Esistono i presupposti per modificare comportamenti stabili, su larga scala, in grado di incidere su livelli di congestione e di inquinamento ed è anche possibile impostare con successo policy urbane integrate, aprendo a una maggiore flessibilità nella scelta di luoghi e dei tempi di lavoro.
A dimostrarlo è il risultato di uno studio realizzato da Enea dal titolo: “Il tempo dello Smart Working. La PA tra conciliazione, valorizzazione del lavoro e dell’ambiente”.
L’indagine – spiega una nota introduttiva – ha preso in esame 29 amministrazioni pubbliche che dal 2015 al 2018, quindi ben prima dell’emergenza Coronavirus, avevano attivato e reso accessibile ai propri dipendenti nuove forme di lavoro a distanza. I dati analizzati hanno coinvolto oltre 5.500 persone.
In particolare, sotto il profilo ambientale emerge che lo smart working ha ridotto la mobilità quotidiana del campione esaminato di circa un’ora e mezza in media a persona, per un totale di 46 milioni di Km evitati, pari a un risparmio di 4 milioni di euro di mancato acquisto di carburante, modificando anche la loro qualità di vita e di lavoro.
Si tratta di un dato di rilievo – si commenta in una nota stampa Enea – tenuto conto che secondo l’”INRIX 2018 Global Traffic Scorecard” una città ad alta presenza di lavoratori della PA come Roma, dove lavorano 400mila persone tra ministeri e amministrazioni centrali e locali, è la seconda al mondo per ore trascorse in auto, il doppio di New York, il 12% in più di Londra, il 70% in più di Berlino, il 95% in più di Madrid. Da qui il duplice beneficio di tempo personale ‘liberato’ e di traffico urbano evitato, con un taglio di emissioni e inquinanti che l’Agenzia nazionale stima in 8mila tonnellate di CO2, 1,75 t di PM10 e 17,9 t di ossidi di azoto.
“La mobilità – commenta Marina Penna, ricercatrice Enea – è il fattore chiave di un sistema complesso che ruota attorno all’organizzazione del lavoro e si configura come una delle principali cause dei consumi energetici e dello stress ambientale sul quale occorre intervenire con estrema rapidità. Del resto le conclusioni dell’ultimo rapporto dell’IPCC sono piuttosto chiare quando sostiene che saremo in grado di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, rispetto ai livelli preindustriali, solo se mettiamo in atto modifiche senza precedenti delle nostre abitudini in tutti gli ambiti della società, quali l’energia, il territorio e gli ecosistemi, le città e le infrastrutture, nonché l’industria”.
“L’emergenza – continua Penna – ci ha di fatto costretti a mettere in atto tali modifiche straordinarie e oggi siamo in grado di misurarne gli effetti. L’analisi trimestrale Enea, in uscita in questi giorni, riporta dati sulla riduzione dei consumi e delle emissioni nel periodo che comprende la pandemia. Dal momento che il calo non è strutturale, ma si lega a condizioni di emergenza il timore è l’effetto rimbalzo sui consumi di carburanti e sulle relative emissioni. Le conseguenze sarebbero pesanti sia per l’avvio di una fase di crescita, che allontanerà l’Italia sempre più dai target dell’accordo di Parigi sia per il repentino incremento dei costi dei carburanti, che aprirebbe il fianco a speculazioni estremamente penalizzanti per la nostra economia. Per uscire da questa emergenza sanitaria meglio di come ci siamo entrati lo “smart working” andrà compreso, mantenuto, potenziato e reso più efficace”.
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