Il primo grande impianto di produzione di biometano e recupero della CO2 in Italia

Dal tondino al biometano, dal trattamento della plastica alla gestione del rifiuto organico per la produzione di energia rinnovabile e compost di qualità. Ecco perché l’impianto carbon negative della Montello si è aggiudicato il premio della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

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Alla società Montello che fino al 1995, quando Milano era in piena emergenza rifiuti, produceva acciaio e tondini per il cemento armato, è stato assegnato il premio della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel settore “Energia da fonti rinnovabili”.

Questa la motivazione: “per la realizzazione in Italia del primo grande impianto di produzione di biometano e di recupero di anidride carbonica per usi industriali, ricavati dal biogas generato dalla digestione anaerobica di rifiuti organici da raccolta differenziata (FORSU)”.

La società bergamasca – un tempo quindi attiva nella cosiddetta brown economy – ha avuto l’intuizione di reagire alla crisi siderurgica degli anni ’90 con una riconversione proiettata alla green economy.

Negli anni l’azienda si è trasformata al punto da essere considerata un modello di economia circolare grazie al recupero e al riciclo dei rifiuti organici e di imballaggi in plastica provenienti dalla raccolta differenziata.

Nel 1997 inizia a produrre fertilizzante organico tramite un processo aerobico e dal 2008, integrando il processo anaerobico, produce biogas che viene trasformato in energia. È dal 2017 che l’impianto bergamasco, classificato come carbon negative, produce anche biometano e cattura l’anidride carbonica utilizzata nell’industria alimentare.

Per conoscere meglio l’esperienza di questa azienda italiana abbiamo parlato con Roberto Sancinelli, il presidente del gruppo Montello.

Sancinelli, dal tondino al biometano, passando dal riciclo della plastica, anche quella più difficile. Potrebbe essere questa ad oggi la sintesi dell’attività aziendale della Montello?

«Quella di Montello Spa è la storia di un’azienda che ha avuto l’intuizione e l’abilità di trasformare la crisi siderurgica in un’importante occasione di business e di nuova occupazione. Sino al 1995, producevamo acciaio e tondo per cemento armato. Nel gennaio 1996 lo stabilimento è stato riconvertito in attività di recupero e riciclo di rifiuti, un settore in cui alla fine degli anni ’90 non si guardava come ad un’opportunità ma bensì a un problema. Grazie a quella intuizione, oggi siamo un esempio riconosciuto di quella che viene definita “economia circolare”, un sistema pianificato che consente di riutilizzare i materiali riciclati in successivi cicli produttivi, sostituendo in tal modo l’utilizzo di fonti fossili».

La Montello nel 1996 inizia a trattare i rifiuti plastici. Ci ricordi qual era il contesto e quali tecnologie innovative sono state introdotte per avvantaggiare il lavoro degli operai e aumentare la produttività.

«Nel 1996 la Montello inizia l’attività di selezione, recupero e riciclo degli imballaggi in plastica post-consumo provenienti da raccolta differenziata. Proprio in quegli anni nasceva il consorzio obbligatorio a sostegno del recupero degli imballaggi in plastica post-consumo, COREPLA, operante nell’ambito del Consorzio Nazionale Imballaggi CONAI. Le prime società attive nel settore recuperavano gli imballaggi in plastica solo attraverso una selezione di tipo manuale, con tutte le problematiche igienico-sanitarie connesse. Noi, per primi, nel 1998, con ricerca e sperimentazione di nuove tecnologie di selezione e recupero siamo riusciti ad evitare il contatto del rifiuto con l’operatore, applicando sistemi meccanici e lettori ottici per la separazione degli imballaggi in plastica per peso specifico, tipo di polimero e colore».

Con quali risultati?

«Siamo riusciti a realizzare il primo impianto in Italia completamente automatico, messo in funzione ad agosto del 2000, così da diventare oggi uno dei principali operatori nell’ambito del Consorzio CONAI -COREPLA. Poi, in quegli anni, sono stati installati a valle del trattamento di selezione diversi impianti di riciclo. Oggi, non solo sul territorio italiano, ma anche europeo, siamo il maggiore esempio di centro integrato di selezione, recupero e riciclo di questo tipo di rifiuto».

Qual è il quantitativo di imballaggi in plastica trattati?

«Vengono trattate annualmente circa 225.000 tonnellate di imballaggi in plastica post-consumo, dalle quali si producono, sia materie prime seconde sottoforma di scaglie di PET, granuli di HDPE, granuli di LDPE e granuli di MISTO POLIOLEFINICO, sia manufatti quali la geomembrana bugnata GEOMONT, che trova applicazione in edilizia».

