La transizione energetica ha bisogno di ingegneri elettrici, ma non si trovano

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La transizione energetica è a rischio per una carenza di ingegneri. In Italia ne mancano oltre 300mila. Sebbene gli elettrici siano i più ricercati e i più pagati, il corso di laurea in ingegneria elettrica sembra non avere appeal. Ne abbiamo parlato con alcuni professori di importanti Atenei.

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Preoccupato dall’impatto ambientale che la produzione di energia sta determinando, a oltre cento anni dalla sua dipartita il professor Galileo Ferraris (1847-1897) chiede al “Capo” di tornare sulla terra per un giorno, per chiarire un paio di cose che forse ci stanno sfuggendo.

GalFer is back è il video di dieci minuti con cui il Dipartimento Energia del Politecnico di Torino promuove l’iscrizione al corso di Laurea in Ingegneria Elettrica.

Nel video uno studente risponde alla domanda di Galileo Ferraris: “gli impianti elettrici sono tutte le strutture elettriche che connettono i generatori ai cavi, strutture che ora stanno diventando smart perché tengono conto di varie esigenze, come le fonti rinnovabili che producono in maniera discontinua”. Lo studente spiega quindi al prof. cosa sono le fonti rinnovabili, le smart grid e la transizione energetica. Il tutto a bordo di un’auto elettrica.

Ma se un ingegnere elettrico progetta e realizza tutto questo, come mai nel periodo della massima espansione del settore elettrico, quello della rivoluzione energetica, il corso di laurea in Ingegneria elettrica non è super gettonato? Perché non si riesce a comunicare il valore e il livello di innovazione di un settore così centrale nella transizione energetica?

Ne abbiamo parlato con i professori Aldo Canova, coordinatore del corso di Studi in Ingegneria Elettrica del Politecnico di Torino, Edoardo Fiorucci dell’Area Misure elettriche ed Elettroniche dell’Università dell’Aquila, dove si occupa anche di orientamento in ingresso e in uscita, e Emilio Ghiani, professore associato di Sistemi elettrici per l’energia all’Università di Cagliari, dove collabora con aziende, istituzioni pubbliche e private nell’ambito delle iniziative della terza missione dell’Università.

Ingegneri elettrici: i numeri della domanda e dell’offerta

In Italia mancano oltre 340.000 tra ingegneri e tecnici (Il Sole 24 Ore). In questo quadro, un breve rapporto del Centro Studi della Fondazione Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dal titolo “I laureati che mancano: gli ingegneri elettrici” (pdf), segnala che gli ingegneri elettrici sono ricercatissimi sul mercato, pur costituendo una minima parte dei laureati magistrali in ingegneria (nel 2017 appena il 2,4%).

In molti casi, le aziende vanno a reclutare i migliori profili direttamente negli atenei prima ancora del conseguimento del titolo di laurea.

Nel 2017 sono stati assunti 1455 ingegneri da impiegare in ambito elettrico a fronte dei 531 che si sono laureati nello stesso anno in Ingegneria Elettrica. Ciò significa che due terzi di questi assunti provenivano da altri corsi di laurea.

Il tasso di disoccupazione di un laureato in ingegneria elettrica, si legge nel report, è del 3,6% a fronte dell’8,2% rilevato tra tutti gli ingegneri. Infine, gli ingegneri elettrici sono i meglio pagati (classifica retribuzioni – Corriere.it).

I corsi di laurea in Ingegneria Elettrica nei tre Atenei considerati e l’andamento delle iscrizioni

Al Politecnico di Torino il corso di studi in ingegneria elettrica si incardina nel Dipartimento di Energia, dove completa l’ambito dei vettori energetici.

“Insieme ai nostri colleghi delle Telecomunicazioni – ci dice il professor Canova – soffriamo un problema vocazionale. Da un’analisi di mercato pare, infatti, che anche le Telecomunicazioni siano percepite come una materia vecchia, pur nell’epoca del 5G e dello smart working che ha mostrato come le reti di telecomunicazioni siano infrastrutture fondamentali”.

