato da Kevin Rudd e all’opposizione da 11 anni, è ancora in testa ai sondaggi rispetto alla Coalition dei Liberal di John Howard, attuale primo ministro. Oggi, il 51% degli australiani voterebbe per un governo di centro sinistra, mentre al centro destra andrebbero il 38% delle preferenze (fonte Newspoll, pubblicata da The Australian, il più autorevole quotidiano nazionale). La forbice si è recentemente ampliata dopo il primo dibattito televisivo tra i contendenti dove, secondo gli analisti politici, Rudd ha avuto decisamente la meglio.
I temi che maggiormente interessano gli australiani, che stanno vivendo un periodo di forte boom economico trainato dall’export di risorse naturali (petrolio, gas e prodotti minerari) e caratterizzato da bassi tassi di disoccupazione e forte crescita dei prezzi, sono principalmente cinque (secondo un altro sondaggio Newspoll): sistema sanitario, pianificazione idrica (la siccità ha piegato vasti settori dell’agricoltura), educazione, ambiente ed economia. Solo quest’ultima, secondo le risposte degli intervistati, si ritiene possa essere meglio gestita dai Liberal, che affidano ad un forte programma di riduzione fiscale le speranze di essere rieletti.

Sui temi ambientali Howard probabilmente paga l’immobilismo nelle politiche sul Climate Change e la scelta di non aderire a Kyoto, sulla scia delle posizioni americane. Il primo ministro ha dichiarato che non firmerà alcun accordo di riduzione dei gas serra che non sia ratificato da Cina, India e USA. La sua strategia di riduzione delle emissioni si basa su un fondo per la promozione di tecnologie pulite a partire dal 2011, un sistema di emissions trading sempre a partire dal 2011 ed il rilancio del nucleare, che sfrutterebbe la disponibilità di uranio a basso costo prodotto localmente.
Nel frattempo il governo federale ha recentemente dato il via libera ambientale a due progetti a forte impatto dal punto di vista della generazione di CO2. Il primo è l’impianto LNG Gorgon, che produrrà gas per circa 60 anni e per il quale è in corso una sperimentazione (in parte finanziata con fondi pubblici) per la geosequestrazione dell’anidride carbonica. Il secondo è la controversa costruzione di una grande cartiera in Tasmania (Sud Ovest dell’Australia).

Rudd, che ha affermato che la firma del Protocollo di Kyoto sarebbe uno dei primi atti del suo governo, ha stabilito un obiettivo di riduzione dei gas serra del 60% entro il 2050, mentre nel breve periodo avvierebbe un sistema di emissions trading (dal 2010) e promuoverebbe maggiormente le energie rinnovabili.
Mentre il dibattito politico si infiamma, l’incertezza attorno ai temi di Kyoto pesa sulle decisioni di breve periodo delle imprese. Investimenti in campo energetico (ancora fortemente dipendente dal carbone in Australia) e strategie di riduzione delle emissioni vengono procrastinati in attesa di sapere quali saranno le future decisioni governative e soprattuto se e quale sistema di emissions trading verrà adottato.

Anche il trasferimento tecnologico promosso dai meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (in primis attraverso progetti di riduzione delle emissioni in paesi del Sud Est asiatico, che potrebbero generare carbon credits) è attualmente precluso alle aziende australiane, che si stanno orientando verso sistemi volontari di scambio dei crediti o affidano le loro politiche di riduzione all’offsetting tramite iniziative di forestazione/afforestazione.

Michele Villa
ERM Perth, Western Australia

23 ottobre 2007

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