Pompa di calore: il dimensionamento giusto in base a clima ed edificio

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Uno studio di RSE mostra come cambiano, in relazione al clima e alle prestazioni energetiche dell'edifico, le prestazioni stagionali e annuali di una pompa di calore che dà sia riscaldamento che raffrescamento. Un lavoro che offre ai progettisti molti consigli utili e spesso per niente scontati.

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La parola chiave quando si parla di climatizzazione è “sistema edificio-impianto”: nessun progettista o installatore serio decide che impianto di riscaldamento e/o raffrescamento realizzare senza valutare prima approfonditamente le caratteristiche e i consumi dell’edificio.

Per le pompe di calore, che forniscono sia calore che climatizzazione estiva, il rapporto con l’ambiente che devono servire è particolarmente complesso e molte sono le variabili da considerare per un giusto dimensionamento.

Lo studio di RSE

Molto interessante a proposito è uno studio condotto da RSE. Partendo dal monitoraggio di una piccola unità di tipo aria/acqua dotata di inverter, i ricercatori RSE hanno sviluppato un modello analitico in grado di simulare, con passo orario, le prestazioni di macchine simili a quella monitorata e lo hanno integrato in un programma di simulazione dinamica del carico termico degli edifici sviluppato ad hoc.

Il risultato è uno strumento che consente di eseguire interessanti valutazioni, a partire dalla determinazione dei fabbisogni stagionali e delle potenze di picco necessarie per garantire la temperatura desiderata all’interno degli edifici, fino al calcolo dei fattori di prestazione di impianti a pompa di calore, sia a livello stagionale sia relativi all’intero anno.

Nella tabella sotto vedete i risultati di un’analisi su un campione di edifici residenziali, in parte monofamiliari e in parte bifamiliari, differenti per località (Milano, Roma e Palermo) e per epoca di costruzione (Anni ’80, Anni ’90 e nuovi).

Le prestazioni degli impianti sono rappresentate attraverso gli indici SCOP (fattore di prestazione stagionale in riscaldamento), SEER (fattore di prestazione stagionale in raffrescamento) e APF (fattore di prestazione annuale).

Rimandando all’interessante monografia dedicata da RSE alla pompe di calore per i dettagli dei calcoli, vediamo qualche consiglio ai progettisti che emerge dallo studio.

Il sovradimensionamento stagionale

Avere un’unica pompa di calore che soddisfa sia il servizio di riscaldamento che quello di raffrescamento è una soluzione interessante per edifici di piccole dimensioni. In questo caso il dimensionamento dell’impianto è da farsi sulla stagione più severa: l’inverno a Milano e a Roma e l’estate a Palermo.

“Questo aspetto non deve essere tralasciato perché una macchina dimensionata perfettamente sul servizio più severo può risultare molto sovradimensionata per l’altro servizio”, avvertono i ricercatori di RSE.

Negli edifici meno recenti di Roma e Milano, ad esempio la potenza che la macchina può erogare in raffrescamento è più del doppio del necessario. Ciò si ripercuote sull’efficienza stagionale che, nonostante la presenza di un inverter, risulta penalizzata dalla parzializzazione (meno 25% circa), come si vede nella tabella sopra.

A Palermo la situazione è opposta, in quanto il sovradimensionamento avviene in riscaldamento ed è rilevante solo per gli edifici nuovi (le riduzioni di efficienza sono del 19% nel bifamiliare e del 9% nel monofamiliare).

Le soluzioni: accumuli e pompe in serie

Per evitare questi effetti collaterali – consigliano da RSE – si potrebbe dotare l’edificio di un adeguato sistema di accumulo, il quale, però, comporterebbe una riduzione di efficienza a causa delle dispersioni termiche del serbatoio e un aumento dei costi di investimento.

Una soluzione alternativa potrebbe essere l’utilizzo di due pompe di calore in serie, di cui una di tipo reversibile, scelta in base alla minima tra la potenza termica e frigorifera, e l’altra, non reversibile, con funzione integrativa del solo servizio più severo.

In tal modo l’impianto sarebbe correttamente dimensionato per entrambe le stagioni; di contro, però, si avrebbe una maggiore complessità e un aumento dei costi.

Una variante, tesa a limitare gli svantaggi della soluzione precedente, consiste nell’utilizzo di un’unica macchina dotata di due compressori. “Tuttavia bisogna constatare la difficoltà di reperire sul mercato macchine pluricompressore nel campo delle basse potenze”, sottolineano gli autori dello studio.

Clima e coibentazione dell’edificio

Sovradimensionamento a parte, le prestazioni stagionali sono influenzate principalmente dal clima e secondariamente dall’età e dalla tipologia dell’edificio.

Il ruolo del clima è ovvio mentre la maniera in cui il tipo di edificio impatta sull’efficienza è più sottile. In particolare negli edifici più recenti e quindi migliori sotto il punto di vista dell’isolamento – emerge dallo studio – le prestazioni sono lievemente peggiori.

Ciò, si spiega, avviene perché negli edifici maggiormente coibentati il fabbisogno termico tende ad annullarsi nei giorni più miti e quindi, in media, gli impianti lavorano con temperature dell’aria esterna più basse.

Il fattore di forma gioca il medesimo ruolo dell’isolamento dell’involucro, cosicché negli edifici più dispersivi si ottengono risultati leggermente migliori (sempre parlando di prestazioni della pompa di calore, ovviamente).

In tali edifici, tuttavia, a parità di temperatura dell’acqua del circuito di climatizzazione (ipotesi assunta nelle simulazioni) è necessario disporre di emettitori con una superficie maggiore. “Altrimenti, per mantenere il medesimo livello di comfort, è necessario innalzare la temperatura di condensazione con una conseguente perdita di efficienza”, si avverte.

L’efficienza annuale e l’importanza della temperatura dell’acqua

Il valore che assume l’indice APF dipende soprattutto dal clima della località e le differenze che si osservano a livello stagionale per una medesima località tendono a compensarsi su base annuale.

Inoltre, nonostante lo sbilanciamento tra le potenze di picco estiva e invernale provochi un sovradimensionamento nella stagione meno severa e conseguentemente una cospicua riduzione delle prestazioni, a livello annuale l’effetto è attenuato.

Ciò – si spiega – avviene perché maggiore è lo sbilanciamento tra le potenze, minore è il peso dei consumi della stagione meno severa su quelli annuali.

In generale, il fabbisogno di energia termica utile per riscaldamento si riduce notevolmente per gli edifici più recenti, mentre quello per raffrescamento rimane pressappoco costante. Pertanto il peso delle prestazioni estive aumenta negli edifici più recenti (vedi grafico).

L’adozione di una strategia di compensazione climatica nella regolazione della temperatura dell’acqua del circuito di climatizzazione consente di migliorare le prestazioni.

“In particolare – sottolineano gli autori dello studio – il miglioramento è maggiore laddove gli inverni sono miti e le estati non troppo calde. Difatti, in modalità riscaldamento, il miglioramento è di circa il 7 per cento a Milano, l’11 per cento a Roma e il 18 per cento a Palermo. In raffrescamento, invece, le differenze tra le località sono meno marcate: il beneficio è intorno al 20 per cento a Milano, 21 a Roma e 17 per cento a Palermo”.

(Articolo originariamente pubblicato il 5 aprile 2018)

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