“Un mondo di energie nuove da scoprire. Dalla cattura della CO2 alla fusione a confinamento magnetico, passando per biodiesel e gas liquefatto: ecco cosa ci riserva il futuro”, questo il messaggio dell’Eni sulle pagine del sito del sito del Corriere.
Cioè, non il solare e l’eolico che rappresentano larga parte della nuova potenza elettrica installata nel mondo.
Questa “disattenzione” non riguarda solo l’Eni. Anzi possiamo dire che nell’ultimo paio di anni c’è stato un rallentamento dell’interesse del mondo Oil&Gas rispetto alla transizione energetica.
Secondo Bloomberg una motivazione può essere legata al minor ritorno economico degli investimenti nelle rinnovabili.
Una cosa è certa. Lo scenario Net Zero al 2050 dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea) prevedeva un calo della produzione di petrolio e gas rispettivamente del 21% e del 18% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2022 e uno stop allo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas e di terminali di GNL.
Ma le strategie delle compagnie si stanno muovendo in tutt’altra direzione e gli interessi dei fossili sulle rinnovabili è molto ridotta.
Infatti, secondo la Iea, le compagnie petrolifere e del gas rappresentano attualmente solo l’1% degli investimenti nell’energia pulita a livello globale. E questo in uno scenario secondo cui fra 25-35 anni larga parte del mondo dovrà essere “climate neutral”.
Visto però che le rinnovabili sono ormai diventate estremamente competitive, stiamo assistendo ad uno sforzo su larga scala per mettere loro i bastoni fra le ruote. E siamo arrivati a vere campagne di disinformazione. Del resto, sono significativi i piani di alcune majors.
Secondo Exxon, ad esempio, la domanda globale di petrolio resterà sostanzialmente invariata da qui al 2050 sopra i 100 milioni di barili al giorno. Motivo per cui l’industria petrolifera dovrà continuare a investire in nuove ricerche.
Ma, mentre il mondo del fossile vede una continuazione del proprio business, in realtà, la valanga verde è partita.
Secondo BloombergNEF quest’anno nel mondo si installeranno ben 592 GW di fotovoltaico, con un incremento del 33% rispetto ai risultati del 2023 (grafico qui sotto). Un’ulteriore crescita dopo che lo scorso anno, a livello mondiale, il solare era aumentato dell’87% sui dati del 2022.
Ma la corsa delle rinnovabili dovrà accelerare malgrado l’aggressione russa all’Ucraina stia distraendo notevoli risorse verso le armi piuttosto che a favore della transizione energetica.
Anche se, nella prima fase della guerra i prezzi impazziti del gas avevano accelerato notevolmente il contributo del solare e dell’eolico, tanto che in Europa nel 2024 questo ha superato l’elettricità generata dai fossili.
Ma al momento si assiste ad un cambiamento delle politiche ai vari livelli. Se il lancio del Green Deal aveva favorito l’adozione di una serie di proposte per trasformare le politiche dell’Ue in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità, la nuova Commissione sembra meno determinata, pur dichiarando di voler perseguire gli obbiettivi climatici.
Resta però prevalente la spinta positiva. L’importanza della politica è chiaramente visibile dal cambio di passo che si è registrato con il nuovo governo laburista negli UK. Dopo lo sblocco dell’eolico sulla terraferma è stato preannunciato un innalzamento degli obbiettivi di decarbonizzazione entro la fine dell’anno. A settembre verrà spenta l’ultima centrale a carbone, una fonte che forniva il 39% della produzione elettrica nel 2012.
Un dato che ci ricorda come le evoluzioni della decarbonizzazione possano essere molto rapide.
Negli Stati Uniti vedremo cosa succederà con le elezioni di novembre. L’Inflation Reduction Act (IRA) sta dando buoni risultati e ha mobilitato mezzo trilione di dollari di investimenti nei settori manifatturiero, energetico e delle vendite. Secondo il MIT e Rhodium, gli investimenti effettivi nel settore manifatturiero ammontano a 89 miliardi di dollari, con un aumento del 305% rispetto ai due anni precedenti l’introduzione dell’’IRA.
E poi c’è la Cina. Pechino da anni ha puntato con decisione sulla transizione energetica dotandosi della più forte industria mondiale nei vari settori (rinnovabili, mobilità elettrica, batterie…).
Nel grafico in basso si evidenzia la crescita impressionante delle installazioni fotovoltaiche. Nel 2023 sono stati ben 217 i nuovi GW installati da Pechino.
Un’analoga accelerazione si evidenzia nel settore delle auto elettriche, che a metà 2024 hanno rappresentato la metà delle vendite di auto in Cina, con prezzi sempre più competitivi.
Insomma, il 2024 sarà alla fine un anno di transizione con alcuni paesi che spingono e altri ancora timidi. Sapendo però che per vincere la sfida climatica, gli sforzi complessivi dovrebbero essere maggiori.
L’articolo è tratto dall’editoriale del n.4/2024 della rivista bimestrale QualEnergia (in uscita). La seconda parte dell’editoriale: Rinnovabili in ritardo e sogni nucleari: la miopia delle politiche energetiche italiane)