Superbonus, i conti in tasca allo Stato non giustificano la sua fine

Due studi che cercano di calcolare il rapporto costi/benefici complessivo del Superbonus e i dati MiTE/Enea sui risultati della misura.

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Il Superbonus e i contrasti politici circa i suoi effetti sull’economia e le casse dello Stato sono una fra le varie questioni che in queste ore rischiano di far naufragare il governo guidato da Mario Draghi. Ma quale è un rapporto costi/benefici realistico di questa misura tanto discussa?

Sono giunti proprio nelle ultime ore tre contributi che aiutano a fare un po’ di chiarezza sui numeri in gioco – anche se difficilmente questa maggiore chiarezza basterà a smuovere i termini del dibattito politico in corso e a cambiare le sorti del governo nei prossimi giorni.

I tre contributi vengono, rispettivamente, da due diversi studi, uno del Consiglio Nazionale Ingegneri (Cni) e l’altro dell’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (Ance), e dalla risposta ad un’interrogazione alla Camera basata su dati Enea.

Consiglio nazionale ingegneri

Il Superbonus è costato allo Stato 20,9 miliardi di euro in detrazioni fiscali nei primi sei mesi di quest’anno, generando per contro oltre 40 miliardi di euro di produzione economica aggiuntiva, 312.000 nuovi posti di lavoro e 7,7 miliardi di euro di gettito fiscale addizionale, più che compensando, per quest’anno, la prima delle quattro tranche di minori entrate dello Stato derivanti dalle detrazioni del 110% del valore delle spese per lavori di efficientamento energetico.

Questa, in estrema sintesi, la fotografia del Superbonus fatta dal centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, di cui riportiamo qui sotto una tabella di dettaglio.

“Il Super ecobonus movimenta investimenti tali che è impossibile non credere che questa misura possa determinare un effetto di crescita economica pervasiva, anche al netto dei fenomeni di forte surriscaldamento dei prezzi in atto”, ha detto Armando Zambrano, Presidente del CNI.

“Nei primi sei mesi di questo anno abbiamo superato il livello di spesa registrato nell’intero 2021. È chiaro a tutti che i termini legati al livello delle detrazioni ed alcune procedure vanno ridefiniti, ma pensare di porre fine al processo di risanamento energetico appena iniziato rappresenterebbe, a nostro avviso, un grave errore”, ha aggiunto.

Siamo pienamente coscienti che lo strumento dei Superbonus va ricalibrato accentuandone il carattere di equità, capillarità e trasparenza, ha detto da parte sua Giuseppe Margiotta, Presidente del Centro Studi CNI.

“Per questo il governo non dovrebbe chiedere di porre un limite temporale sic et simpliciter a questo tipo di intervento, ma studiare un meccanismo che consenta il prosieguo dell’opera di risanamento e efficientamento energetico degli edifici con minore aggravio per lo Stato ponendosi però un ambizioso obiettivo strategico”, ha aggiunto.

Associazione nazionale costruttori edili

Partendo da una stima di circa 1,3 milioni di unità abitative coinvolte e una corrispondente spesa agevolata di 57,4 miliardi di euro fino al 2028, le entrate nel bilancio dello Stato ammontano a 25,8 miliardi. A queste entrate dirette si sommano quelle derivanti dall’effetto reddito (minor spesa delle famiglie per consumi energetici) e dall’effetto ricchezza (maggior spesa per l’aumento di valore degli immobili).

L’analisi porta a quantificare che, se lo Stato spende 57 miliardi per i bonus, ne incassa, direttamente, 26 miliardi, ovvero il 47% della spesa complessiva, ha calcolato da parte sua l’Ance.

“Il costo complessivo del Superbonus non si può determinare senza considerare gli incassi che lo Stato ottiene per l’attivazione degli investimenti. Per valutare correttamente l’impegno dello Stato è stato costruito un modello empirico, che, sulla base di ipotesi standardizzate, determina la differenza tra quanto costa allo Stato concedere i crediti fiscali e quanto lo Stato incassa proprio per i lavori incentivati”, ha spiegato una nota dell’associazione.

