Nella migliore delle ipotesi il 5% del prodotto lordo dovrà essere speso per riparare i danni prodotti dal nuovo clima, ma nello scenario peggiore si arriverà al 20%, cioè a 5,5 trilioni di euro. L´effetto combinato dall´aumento dei fenomeni estremi (siccità, alluvioni, uragani), del collasso di interi settori agricoli e dell´aumento del livello dei mari costituisce un pericolo gravissimo per la capacità di tenuta dell´economia mondiale e per gli equilibri politici, nonché per le specie viventi, delle quali il 40% sarebbe a rischio. L´inaridimento di interi paesi costringerà fino a 200 milioni di persone a mettersi in marcia per cercare una terra in cui sopravvivere: una pressione demografica rapida e violenta destinata a far crescere tensioni già alte.
Lo studio di Stern suggerisce di seguire la strada del cap and trade, cioè fissare tetti per le emissioni di gas serra e attivare il mercato in modo che, attraverso un sistema di obblighi e di incentivi, le industrie siano spinte ad accelerare l´innovazione verso il risparmio energetico. È la via già indicata dal protocollo di Kyoto, finora boicottato dall´amministrazione Bush. Ma l´intesa dovrà ora essere allargata ai paesi di nuova industrializzazione, come la Cina e l´India: senza il loro contributo la partita è persa.
L´allarme è rafforzato da un´altra ricerca, “Up in Smoke 2”, elaborata da un gruppo di associazioni non governative britanniche: Oxfam, la New Economics Foundation e il Working Group on Climate Change and Development. Secondo questo studio, gli aiuti economici all´Africa sono già vanificati dall´aggravarsi dell´effetto serra perché la crescita delle temperature (in alcune zone si è arrivati a 3,5 gradi negli ultimi 20 anni) ha aumentato l´estensione delle zone aride. E così, nella sola Africa sub sahariana, l´anno scorso si sono registrati 25 milioni di affamati.
«Rischiamo un collasso più tragico di quello del 1929, data d´inizio della Grande Depressione», avverte Michele Candotti, segretario del Wwf. «A rischio, oltre all´economia, c´è la pace: 200 milioni di profughi in fuga sotto la spinta di siccità, alluvioni e carestie rappresentano un pericolo sempre più concreto».
Antonio Cianciullo
2 novembre 2006