I numeri delle iscrizioni, pur senza grandi variazioni negli anni, rimangono decisamente inferiori rispetto alle necessità del mercato del lavoro: sia nella Laurea Triennale che in quella Magistrale (LM), il Politecnico di Torino si attesta intorno ai 60 studenti per anno, senza significativi incrementi anche nell’era della mobilità elettrica.

“A tal proposito – aggiunge Canova – nella speranza di comunicare meglio ai ragazzi che l’ingegnere elettrico è protagonista della transizione elettrica nella mobilità, nella generazione di energia e nella loro integrazione, abbiamo appena potenziato l’offerta formativa con un nuovo orientamento della Laurea Magistrale, in lingua inglese, denominato “e-Mobility and Smartgrid”.

A Torino come a Milano si ha un significativo numero di studenti che arrivano da altre regioni.

“Se da un lato questo ci fa piacere – conclude Canova – dall’altro siamo rammaricati di andare a ridurre il bacino di studenti ‘Elettrici’ di altri Atenei, dove operano docenti e colleghi preparati e competenti. Un peccato perché penso che un incremento distribuito su tutto lo stivale di iscritti ad ingegneria elettrica sia un bene per il paese”.

L’Università dell’Aquila dagli anni ’70 ha il corso di LM in Ingegneria Elettrica, che in precedenza era Ingegneria Elettrotecnica.

“Come Ateneo di dimensioni medie – ci dice il professor Fiorucci – non abbiamo un corso di laurea specifico nella Triennale: i ragazzi, circa 300, si iscrivono a Ingegneria Industriale e di questi circa 25 scelgono l’indirizzo elettrico al secondo anno. Alla LM abbiamo invece circa 10-20 iscritti l’anno.

Pur non registrando un calo di iscritti – aggiunge Fiorucci – rileviamo che ai ragazzi manca proprio la conoscenza dell’esistenza di questo ambito specifico delle discipline accademiche della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria, della matematica.

In linea con le statistiche nazionali – conclude – noi abbiamo il 100% di laureati che lavorano, molti già di fatto ‘assunti’ mentre ancora stanno facendo la tesi. L’ulteriore richiesta insoddisfatta da parte delle aziende potrebbe permettere agli studenti di trovare lavoro qualificato a casa propria, contribuendo allo sviluppo socio-economico della propria regione”.

All’Università di Cagliari, per via del continuo rinnovamento delle offerte formative, non esiste in questo momento un corso di Laurea Triennale in Ingegneria Elettrica. Si chiama invece Ingegneria Elettrica, Elettronica e Informatica e oltre l’80% degli iscritti sceglie l’indirizzo informatico.

Il professor Ghiani insegna Impianti di Produzione dell’Energia Elettrica, che comprende la parte relativa alla progettazione degli impianti a fonti rinnovabili.

“Nel corso di LM abbiamo circa 15-20 studenti per anno – ci dice – e ricevo continue chiamate da parte di aziende e colleghi liberi professionisti che cercano ingegneri elettrici. Come si sa in Sardegna sono stati finanziati diversi progetti nell’ambito dei bandi regionali per lo sviluppo di reti elettriche intelligenti e sarebbero serviti ingegneri elettrici”.

“Invece – aggiunge con rammarico – diversi progetti sono stati seguiti da ingegneri con competenze specifiche non sufficientemente adeguate. Dobbiamo capire che come in altre professioni non esiste più l’ingegnere tuttofare”.

Senza ingegneri elettrici non c’è una rapida transizione energetica

Forse che quello della transizione energetica è argomento di dibattito riservato agli addetti ai lavori, non così diffuso nel Paese o non compreso nel suo vero significato?

“Forse ne parliamo tra noi, come in una specie di bolla”, dice Ghiani. “Nonostante il movimento Friday For Future coinvolga tanti ragazze e ragazzi che giustamente rivendicano il loro diritto a un futuro, sembra mancare il collegamento con ciò che possono fare loro concretamente e professionalmente perché questo futuro possa realizzarsi. Non è un problema solo italiano visto che anche negli Stati Uniti i power engineers sono in numero insufficiente”.