A fine giugno 2022, risultavano già avviati lavori per 35,2 miliardi di euro, con 38,7 miliardi di euro di detrazioni previste a fine lavori e 18,2 miliardi di euro destinati a rientrare direttamente nelle casse dello Stato come nuovo gettito fiscale, secondo l’Ance.

In base al modello dell’associazione dei costruttori, per ogni miliardo speso dallo Stato, ci sono maggiori entrate fiscali per 470 milioni, per cui il costo effettivo per l’erario è di 530 milioni, cioè circa la metà di quello nominale.

Bisogna notare poi che tale “costo” non corrisponde a dei soldi effettivamente spesi dallo Stato. Si tratta di mancate entrate rispetto alla totalità dell’attività economica che lo Stato avrebbe teoricamente potuto tassare. Ma tale attività economica non si sarebbe mai materializzata se non ci fosse stato lo stimolo del Superbonus, quindi quei 470 milioni di euro di entrate su ogni miliardo di impegno statale,  possono essere considerate sostanzialmente un “guadagno netto” per l’erario, pur con la necessità di prevedere le relative coperture di bilancio.

Enea

La sottosegretaria all’Ambiente Ilaria Fontana ha risposto all’interrogazione della deputata di Forza Italia Erica Mazzetti, che chiedeva informazioni circa la riduzione del fabbisogno energetico complessivo determinato dagli interventi edilizi agevolati dal Superbonus.

Sulla base dei dati Enea, si stima che, per i soli interventi di natura energetica, al 31 maggio 2022 sono stati attivati investimenti per oltre 30 miliardi di euro (di cui il 48,9% condomini) su oltre 172.000 edifici (di cui il 15,46% condomini), si legge nella risposta scritta all’interrogazione.

Tali interventi hanno permesso la riqualificazione energetica di circa 40 milioni di metri quadri di edifici, di cui il 58% è rappresentato da condomini.

La risposta precisa poi che il costo medio di un intervento di riqualificazione energetica di un condominio si è attestata a circa 562 mila euro, mentre quello per gli altri edifici a poco più di 107 mila.

Passando ai dati energetici, la sottosegretaria Fontana precisa che gli investimenti mobilitati hanno comportato un risparmio di energia primaria di circa 5.650 GWh/anno, pari a 0,486 Mtep/anno, (di cui il 63,4% connesso ad interventi sui cosiddetti “cappotti” e la restante quota riguardante gli impianti termici.

Facendo un conto molto grossolano, prendendo un fattore di conversione da energia primaria in elettricità pari a 2, ciò vuol dire che, per esempio, prendendo a riferimento il prezzo unico nazionale (PUN) medio degli ultimi 12 mesi, pari a circa 215 euro al MWh, gli interventi realizzati col Superbonus hanno fatto risparmiare agli italiani oltre 600 milioni di euro di costi energetici nel periodo.

Sono stati inoltre installati oltre 172.000 impianti fotovoltaici, circa uno per ogni edificio, con una potenza complessiva di 1.078 MW, circa 165.500 sistemi di accumulo con una capacità totale di 3.824 MWh, oltre a più di 130.000 colonnine di ricarica per veicoli elettrici.

In termini di mix di interventi realizzati, la sottosegretaria ha specificato che, al 13 luglio, il 39,74% degli investimenti ha interessato l’isolamento di superfici opache; lo 0,82% l’eliminazione delle barriere architettoniche; il 19,61% interventi sugli impianti di produzione per la climatizzazione e produzione di acqua calda sanitaria; e il 19,47% la sostituzione degli infissi.

Peccato insomma se si dovesse buttare via il bambino della ripresa economica e dell’efficienza energetica nato col Superbonus assieme all’acqua sporca di una bacinella regolatoria e di controllo da cui è pur giusto perdere meno acqua.

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