Ok del Consiglio Ue alla riforma del mercato ETS, ma con meno ambizione rispetto al Parlamento

Allargamento alle navi, creazione di un sistema separato per edifici e trasporti, eliminazione graduale delle quote gratuite: cosa hanno concordato i 27 stati membri.

ADV
image_pdfimage_print

Via libera del Consiglio Ue alla riforma del mercato europeo della CO2 (Emissions Trading Scheme, ETS), anche se con alcune differenze al ribasso rispetto alle indicazioni del Parlamento.

I ministri dei 27 Stati membri, dopo lunghe trattative, hanno approvato una posizione comune su un altro dossier di fondamentale importanza per il pacchetto Ue Fit for 55 che punta a ridurre del 55% le emissioni di CO2 al 2030.

Vediamo quali sono le intese raggiunte sul nuovo ETS, anche in relazione alla futura tassa alla frontiera sulla CO2 (il cosiddetto CBAM, Carbon Border Adjustment Mechanism) e sul Fondo sociale per il clima; ricordiamo che il Consiglio Ue nelle scorse ore ha approvato pure lo stop alla vendita di auto con motori endotermici dal 2035.

In generale, i ministri hanno concordato che il mercato ETS dovrà tagliare complessivamente le emissioni dei settori coinvolti del 61% al 2030, in confronto ai livelli del 2005; è il traguardo proposto da Bruxelles, mentre gli eurodeputati in plenaria il 22 giugno hanno votato per un obiettivo più ambizioso (63% di diminuzione).

Tale obiettivo sarà raggiunto con diverse misure, ad esempio eliminando una tantum dal mercato un certo numero di permessi di emissione in circolazione e aumentando il cosiddetto fattore lineare per la riduzione delle quote di CO2 disponibili; su questo ultimo punto, il Consiglio Ue si è accordato per il 4,2% mentre il Parlamento ha votato per un tasso di riduzione annuo del 4,5% (fino al 2025) e poi 4,6% negli anni successivi.

Di seguito gli altri aspetti più rilevanti decisi al Consiglio, che ora dovrà negoziare il suo orientamento con Parlamento e Commissione:

  • inclusione dei trasporti marittimi nel sistema ETS ma con alcune eccezioni, ad esempio per i ferry che coprono le rotte per le isole con meno di 200.000 abitanti;
  • creazione di un ETS separato per i combustibili fossili utilizzati in edifici e trasporti con partenza dal 2027, un anno più tardi rispetto alla proposta della Commissione Ue; gli Stati membri potranno esentare fino a dicembre 2030 i fornitori di combustibili dal nuovo sistema, se saranno soggetti a una carbon tax nazionale di importo pari o superiore al prezzo della CO2 sul mercato ETS;
  • eliminazione delle quote gratuite di CO2, nei settori interessati dal nuovo meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere, tra 2026-2035 come proposto da Bruxelles, mentre gli eurodeputati sono favorevoli a una partenza ritardata di un anno ma con un periodo complessivamente più corto (2027-2032);
  • eliminazione graduale dal 2027 delle quote gratuite assegnate al settore aereo;
  • creazione del Fondo sociale per il clima da 59 miliardi di euro per il periodo 2027-2035, finalizzato a ridurre i costi per i consumatori dovuti al nuovo ETS per edifici e trasporti.

Il sistema ETS, ricordiamo, è il mercato europeo per la compravendita di quote di CO2 che coinvolge industrie e centrali energetiche, applicando il principio “chi emette di più paga” e così incentivare investimenti in fonti rinnovabili e misure di efficienza.

Ad alcune industrie, come quelle della chimica e del cemento, sono assegnate delle quote gratuite, allo scopo di preservare la loro competitività nei confronti delle aziende estere che producono le stesse cose ma a costi più bassi, perché nei loro Paesi di origine le leggi ambientali sono meno restrittive.

Ma tali quote scompariranno gradualmente con la prossima entrata in vigore della tassa alla frontiera sulla CO2, che colpirà le importazioni Ue di alcuni prodotti cui sono associate alte emissioni di CO2 nei processi produttivi, tra cui cemento, acciaio, alluminio.

Difatti le due misure – quote gratuite e CBAM – non possono coesistere, altrimenti le imprese europee avrebbero un doppio vantaggio: i permessi gratuiti assegnati in casa e la tassa alla frontiera sui prodotti concorrenti.

ADV
×