WWF Italia contro i governi Conte e Draghi sull’ambiente: “Persi 5 anni”

Alla prossima legislatura si chiede un deciso cambio di passo su energie pulite e clima. Un punto positivo è l'inserimento della tutela ambientale in Costituzione.

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In Italia rispetto alle questioni ambientali più urgenti ci ritroviamo sostanzialmente al punto di partenza del 2018 con alcune situazioni persino peggiorate.

Questo il giudizio, molto critico, del WWF Italia sulla ultima legislatura italiana (la XVIII, che ha visto i governi Conte 1 e 2 e il governo Draghi, ora dimissionario) per quanto riguarda il clima e le energie pulite.

In sostanza, afferma l’associazione ecologista in una nota, si sono persi 5 anni, perché “pur essendovi evidenti responsabilità anche da parte di altre istituzioni (prime fra tutte le Regioni) e del mondo imprenditoriale, lo Stato è apparso debole se non assente sia nelle politiche d’indirizzo sia nelle azioni di monitoraggio e controllo: la cosa più grave è la mancanza di una visione in grado di porre solide basi per una transizione ecologica ormai non più rinviabile”.

Ma almeno un risultato importante è stato ottenuto: l’inserimento della tutela dell’ambiente nella Costituzione con la modifica degli articoli 9 e 41. Ora al prossimo Parlamento e al prossimo Governo, dopo le elezioni del 25 settembre, si chiede un deciso cambio di passo sulle tematiche ambientali.

Le fonti energetiche rinnovabili, prosegue la nota, sono cresciute molto meno di quanto necessario per rispettare gli obiettivi internazionali sul contrasto all’innalzamento della temperatura.

Dal 2014, infatti, è stato installato in media meno di 1 GW di nuovi impianti ogni anno, quando per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 ne dovremmo installare 8 l’anno.

Anche questa legislatura poi si chiude senza che sia stata approvata una legge sul consumo del suolo; secondo l’Ispra nel 2021 “le nuove coperture artificiali hanno riguardato […] circa 19 ettari al giorno, il valore più alto degli ultimi 10 anni”.

Negli ultimi 5 anni, evidenzia il WWF, non è nato alcun nuovo parco nazionale e nemmeno qualche nuova area marina protetta, mentre la fauna continua a subire una completa deregulation venatoria regionale che il governo non cerca neppure di bloccare, nonostante, grazie ai ricorsi delle associazioni ambientaliste, i Tar di tutta Italia censurino costantemente le politiche filovenatorie delle Regioni (26 ricorsi contro i calendari venatori accolti tra il 2018 e il 2021).

Altro punto debole di questa legislatura, dal punto di vista ambientale, è l’acqua, che continua a essere gestita come se fosse una risorsa infinita. Se poco o nulla si fa per il risparmio idrico (il consumo è passato da 240 litri/giorno/abitante nel 2019 a 237 nel 2020 e 236 nel 2021), risulta drammatico il dato delle perdite: nel triennio 2019-2021 si è perso circa un miliardo di metri cubi di acqua ogni anno dai soli acquedotti dei capoluoghi di provincia.

Inoltre, nonostante tutti gli obiettivi di riduzione e prevenzione della produzione dei rifiuti fissati da leggi e piani nazionali e regionali, la quantità dal 2018 al 2021 appare sostanzialmente stabile.

Assumendo come riferimento i rifiuti solidi urbani, precisa il WWF, la produzione rimane dal 2014 costante intorno ai circa 30 milioni di tonnellate con una flessione a circa 29 nel 2020, ma solo per effetti collegabili alla pandemia.

La raccolta differenziata cresce arrivando nel 2020 a una media nazionale del 63% (quindi ancora al di sotto dell’obiettivo del 65% che si sarebbe dovuto raggiungere nel 2012), ma lasciando aperti due problemi: il divario Nord/Sud anche per la differente disponibilità d’impianti e l’incertezza che alla raccolta differenziata segua per tutte le componenti un corrispondente recupero di materia.

Ma le maggiori preoccupazioni, sostiene il WWF Italia, vengono dall’attuazione concreta del ministero della Transizione Ecologica che ha sostituito, allargandone le competenze, il ministero dell’Ambiente. Questa trasformazione, richiesta dal WWF Italia assieme a Greenpeace e Legambiente all’allora presidente incaricato Mario Draghi in sede di consultazioni preliminari alla formazione del Governo, non ha fatto compiere all’Italia quel salto di qualità che ci si aspettava nel campo delle scelte ambientali.

Le politiche di conservazione della natura, si spiega, già molto deboli, sono quasi scomparse dalla lista delle priorità a vantaggio di altri ambiti che, anziché affiancarsi all’azione di tutela, l’hanno sovrastata in termini di investimento. Nella gestione del ministro Cingolani più che il ministero della Transizione ecologica abbiamo avuto il “ministero della Transizione Tecnologica” che ha perso di vista uno degli aspetti centrali della transizione ecologica, ossia il limite delle risorse naturali.

Infine, si legge nella nota, anche le aspettative da tutti riposte al Piano nazionale di ripresa e resilienza vanno ridefinite. Il Pnrr avrebbe dovuto supportare la ripresa economica nell’ottica della transizione ecologica, ma ad oggi questo appare tutt’altro che certo. Il Piano, ad esempio, porta un sistema di nuove infrastrutture che occuperanno altro suolo e che, nel loro complesso, non sono bilanciate da una pari crescita delle misure di conservazione e gestione ambientale del territorio.

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