A cosa viene destinata la produzione delle materie prime seconde?

«L’80% dei quantitativi di imballaggi in plastica trattati è recuperato in materia, il restante 20% è destinato a produzione di combustibili alternativi per cementerie e altiforni».

Il 2008 e il 2017 sono due anni decisivi per la Montello che ancora una volta si mette alla prova con nuove tecnologie e inizia a produrre biogas e biometano.

Ogni anno l’Azienda recupera e ricicla circa 600.000 tonnellate di rifiuti a matrice organica (FORSU) da raccolta differenziata. Nel 1997, quando la società comincia a trattare questa tipologia di rifiuti, ha l’obiettivo di produrre fertilizzante organico tramite un processo di compostaggio aerobico.

Ma dal 2008, grazie all’integrazione con un processo anaerobico, genera anche biogas con il quale produce energia elettrica e termica da fonti rinnovabili attraverso motori di cogenerazione dedicati.

Poi, a partire dal giugno 2017, il biogas è anche utilizzato per produrre biometano avanzato tramite un processo di upgrading che prevede anche il recupero dell’anidride carbonica, da riutilizzare nei diversi cicli produttivi, fra cui l’alimentare.

A valle di questi processi, una fase di compostaggio aerobico del digestato consente di continuare a produrre un fertilizzante organico di elevata qualità. La produzione annua di biometano, pari a circa 32 milioni di metri cubi, consentirebbe una percorrenza in automobile pari a circa 640 milioni di km.

Presidente, da dove arriva il rifiuto organico che la sua azienda trasforma in risorsa?

«I rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata non hanno limiti di territorialità e possono quindi circolare liberamente su tutto il territorio nazionale, come previsto dalla normativa nazionale ed europea in materia. Con la nostra capacità di trattamento equivalente ad un bacino di produzione di circa 6 milioni di abitanti, pari al 60% circa dell’intero fabbisogno lombardo, recuperiamo e ricicliamo prevalentemente i rifiuti organici prodotti a Milano e nelle altre province lombarde».

Come e da chi viene utilizzato il biometano prodotto dalla Montello?

«Il biometano, una volta purificato e compresso, viene immesso nella rete di trasporto nazionale di SNAM Rete Gas per la distribuzione agli utenti finali, a condizione che la qualità dello stesso, monitorata in continuo, rispetti gli standard previsti dalla normativa vigente. Il biometano può essere prelevato dalla rete e utilizzato dagli utenti sia come biocarburante per autotrazione che per altri utilizzi. Ad esempio per usi industriali, riscaldamento delle abitazioni civili o come gas da cucina».

Ci può spiegare come funziona il meccanismo che consente di recuperare l’anidride carbonica e come viene utilizzata?

«Il biogas generato dalla digestione anaerobica dei rifiuti organici FORSU è un gas biologico formato prevalentemente da biometano, circa al 60%, e da anidride carbonica, al 40%. Il processo di trattamento adottato dalla Montello consente, rispetto ad altri processi, di recuperare entrambe queste componenti: non solo quindi il biometano, ma anche CO2 contenuta nel biogas che, una volta purificata e liquefatta tramite un impianto dedicato, può essere utilizzata per usi industriali, incluso l’alimentare, ad esempio per la carbonatazione dell’acqua minerale».

Come ha reagito la popolazione che vive nei dintorni? Avete avuto delle difficoltà con i comitati dei cittadini prima di costruire l’impianto?

«Da quando abbiamo iniziato a trattare rifiuti a matrice organica abbiamo vissuto una fase di crescita tecnologica. Siamo passati dal trattamento di circa 90.000 tonnellate all’anno alle attuali 600.000, con una progressiva crescita dimensionale resa possibile soprattutto all’attenzione dedicata agli aspetti di natura ambientale, attestata dal fatto che la cittadinanza non si è mai opposta al rilascio delle relative autorizzazioni necessarie allo svolgimento delle attività di trattamento rifiuti, riconoscendoci un altissimo ruolo di tutela dell’ambiente, oltre che sociale».

Cosa si potrebbe migliorare per rendere la produzione e il trasporto dei materiali sempre meno impattante?

«I nostri obiettivi prioritari restano gli investimenti in ricerca e sviluppo finalizzati a trovare soluzioni tecnologiche e di processo sempre più innovative e rispettose dell’ambiente».

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