Nella corsa al ribasso dei costi con cui produrre energia dalle fonti rinnovabili, il solare termodinamico (CSP, Concentrating Solar Power) o solare a concentrazione è rimasto un po’ ai margini della competizione tra le varie tecnologie “verdi”, ma il quadro potrebbe cambiare abbastanza rapidamente.
Difatti, un recente studio, firmato da Johan Lilliestam del Politecnico di Zurigo e Robert Pitz-Paal dell’istituto di ricerca solare presso il centro aerospaziale tedesco, evidenzia i punti di forza di due super-progetti CSP in fase iniziale di realizzazione in Australia e a Dubai.
Parliamo, rispettivamente, della centrale Aurora da 150 MW nell’Australia meridionale, il primo impianto solare termodinamico di notevoli dimensioni in quel paese (sviluppato dall’americana SolarReserve), e del parco CSP più grande del mondo, DEWA IV da 700 MW nell’emirato, concepito dal consorzio che include la compagnia saudita ACWA e la cinese Shangai Power.
Nel documento Concentrating solar power for less than USD 0.07 per kWh: finally the breakthrough? (studio completo allegato in basso), gli autori si chiedono se entrambi i progetti rappresenteranno il punto di svolta per la tecnologia CSP, consentendole di conquistare un mercato molto più ampio di quello odierno nel mix energetico globale.
Questi impianti, evidenziano i due ricercatori, venderanno elettricità a costi incredibilmente bassi, soprattutto se paragonati con i valori medi registrati in precedenza: 6-7 centesimi di dollaro per kWh, circa metà di quanto osservato finora per le installazioni CSP di taglia analoga in altre parti del mondo, stando ai contratti PPA (Power Purchase Agreement) siglati da SolarReserve e dal consorzio ACWA-Shangai Power.
Ricordiamo, in sintesi, che i sistemi CSP concentrano i raggi solari su tubi o torri “riceventi” e permettono di stoccare energia in speciali serbatoi di accumulo, in modo da fornire elettricità per diverse ore anche quando non c’è sole (vedi QualEnergia.it per approfondire come funziona il solare termodinamico: la prima centrale a sali fusi inaugurata da Enea in Egitto oltre al primo impianto allacciato alla rete in Italia).
Tra l’altro, è bene ricordare che proprio l’Italia vanta una notevole esperienza in questo settore, anche se restano diversi ostacoli amministrativi e burocratici che bloccano la realizzazione degli impianti, come conferma il recente appello dell’Anest al nuovo governo.
Le chiavi del successo: contratti lunghi e “ibridi”
Tornando allo studio di Lilliestam e Pitz-Paal, i due esperti di CSP hanno esaminato i principali fattori che hanno determinato dei contratti PPA con dei numeri così concorrenziali (vedi QualEnergia.it per un confronto con i valori raggiunti invece dal fotovoltaico in market parity).
Con un’avvertenza: per ora, essendo ancora lontana l’entrata in esercizio degli impianti, bisogna basarsi su calcoli e assunti tecnico-economici, anche piuttosto complessi, che dovranno poi trovare conferme.
Per quanto riguarda Aurora, si legge nel documento, la competitività del contratto di fornitura a lungo termine si può spiegare, in parte, con le condizioni finanziarie particolarmente vantaggiose spuntate dagli investitori (basso costo del denaro) e dalla notevole riduzione dei costi per la tecnologia CSP a torre centrale sviluppata da SolarReserve.
Tuttavia, un PPA di quel genere, osservano gli autori, non poteva stare in piedi senza la possibilità di ottenere guadagni aggiuntivi: di conseguenza, è stato firmato un contratto PPA “ibrido” che interessa 125 MW su 150 totali, lasciando una certa flessibilità speculativa al gestore dell’impianto.
In sintesi: la maggior parte dell’energia prodotta sarà venduta da SolarReserve al prezzo fisso predeterminato nell’accordo, ma i restanti 25 MW di capacità rimarranno sempre disponibili per fornire elettricità nei periodi di massima richiesta sulla rete, quando i prezzi del kilowattora potranno aumentare anche sensibilmente.
Grazie, infatti, allo stoccaggio energetico di circa otto ore, l’impianto potrà vendere sul mercato elettrico il surplus accumulato di giorno così da soddisfare i picchi di domanda serale, quando viene a mancare l’output dei pannelli solari e quindi bisogna affidarsi ai sistemi di accumulo, oppure all’entrata in funzione dei generatori convenzionali (perlopiù a gas).
Per quanto riguarda, invece, il mega-parco CSP a Dubai, DEWA IV, oltre alle condizioni finanziarie vantaggiose e alle economie di scala, tra i fattori del probabile successo finale del progetto lo studio cita soprattutto la “straordinaria durata” del contratto PPA, pari a 35 anni, che dovrebbe assicurare un flusso stabile e costante di ricavi al consorzio ACWA-Shangai Power.
Inoltre, precisano i ricercatori, è assai probabile che ci saranno dei guadagni addizionali, perché il PPA coprirà solamente una certa fascia di produzione giornaliera (dalle 16 alle 10) quindi il consorzio potrà accumulare/vendere energia in altre ore.
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