Sfide interconnesse: clima, rinnovabili, automazione e occupazione

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L’automazione e la digitalizzazione, insieme alle soluzioni tecnologiche necessarie per mitigare la crisi climatica, ci obbligheranno a gestire scenari molto complessi. Il rischio è la perdita di molti posti di lavori, ma al contempo si potrebbero aprire nuove opportunità.

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L’avanzata dell’automazione e la minaccia della crisi climatica ci obbligheranno a gestire con intelligenza scenari molto complessi.

I processi legati alla digitalizzazione implicheranno infatti un drastico taglio dei posti di lavoro, ma potranno aprire nuove prospettive.

La stessa cosa si può dire per la lotta al riscaldamento globale che renderà inutilizzabili, “stranded”, centrali elettriche, miniere di carbone, gasdotti, fabbriche di auto, ma che è in grado di offrire valide alternative sia dal punto di vista occupazionale che da quello economico.

Intanto è interessante osservare come queste due sfide siano interconnesse e sinergiche.

Proprio la riduzione dei costi legata all’automazione, infatti, consente alle rinnovabili di vincere già oggi in diversi paesi la competizione con la generazione termoelettrica. Parliamo non solo della robotizzazione delle linee di produzione di moduli fotovoltaici e pale eoliche, ma anche dell’uso della digitalizzazione nelle fasi dell’installazione, monitoraggio e manutenzione degli impianti.

La crescente competitività economica spiega la rapida diffusione delle energie pulite e l’incremento degli occupati. Se nel 2012 erano 5,7 milioni i posti di lavoro su scala globale, nel 2017 si era già arrivati a 10,3 milioni. Nel settore fotovoltaico, una tecnologia che solo dieci anni fa era del tutto marginale, si concentra quasi un terzo di tutti gli occupati, mentre nell’eolico lavora più di un milione di addetti.

Parliamo di due tecnologie che, proprio grazie alla incredibile riduzione dei costi, sono destinate a dominare la scena energetica mondiale dei prossimi decenni. Uno scenario che vedrà parallelamente anche la diffusione di sistemi di accumulo e di reti intelligenti con ulteriori ricadute occupazionali. Senza dimenticare che le rinnovabili contribuiranno, in tempi più brevi del previsto, a portare l’elettricità al miliardo di persone che non hanno accesso alla rete.

Un altro interessante esempio di interazione tra automazione, posti di lavoro ed economia verde viene dalla riqualificazione energetica industrializzata degli edifici. Esperienze come quella di Energiesprong in Olanda hanno consentito di dimezzare i costi, ridurre drasticamente i tempi di realizzazione, azzerare i consumi di metano.

Approcci di questo tipo possono allargare notevolmente gli spazi di intervento, considerando che in Italia, come in larga parte d’Europa, una porzione non piccola del parco edilizio è fortemente energivora. Se è vero che l’industrializzazione riduce il numero di occupati per singolo intervento, l’aumento del numero degli edifici risanati può consentire ricadute positive anche sul fronte del lavoro. Si stima che una riqualificazione energetica spinta delle costruzioni europee potrebbe creare un milione di nuovi posti di lavoro.

E veniamo all’auto elettrica, incubo delle case automobilistiche che temono per le loro linee produttive. L’industria dell’auto tedesca afferma che 600.000 degli attuali 800.000 posti di lavoro sarebbero direttamente o indirettamente a rischio. Ma altri studi, incluso uno della Porsche, arrivano a conclusioni molto più caute. In realtà tutto dipende dalla rapidità con cui i produttori si attrezzeranno su  questo fronte.

Secondo un rapporto di Transport&Environment se i gruppi europei accelerassero la transizione verso l’elettrico arrivando a soddisfare al 2030 il 90% della domanda interna, il calo degli occupati sarebbe solo del 6%, mentre l’occupazione aumenterebbe se l’Europa divenisse esportatrice di veicoli elettrici. Quest’ultimo scenario però al momento pare improbabile, vista l’aggressività dei gruppi cinesi.

Insomma, siamo in una fase di rapidissimi cambiamenti e di grandi opportunità. Secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite sono oltre 65 milioni i posti di lavoro che potrebbero essere creati entro il 2030 grazie all’avvio di serie politiche climatiche.

Una prospettiva interessante anche per l’Italia, con la definizione di strategie di lungo periodo che potrebbero arrivare con il Piano Energia Clima in via di elaborazione.

L’articolo è stato pubblicato sulla rivista ‘Formiche’ (novembre 2018) con il titolo “Tra rinnovabili e automazione”.

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