Poiché usare efficientemente l’energia sta diventando una necessità sempre più urgente non solo in inverno, ma anche in estate, diventa altrettanto importante ridurre l’impatto energetico, climatico e ambientale di una delle maggiori fonti di consumi nella stagione calda, e cioè il raffrescamento degli ambienti casalinghi e di lavoro.
Uno di questi modi è rappresentato dalla tecnologia del raffrescamento evaporativo, detto anche “adiabatico”. Tale sistema si basa sul principio naturale dell’evaporazione dell’acqua, in combinazione con un sistema di ventilazione, simile a quello dei ventilatori tradizionali.
Ecco, in sintesi, come funziona: un ventilatore aspira l’aria dall’ambiente, convogliandola contro un pannello di cellulosa, costantemente bagnato grazie a un impianto che attinge l’acqua da una vaschetta interna all’apparecchio o da un collegamento all’impianto idrico nei sistemi di taglia maggiore.
L’aria, attraversando questo pannello evaporativo, si raffredda cedendo calore all’acqua e facendola così evaporare. Ne risulta un flusso d’aria più fresca. In condizioni medie, l’aria esce a 6-8 gradi in meno rispetto alla temperatura dell’ambiente – un salto termico sicuramente percepibile che consente un buon grado di comfort alle persone presenti nel perimetro d’azione del dispositivo.
Il sistema è caratterizzato anche dalla creazione di un certo grado di umidità che rende questa soluzione particolarmente indicato per i climi secchi. I raffrescatori di questo tipo, inoltre, non richiedono un tubo per espellere all’esterno l’aria calda.
E poi hanno costi d’installazione e gestione notevolmente inferiori rispetto a quelli di un comune impianto di climatizzazione; per l’impiego domestico ci sono molti raffrescatori evaporativi mobili, di dimensioni contenute e facili da trasportare, che costano da poche decine ad alcune centinaia di euro, secondo le dimensioni e le prestazioni.
Comunque, con una cifra compresa tra 100-200 euro si può acquistare un modello adatto alla maggior parte delle esigenze domestiche, trasportabile e con funzioni di ventilazione, raffrescamento e purificazione dell’aria.
I modelli più grandi, utilizzati per lo più in uffici, capannoni, officine, depositi o altri ambiti lavorativi, invece, possono coprire aree fino a 250-500 metri quadrati ognuno, sono utilizzabili in modo modulare, e possono essere installati anche a soffitto, in modo da non intralciare le attività.
Alcune aziende consentono di affittare questi raffrescatori più grandi a un prezzo attorno ai 60 euro al mese + Iva per 48 mesi, con un riscatto finale molto basso che consente all’azienda di diventare proprietaria del sistema.
Riepilogando, tale sistema comporta un minore uso di elettricità rispetto ai sistemi split tradizionali aria-aria, non richiede l’utilizzo di gas refrigeranti o sostanze chimiche particolari, fornendo quindi una soluzione con impatti ambientali molto più bassi, ed è caratterizzato da bassi costi d’acquisto e di gestione.
Sistemi diretti e indiretti
Il tipo descritto sopra è quello più semplice e si chiama raffrescamento evaporativo diretto.
Ne esiste una seconda versione, in cui viene aggiunto uno scambiatore di calore, e in questo caso la soluzione prende il nome di raffrescamento evaporativo indiretto.
A seconda delle esigenze e dei climi, è preferibile il raffrescamento adiabatico diretto o quello indiretto. Cerchiamo di descrivere qui le differenze principali.
In linea generale, si può dire che questi sistemi abbiano una logica grossomodo opposta rispetto ai sistemi tradizionali, che per funzionare bene presuppongono ambienti chiusi, con finestre serrate. Il raffrescamento evaporativo consente, al contrario, di tenere porte e finestre aperte e, in linea di massima, è perfino necessario o comunque consigliabile che gli ambienti rimangano aperti verso l’esterno.
I raffrescatori evaporativi, infatti, possono avere un limite che li rende poco adatti all’uso in ambienti chiusi, soprattutto di piccole dimensioni. Il meccanismo della versione diretta, cioè far passare l’aria in un filtro bagnato, crea appunto umidità nell’ambiente, con tutti gli svantaggi del caso, in primis un calore percepito maggiore a parità di temperatura.
Nella versione indiretta, uno scambiatore di calore viene utilizzato in aggiunta al meccanismo di raffrescamento evaporativo diretto e questo consente un uso più flessibile dell’apparecchiatura e meno legato alla necessità di tenere le finestre o le porte aperte. Nell’illustrazione, gli schemi molto semplificati della versione a) diretta; e della versione b) indiretta.
Grazie al passaggio intermedio creato dall’aggiunta dello scambiatore di calore, infatti, il raffreddamento non avviene più, appunto, in maniera diretta, ma si divide in due circuiti separati: un primo circuito in cui avviene l’evaporazione e un secondo circuito, all’interno del quale l’aria si raffredda per poi andare ad abbassare la temperatura con l’emissione nell’ambiente.
Il tasso di umidità, con questo tipo di raffrescamento evaporativo, non viene modificato in maniera rilevante, poiché l’aria viene raffreddata senza essere umidificata.
Nel caso il livello di umidità nell’ambiente sia molto elevato, i raffrescatori adiabatici indiretti di buona qualità dovrebbero essere in grado di ventilare in modo costante ed efficace fino a livelli massimi di umidità ambientale pari al 75%, oltre i quali anche i raffrescatori evaporativi indiretti vanno in difficoltà.
Come il raffrescamento evaporativo diretto, anche quello indiretto richiede bassi costi di gestione poiché si basa sullo stesso principio dell’evaporazione e mantiene sotto controllo le condizioni di purezza dell’aria, senza richiedere un controllo eccessivo dell’umidità.
Fra i difetti più comuni, possibili soprattutto per gli apparecchi più piccoli, si registra una certa rumorosità della ventola, in particolare alle velocità più alte, problema che tende a diminuire o scomparire nei modelli più grandi.