“Già nel 1993, quando ancora non si parlava di transizione energetica – spiega Fiorucci – c’erano circa 1,5 posti per laureato in ingegneria elettronica, mentre erano 13 quelli per gli ingegneri elettrici. Oggi, che stiamo assistendo alla transizione all’elettrico anche nel settore automotive – aggiunge – dovrebbe essere chiaro che elettrificare i trasporti significa innestare ingegneri elettrici, con le loro competenze complementari a quelle degli ingegneri meccanici, ma peculiari e irrinunciabili.”

Un problema di comunicazione per Ingegneria e un buon marketing per corsi di laurea dai nomi “esotici”

Secondo Fiorucci occorre più informazione nelle scuole superiori, sia dei ragazzi che dei docenti che fanno orientamento.

“Le ragazze e i ragazzi – ci spiega – devono sapere che anche una formazione umanistica può essere strategica per un ingegnere, se pensiamo a tutta la documentazione tecnica e ai contratti necessari per corredare o autorizzare un impianto o un progetto”.

“I professori – aggiunge – devono capire che i tempi sono cambiati e che tanti ragazzi, anche con un profilo da studente medio, se si laureano in ingegneria elettrica possono avere buone possibilità di trovare lavoro in tempi contenuti e con la sola Laurea Triennale. Dati alla mano, non si può dire altrettanto per i laureati degli ambiti umanistico, giuridico o anche scientifico”.

“Forse dovremmo cambiare il nome al corso di laurea – dice Canova – o trovare testimonial come Cristoforetti per l’Aerospaziale o Gianotti per la Fisica. Biomedica, meccatronica, aerospaziale o gestionale – aggiunge – sono corsi di laurea che hanno più appeal e suscitano nei giovani una visione di una carriera lavorativa più affascinante. Forse noi elettrici, come i telecomunicazionisti a loro volta in crisi, siamo un po’ dati per scontati, una sorta di commodity che non percepisci finché non cade la linea telefonica o dei dati o quella elettrica”.

Magari – conclude Canova – dovremmo investire di più nella comunicazione, anche attraverso i canali social più frequentati dai giovani.”

Gli sbocchi professionali per gli ingegneri elettrici, che non sono “elettricisti 4.0”

“Al termine della Triennale l’ingegnere elettrico può trovare occupazione immediatamente come tecnico – spiega Fiorucci – colui che sa operare in sistemi elettrici progettati da altri. Con la Laurea Magistrale è in grado di progettare egli stesso apparati, macchine e sistemi elettrici, mentre con il Master o il PhD può fare ricerca tecnologica e innovazione”.

“A causa di questa caccia all’ingegnere elettrico – dice Ghiani – noi abbiamo difficoltà a trattenere gli studenti in percorsi di ricerca all’interno dell’Università. Se notiamo delle eccellenze, li contrattualizziamo subito dopo la Laurea Triennale proponendo borse di ricerca in modo che possano acquisire una maggior consapevolezza anche sulle attività di ricerca universitaria e appassionarsi alle tematiche di frontiera del nostro settore”.

“Ma anche se guardiamo a tutte le iniziative e gli investimenti in termini di Green Deal, Superbonus 110%, Comunità Energetiche – aggiunge – vediamo che l’intelligenza sta negli impianti, nei sistemi di accumulo, nelle smart grid, certo non nel cappotto”.

“Tutti i big dell’energia – conclude – da Terna a Enel, Eni e tutte le aziende del settore delle rinnovabili, si contendono i ragazzi appena laureati, che cambiano lavoro migliorando la loro posizione lavorativa già nei primi mesi dopo la laurea, cose che non accadono in altri ambiti.”

Secondo Canova, “l’ingegnere elettrico è sicuramente una figura con una specializzazione molto ‘verticale’ anche se è coinvolto praticamente in tutti i settori e nella gran parte delle aziende che producono i dispositivi della nostra vita quotidiana. Questo lo rende pertanto una figura professionale molto ‘orizzontale’, richiesta da aziende anche lontane dalle classiche Enel o Terna. Insomma, l’ingegnere elettrico non è semplicemente un elettricista 4.0”.

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