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Un’altra estate torrida in Europa impatta sulla produzione termoelettrica

Le ondate di calore che si sono registrate negli ultimi mesi hanno imposto a centrali nucleari e a carbone la riduzione della produzione elettrica. Di contro, in questo contesto, la notevole generazione solare e quella discreta dell'eolico, insieme all’accumulo, potrebbe consentire un mix energetico più stabile.

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L’aumento delle temperature e gli eventi estremi che si sono verificati anche nel corso di questa estate 2018, con punte nelle latitudini europee più elevate, devono spingere a ripensare il modello energetico, non solo alla luce delle emissioni, ma anche per il rischio di trovarsi con una produzione energetica inferiore alle necessità.

Ad esempio, le ondate di calore che si sono registrate negli ultimi tre mesi in Europa hanno avuto un impatto rilevante sulle centrali elettriche. In particolare diversi impianti nucleari e a carbone hanno dovuto ridurre drasticamente la loro generazione o, addirittura, sono stati costretti a chiudere per alcuni periodi.

Questi episodi si stanno ripetendo da oltre un decennio. Era accaduto nel 2003 (stop in Francia dell’equivalente di 4 centrali nucleari), nel 2006 (chiusura di impianti atomici in Spagna, UK e Francia) e nel 2015 (temperature record, soprattutto in Germania, che hanno portato al fermo di alcune unità termoelettriche).

Come sappiamo, queste centrali hanno bisogno di acqua per poter funzionare correttamente, ma in condizioni di estremo caldo con una temperatura dell’acqua in forte aumento (nel caso dei fiumi anche per la loro ridotta portata), si creano delle reazioni negative a catena per gli impianti che la utilizzano nei loro processi.

Gli impianti nucleari e quelli alimentati a carbone impiegano vapore ad alta temperatura, per raffreddare il reattore o per attivare le turbine che convertono questo calore in elettricità. In questo processo la temperatura del vapore tende ad abbassarsi, impedendo di far girare le turbine in modo costante ed efficiente. Pertanto il vapore ha bisogno di essere condensato nell’acqua, visto che i liquidi assorbono meglio il calore rispetto al gas.

È a questo scopo, quindi, che per la condensazione del vapore viene utilizzata l’acqua fredda estratta da fiumi, laghi o mare. Acqua che poi viene nuovamente scaricata nell’ambiente da cui era stata prelevata, ovviamente ad una temperatura accettabile per la sopravvivenza di fauna e flora.

Ma se le acque che vengono “drenate” per il raffrescamento degli impianti sono superiori ai 28 °C solitamente le centrali non hanno più il permesso di svuotare l’acqua calda nuovamente nel mare o nel fiume, per evitare di creare notevoli problemi alle forme viventi di quell’habitat, come morie o scomparse di pesci.

Nonostante qualche caso di esenzione nella chiusura degli impianti, questa estate in Europa ci sono state ancora diverse interruzioni temporanee nella generazione elettrica. WindEnergy Europe ne riporta alcune particolarmente significative:

  • alcuni impianti nucleari in Finlandia, Germania e Svizzera hanno ridotto la loro potenza;
  • l’utility francese Edf ha momentaneamente chiuso 4 reattori nucleari: Fessenheim nell’est del paese e altri tre vicino ai bacini del Reno e del Rodano, nel nord ovest;
  • gli impianti nucleari di Grohnde e Brokdorf nel nord della Germania sono stati costretti a ridurre la loro produzione;
  • l’utility tedesca EnBW ha dovuto chiudere una centrale a carbone a Karlsruhe;
  • le centrali a gas di RWE a Dormagen e Lingen hanno ridotto per qualche giorno la loro produzione;
  • la Vattenfall ha chiuso per due giorni un reattore nucleare a Ringhals in Svezia per l’elevata temperatura raggiunta dalle acque del Mare del Nord.

Nel mondo i cambiamenti climatici potranno comportare gravi problemi anche alle centrali idroelettriche (per eccesso o scarsità di acqua), ma anche altre infrastrutture energetiche fossili (per estrazione di gas e petrolio) che si trovano sul mare o sulla costa subiranno le conseguenze dell’innalzamento delle acque marine, delle alluvioni, delle siccità e di altri fenomeni metereologici estremi sempre più frequenti nel clima dei decenni a venire. E questi impianti, lo sappiamo, sono stati costruiti per durare. Pensiamo poi che oggi circa la metà della popolazione statunitense, con le relative opere energetiche, abita lungo la costa.

Tornando all’estate europea, di contro, vediamo che si è registrata una elevatissima produzione di elettricità solare, specialmente nella Germania orientale e settentrionale (QualEnergia.it). Anche le stazioni di pompaggio tedesche, per una potenza di 5-7 GW, sono rimaste operative e non hanno avuto problemi a causa delle ondate di calore. Buona anche la produzione dell’eolico onshore e offshore, almeno per la Germania.

In questo scenario gli accumuli elettrochimici potrebbero avere un ruolo sempre maggiore in un sistema energetico più resiliente, visto che farebbero fronte all’aumento delle temperature grazie ai loro sistemi interni di raffrescamento.

Tutti argomenti a favore di un nuovo modello energetico basato sulle rinnovabili, che, contrariamente a quanto molti pensano (sulle energie, cosiddette, intermittenti) potranno fornire, se ben gestite, una produzione molto più stabile in un futuro con picchi di calore ed eventi estremi.

Un modello che porterà vantaggi per l’ambiente, la popolazione e le reti elettriche e che dovremmo sviluppare più rapidamente, sapendo che se saremo troppi lenti ad agire i costi economici potrebbero diventare insostenibili.

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