Stop ai finanziamenti alle fossili: per ora la BEI decide di non decidere

Il consiglio d’amministrazione della Banca europea per gli investimenti ha posticipato a novembre il voto sulla nuova strategia per cessare i prestiti ai progetti nel gas, carbone e petrolio.

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Diventa sempre più sfuggente l’idea di trasformare la Banca europea per gli investimenti (BEI) in una “banca del clima”, idea che era stata rilanciata da Ursula von der Leyen prima ancora di essere nominata al vertice della nuova Commissione Ue.

Tutto è rinviato presumibilmente alla metà di novembre, quando si riunirà di nuovo il consiglio d’amministrazione della BEI, formato dai rappresentanti dei vari Stati membri e della Commissione europea. Il voto sulla futura politica d’investimento era previsto nella riunione di ieri, martedì 15 ottobre, ma alcuni paesi – Germania e Polonia in prima linea – hanno spinto per posticipare la decisione.

Da diversi mesi la BEI sta valutando di adeguare le sue attività finanziarie alla lotta globale contro il cambiamento climatico.

Lo scorso luglio era circolata una bozza della nuova strategia per gli investimenti nel settore energetico (EIB Energy Lending Policy), che stabiliva di non prestare più denaro dal 2020 a chi investe in progetti che riguardano i combustibili fossili compreso il gas (con qualche eccezione, ad esempio per il “green gas”), in modo da concentrare ogni sforzo economico della banca verso le fonti rinnovabili.

Ma qualche paese ha iniziato a storcere il naso, convinto che il gas manterrà un ruolo determinante per diversi anni nel mix elettrico europeo e che in definitiva sia necessario continuare a investire in questa risorsa fossile per uscire dal carbone, e garantire allo stesso tempo la stabilità e sicurezza delle forniture energetiche per il nostro continente; qui un nostro approfondimento sulla diatriba: il gas è un “ponte” o un “muro” per le rinnovabili?

Così quella bozza di luglio è stata ritoccata in vari punti; in particolare, si è proposto di lasciare la possibilità di finanziare progetti nelle fonti fossili con tecnologie per “abbattere” le emissioni di CO2, quindi sostanzialmente tecnologie CCS (Carbon Capture and Storage).

Insomma c’è chi preme per annacquare la strategia del “no” alle fonti fossili.

Che il gas ci serva per sostituire il carbone è una posizione sostenuta anche dall’Italia; secondo le ultime informazioni riportate dall’agenzia Reuters, il nostro è tra i paesi contrari allo stop totale dei finanziamenti BEI al gas.

Intanto le associazioni ambientaliste hanno criticato la decisione di rinviare il voto a novembre.

Secondo Oil Change International (traduzione nostra del post in inglese su Twitter), “se la BEI prende sul serio il clima, deve smettere di finanziare tutte le fonti fossili entro il 2020, incluso il gas. Qualunque altra cosa è inaccettabile”.

Mentre il WWF afferma che la Germania e gli altri paesi contrari alla nuova strategia d’investimento “stanno sabotando l’impegno della BEI di allinearsi agli accordi di Parigi”, si legge in una nota (traduzione nostra dall’inglese).

Anche il think-tank E3G ha definito “deludente” il posticipo del voto.

Ricordiamo che la BEI è l’istituto finanziario multilaterale più grande del mondo; il prossimo novembre riuscirà infine a depennare le fonti fossili dal suo portafoglio operativo?

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