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Rinnovabili nelle aziende agricole siciliane, una proposta di Piano Energetico Rurale

Criteri e obiettivi per realizzare impianti rinnovabili per autoconsumo e vendita di energia a integrazione del reddito delle imprese agricole. Una proposta di agronomi, ricercatori e organizzazioni già approdata alla Regione Siciliana.

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In Sicilia sono state censite 219.677 aziende agricole (il 13,6% del totale nazionale) con una dimensione media di 6,3 ettari.

Come in altre parti del territorio italiano i terreni coltivati diminuiscono a causa di diversi fattori, primo fra tutti il calo dei prezzi dei prodotti agricoli.

Una recente proposta di legge che viene da diverse associazioni, ricercatori e agronomi siciliani punta a trovare nuove strategie e contributi per il sostegno del reddito di queste aziende, sfruttando le fonti rinnovabili, meglio se ad integrazione di superfici artificiali già esistenti.

Le fonti energetiche rinnovabili come il fotovoltaico e l’eolico possono ridurre la bolletta energetica e integrare le entrate delle aziende agricole con i proventi derivanti dalla cessione di energia alla rete elettrica per la quota di produzione non utilizzata.

Mentre sul tema dei grandi impianti le decisioni saranno di competenza della Regione Siciliana, questo proposta di un Piano Energetico Regionale (PER) (sintesi allegata in basso) si limita agli impianti a servizio delle imprese agricole e prova allo stesso tempo a minimizzare, per quanto è possibile, la realizzazione di impianti di grande scala (Incendi e rinnovabili: c’è chi metterebbe al rogo il fotovoltaico).

Secondo le linee indicate il Piano Energetico Rurale (PER) vanno seguiti cinque criteri:

  1. essere strutturato secondo il massimo criterio della generazione distribuita, quindi con la realizzazione di numerosi piccoli impianti;
  2. realizzarsi senza consumo di suolo, secondo quanto definito sia dall’ISPRA che dalle Direttive UE in materia;
  3. prevedere impianti che non vadano ad incidere sul regime pluviometrico e i tempi di corrivazione delle acque di deflusso (come può accadere per i grandi impianti FV), con conseguenti ricadute negative sul regime delle acque e sulla ulteriore perdita di suolo;
  4. non incidere sulla già delicata questione della disponibilità di cibo e risorse per i prossimi anni, conformemente alla Farm to Fork strategy dell’UE del 2020;
  5. la produzione di energie pulite derivanti da questi piccoli impianti non deve interferire con la biodiversità.

Ma quali dimensioni possono avere queste unità di autoproduzione diffuse e localizzate in più punti possibili del territorio e allacciate direttamente alla rete elettrica di distribuzione?

Come principio guida c’è quello di realizzare impianti fino ad una potenza che preveda, quando possibile, solo la procedura semplificata (PAS) (ad esempio in Sicilia sotto il MW per il FV e sotto i 60 kW per l’eolico) evitando la valutazione di impatto ambientale (VIA), per facilitare così tali realizzazioni in tempi rapidi.

Altro aspetto chiave è quello dettato dall’Agenzia delle Entrate: per mantenere il codice ATECO e il regime fiscale agricolo, si può produrre energia elettrica solo entro un certo livello.

Secondo un nostro calcolo molto spannometrico e veramente molto conservativo se tutte le aziende agricole siciliane censite si dotassero, ad esempio, di uno o più impianti FV con solo 20 kW si potrebbe rendere operativa una potenza di oltre 4 GW.

Puntare ad un consumo di suolo zero per questa transizione agroecologica siciliana significa, secondo i promotori, avere chiari due obiettivi.

Il primo deve essere quello dell’autonomia energetica dell’azienda agricola.

Ed una delle novità della proposta, come ci ha detto il dottore agronomo Guido Bissanti, ex presidente dell’ordine dei dottori agronomi e forestali della Sicilia, tra i capofila dell’iniziativa del PER e che sta lavorando per un disegno di legge regionale, è che nel conteggio dell’autonomia energetica dell’azienda agricola vanno considerate non solo tutte le sue utenze elettriche, ma anche tutta l’energia necessaria al funzionamento dei macchinari e degli attrezzi per la conduzione e trasformazione dei prodotti agricoli.

Un approccio che potrebbe promuovere il ricambio delle macchine e degli attrezzi agricoli con motorizzazioni elettriche.

Il secondo obiettivo è di destinare alle aziende agricole la produzione e la vendita dell’energia, facendo riferimento a precisi parametri su ettaro e coltura e garantendo però la produzione elettrica, ove non sia possibile, su una percentuale minima di suolo agrario.

Un modello di questo tipo, affermano i promotori del disegno di legge, favorirebbe interessanti ricadute occupazionali locali e buona parte del ricavato resterebbe in Sicilia invece di andare solamente verso grandi gruppi e multinazionali.

Una modalità di sostegno di questi impianti potrebbe essere trovata nell’estensione del 110% a tutta la produzione di energia elettrica rinnovabile e per le motorizzazioni elettriche in ambito rurale.

Bissanti ci ha ricordato che la Regione Siciliana non ha simili competenze in materia fiscale. Quindi per un’applicazione a livello regionale si potrebbe far riferimento all’IRFIS, istituto finanziario siciliano preposto per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante oppure ad altre forme di finanziamento con fondi di rotazione.

“Siamo arrivati a questa idea – ha detto Guido Bissanti – dopo che parlamentari regionali e nazionali avevano presentato diverse mozioni per affrontare quello che veniva definito ‘lo scempio del fotovoltaico’. Dovevamo uscire dalla mera contestazione e approdare a delle proposte concrete, uscendo da questa impasse: ci siamo detti: se dobbiamo fare una transizione energetica proviamo a farla utilizzando i criteri migliori”.

Seguiremo l’evoluzione di questa proposta già sul tavolo dell’Assessorato dell’Agricoltura della Regione Siciliana e inviata ad alcuni senatori e deputati nazionali.

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