Start-up dell’energia: si cresce, ma su scalabilità e brevetti c’è tanto da migliorare

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Il rapporto I-Com. Storage e fotovoltaico i settori in cui si concentra l'innovazione.

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Oggi  1.780 in Italia le start-up innovative in ambito energetico, con un tasso di crescita medio annuo del 25,4%. Di queste, il 50% si trova al Nord.

Nel complesso queste realtà hanno un impatto economico contenuto tra i 210 e i 700 milioni di euro.

Questi alcuni dei dati evidenziati dal rapporto annuale sull’innovazione energetica condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com), dal titotolo: “Il futuro dell’energia. Innovazione e sostenibilità binari della transizione”.

Il trend – si spiega – rispecchia ciò che sta avvenendo in generale nel mondo delle start-up innovative, che continuano a crescere nel nostro Paese a un ritmo sostenuto: attualmente sono 12.202 mentre nel 2020 erano 11.089. Si pensi che di queste, 626 sono nate solo nei primi 2 mesi del 2021.

La distribuzione geografica

Dal 2015 – sottolinea il rapporto – sono cresciute a un ritmo di circa il 18% l’anno, un insieme che nel suo complesso vale quasi 5 miliardi di euro, di cui poco meno del 60 % ascrivibile alle sole regioni settentrionali, con il restante 40 % equamente distribuito tra quelle meridionali e del Centro Italia.

Nello specifico, il 50% delle start-up energetiche attive in questo momento in Italia si trova al Nord. Seguono il Sud con il 29 % e il Centro con il restante 21. Se si guarda alle regioni, a fare la parte del leone è anche quest’anno la Lombardia, nella quale trovano sede 376 start-up energetiche, pari al 21 % di quelle esistenti nel nostro Paese. Il secondo gradino del podio lo occupa, invece, la Campania con 213 piccole imprese specializzate nel campo dell’energia mentre il terzo il Lazio con il 10% del totale.

A incidere su questa classifica è certamente il peso preponderante di Milano, Roma e Napoli, che rappresentano le province con il maggior numero di start-up energetiche pro-capite. Nello specifico, nel capoluogo lombardo ce ne sono 231 energetiche, nella capitale 146 mentre se ne registrano 119 solo nella provincia di Napoli.

Anche in questa edizione, quello della ricerca scientifica e dello sviluppo è il settore di attività di cui si occupa la quasi totalità delle imprese innovative italiane. Il 93%, pari a 1.647 start-up, è attivo in questo campo mentre le altre sono impegnate per lo più nella fabbricazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi.

I punti deboli

Il rapporto evidenzia, inoltre, i punti di debolezza che ancora caratterizzano il sistema italiano dell’innovazione nel settore dell’energia. “L’elemento dimensionale di queste realtà resta critico: la stragrande maggioranza di esse, sia nel settore energetico che negli altri, fattura meno di 500.000 euro l’anno e sono pochissimi i casi in cui la forza lavoro impiegata supera i dieci addetti”, ha sottolineato il presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com), Stefano da Empoli, in una nota stampa.

Secondo il presidente è urgente risolvere la questione della scalabilità del business. In particolare, serve un mix di regole e incentivi tale da incoraggiare maggiori investimenti in capitale di rischio, sperimentazione a livello nazionale e rapida espansione all’estero.

Come pure sarebbe opportuno rendere l’imprenditorialità innovativa accessibile anche ai cosiddetti outsider, ad esempio donne, giovani e imprenditori stranieri, spesso dotati di capitale umano, attitudine ed esperienze più adatti alle sfide richieste.

I brevetti

Lo studio fa inoltre il punto sulla situazione dei brevetti – uno dei principali indicatori della capacità di innovare degli Stati e dei loro sistemi produttivi – a proposito dei quali l’Italia risulta anche quest’anno molto indietro rispetto ai player internazionali.

Nonostante un incremento medio del 2,4 % tra il 2009 e il 2019, le domande di brevetto in campo energetico provenienti dal nostro Paese sono state appena 715, lo 0,7 % del totale a livello globale.

L’89,2 % dei brevetti energetici proviene dalle imprese, il 7,5% da persone fisiche e la quota rimanente da istituti universitari, fondazioni ed enti di ricerca pubblici. Quanto alla distribuzione geografica, la Lombardia rimane leader nelle tecnologie elettriche con 49 brevetti concessi nel 2019, pari a un terzo della brevettazione dell’intero Paese. In seconda posizione si trova l’Emilia-Romagna con 21 brevetti energetici, seguita da Lazio (15) e Veneto (14).

I dati cambiano se analizziamo il settore della mobilità sostenibile, come rilevato il direttore Osservatorio Innov-E e curatore del rapporto Antonio Sileo: “Le regioni più attive nell’innovazione sono l’Emilia-Romagna (119 brevetti), con un’attività rivolta prevalentemente ali sistemi di accumulo (43%), e il Piemonte (104 brevetti) che, rispetto alla prima, manifesta una maggiore vocazione per le tecnologie dell’ibrido. Mentre sono otto le regioni del tutto inattive sul piano brevettuale in materia di mobilità sostenibile”.

I brevetti per settore

Nel campo dell’energia la maggior parte dei brevetti concessi a livello globale si è concentrata nell’accumulo di energia, che ha ormai superato la soglia dei 30.000.

Seguono il fotovoltaico, con 11.200 brevetti, e la generazione eolica con 4.554 brevetti. Le rimanenti tecnologie appaiono invece molto distanziate dal gruppo delle prime tre. In quarta posizione si registrano le applicazioni relative al nucleare con 2.178 brevetti concessi”, ha osservato Sileo facendo una panoramica sull’innovazione del settore.

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