Quanto rischia di frenare l’economia una stretta sul gas?

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Gli impatti sull'economia europea secondo un'analisi e alcune simulazioni della Banca centrale europea.

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Il caro energia sta facendo preoccupare anche la Banca centrale europea, che ha dedicato un suo bollettino ai possibili impatti per famiglie e imprese dovuti ai prezzi in aumento del gas nei Paesi Ue.

Il prezzo del gas, spiegano gli autori del documento, dovrebbe raggiungere il suo picco nei primi tre mesi del 2022, segnando un +600% rispetto al primo trimestre del 2021, con la conseguenza di far perdere circa 0,2 punti percentuali alla crescita del Pil.

Il gas è la seconda fonte energetica primaria maggiormente utilizzata in area euro, con il 30% circa del fuel mix complessivo, dopo i prodotti petroliferi (oltre il 50% del totale), mentre la dipendenza dalle importazioni rimane fortissima.

Il 90-92% del gas è importato. Questo combustibile fossile, sottolinea il focus della Bce, è essenziale per le attività manifatturiere e ha un ruolo di primo piano anche nella generazione elettrica, perché sono gli impianti alimentati a gas a indirizzare il mercato attraverso il meccanismo del prezzo marginale.

E i rincari del gas possono frenare le attività economiche Ue sia sul lato dei consumi (riducendo il potere di acquisto delle famiglie) sia sul lato della produzione di beni intermedi, rendendo più costosi i processi produttivi di diversi settori industriali.

La Bce ha poi simulato il potenziale impatto sulle industrie di un ipotetico shock da razionamento delle forniture.

In pratica, se ci fosse un razionamento del 10% del gas alle imprese, si avrebbe una riduzione del valore aggiunto dello 0,7% circa, con perdite più rilevanti nei Paesi in cui la produzione industriale è maggiormente dipendente dagli approvvigionamenti di gas.

Il Italia, ad esempio, la perdita di valore aggiunto per le imprese, a causa di un ipotetico taglio delle forniture di metano, sfiorerebbe lo 0,8% come mostra il grafoco tratto dal focus della Banca centrale europea.

Intanto la presidente della Bce, Christine Lagarde, parlando davanti alla sessione plenaria del Parlamento Ue per presentare il rapporto annuale della Bce, ha sottolineato che le tensioni geopolitiche sono aumentate (il riferimento è alla crisi Russia-Ucraina) e che i costi energetici costantemente elevati potrebbero frenare in modo più forte del previsto consumi e investimenti.

Gli alti prezzi energetici, secondo Lagarde, continuano a essere la principale ragione del tasso elevato di inflazione, che a gennaio 2022 è salito al 5,1% (5% a dicembre 2021) ed è probabile che questa situazione rimanga tale nel breve termine.

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