Quell’idrogeno “cattivo” che degrada le batterie al sodio

Una ricerca spiega perché questi accumulatori perdono le loro prestazioni molto più velocemente rispetto alla tecnologia del litio.

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L’idrogeno può essere un ostacolo allo sviluppo di nuove batterie in grado di sostituire quelle al litio, rivela una recente ricerca dell’University of California, Santa Barbara (UCSB), pubblicata dall’American Chemical Society: Hydrogen-Induced Degradation of NaMnO2 (qui un estratto).

Un gruppo di scienziati ha investigato le caratteristiche degli accumuli al sodio-manganese, su cui si sta concentrando una parte delle sperimentazioni volte a trovare delle soluzioni alternative al litio.

Il problema è noto: il boom dei veicoli elettrici e dei sistemi di stoccaggio elettrochimico potrebbe determinare dei rischi futuri per gli approvvigionamenti di litio e un aumento dei costi per l’estrazione di questo prezioso metallo (vedi anche qui).

Utilizzare il sodio sembra una buona idea, essendo un elemento abbondante e poco costoso, peccato che finora non si sia riusciti a realizzare una batteria agli ioni di sodio con prestazioni tali da ipotizzare un prossimo ricambio tecnologico del litio con la nuova ricetta chimica.

Il principale difetto degli accumulatori al sodio è che si degradano molto più velocemente rispetto alle batterie al litio.

I ricercatori dell’università californiana hanno capito in dettaglio perché ciò avviene.

Come spiega una nota divulgativa dell’ateneo, il sodio perde molta della sua capacità di stoccare energia per l’indebita presenza dell’idrogeno nell’elettrodo della batteria.

In pratica, l’idrogeno finisce per “contaminare” l’accumulatore dall’interno, causando un deterioramento delle prestazioni e della durata, perché i suoi atomi sono così piccoli e reattivi che possono entrare nella batteria in diverse fasi della sua fabbricazione e alterare le sue proprietà.

Quali sono gli effetti dell’idrogeno sul sodio-diossido di manganese?

Gli scienziati, per scoprirlo, hanno utilizzato delle tecniche computazionali capaci di prevedere le conseguenze a livello chimico e strutturale che derivano dalla presenza di determinate “impurità” (l’idrogeno in questo caso).

In sintesi, affermano gli esperti dell’università di Santa Barbara, l’idrogeno riesce facilmente a penetrare nel materiale che compone il catodo della batteria, il sodio-diossido di manganese (NaMnO2); e la sua presenza consente agli atomi di manganese di “liberarsi”.

Ed è proprio questa dissoluzione degli atomi di manganese, scrivono i ricercatori, a causare la perdita di capacità e la degradazione della batteria.

Così diventa di fondamentale importanza, termina lo studio californiano, costruire le batterie al sodio con tecniche più evolute che permettano di eliminare la possibile contaminazione dell’idrogeno, e questo dovrebbe portare verso un miglioramento delle prestazioni delle batterie stesse.

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