Riforma del mercato Ue della CO2, strada spianata con il nuovo accordo

Su ETS e CBAM, Popolari, Socialdemocratici e Renew Europe hanno definito un testo di compromesso (con il benestare dei Verdi), che sarà votato in plenaria il 22 giugno.

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Nella serata di ieri, mercoledì 15 giugno, è stato raggiunto un accordo tra i principali gruppi del Parlamento Ue sulla riforma del mercato ETS (Emissions Trading Scheme) e sul nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism).

Dopo la fumata nera su uno dei pilastri della politica climatica europea alla plenaria di Strasburgo (8 giugno), i rappresentanti delle tre maggiori forze politiche – Popolari, Socialdemocratici, Renew Europe – si sono riuniti al tavolo della commissione Ambiente per definire un compromesso per un nuovo testo da votare alla plenaria del 22 giugno.

E grazie anche al benestare dei Verdi, ci si aspetta una votazione senza intoppi per approvare il pacchetto ETS-CBAM.

Di seguito alcuni dei principali punti concordati ieri, ripresi dalla nota stampa congiunta dei tre partiti:

  • eliminazione delle quote gratuite di CO2 tra 2027 e 31 dicembre 2032 (la proposta della Commissione Ue era 2026-2035);
  • partenza della tassa alla frontiera sulla CO2 (il CBAM) nel 2033 in sostituzione delle quote gratuite; se il nuovo meccanismo sarà sospeso o posticipato, si continueranno ad assegnare permessi gratuiti fino alla sua adozione;
  • estensione del CBAM a polimeri, prodotti chimici organici e idrogeno;
  • la riduzione delle emissioni delle industrie coperte dal sistema ETS raggiungerà il 63% nel 2030, in confronto ai livelli del 2005 (61% nella proposta originaria della Commissione europea);
  • 70 milioni di permessi di emissione saranno tolti dal mercato quando la riforma entrerà in vigore; altri 50 milioni saranno tolti nel 2026.

Il sistema ETS, ricordiamo, è il meccanismo di mercato per lo scambio di quote di CO2 nei settori industriali che consumano molta energia e quindi sono responsabili di elevate emissioni; lo scopo è applicare il principio “chi emette di più paga” e così incentivare investimenti in efficienza energetica e tecnologie più pulite.

La riforma, tra le altre cose, prevede un allargamento a settori finora esclusi (come edifici e trasporti) e una eliminazione progressiva delle quote gratuite di CO2; queste ultime sono assegnate ad alcuni comparti industriali, come quelli della chimica e del cemento, al fine di preservare la loro competitività nei confronti delle aziende straniere che producono le stesse merci ma a costi minori, grazie a leggi ambientali meno severe nei Paesi di origine, ad esempio la Cina.

Le forze politiche a Strasburgo si erano spaccate intorno alla decisione sul quando eliminare queste quote gratuite, per sostituirle gradualmente con il CBAM, cioè una tassa alla frontiera che colpisce le importazioni di certi prodotti, tra cui cemento, acciaio, alluminio, che incorporano un alto contenuto di CO2.

Ma le due misure – quote gratuite e CBAM – non possono coesistere, altrimenti le imprese europee avrebbero un doppio vantaggio, dato dai permessi gratuiti assegnati in casa e dalla tassa alla frontiera sui prodotti concorrenti.

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