Tra l’Abruzzo e l’Emilia-Romagna si leva il “no” allo sviluppo delle infrastrutture gas.
In primis il Consiglio regionale con sede a L’Aquila, dove la commissione Ambiente ha votato favorevolmente e all’unanimità la proposta di risoluzione Pd n. 20/2025 che impegna il presidente Marco Marsilio a “sostenere in tutte le sedi istituzionali la posizione di assoluta contrarietà al progetto linea Adriatica” (Gasdotto Adriatico, opera utile o superflua? La posizione di Snam e la replica).
Il voto si è svolto martedì 24 giugno e riguarda in particolare il metanodotto Sulmona-Foligno da 170 km, previsto entro il 2026, a cui aggiungeranno entro il 2027 le tratte Foligno-Sestino (114 km attraverso Umbria, Marche e Toscana) e Sestino-Minerbio (141 km tra Toscana ed Emilia-Romagna), oltre a una centrale di compressione vicino Sulmona.
I collegamenti complementari Massafra-Biccari (195 km tra Puglia e Basilicata) e Biccari-Campochiaro (73 km tra Puglia, Campania e Molise) sono già operativi, per una lunghezza complessiva di progetto pari a quasi 700 km, come si legge sul sito web della Snam.
Nell’atto approvato in Consiglio regionale si chiede inoltre di proporre una VIA aggiornata per il progetto e di condurre un’analisi indipendente su costi e benefici dell’opera considerando tutti gli aspetti in gioco.
“Ora è il momento di passare dalle parole ai fatti e di mettere in atto tutte le azioni necessarie per bloccare questo progetto”, commenta il segretario regionale Pd, Daniele Marinelli. “La Regione Abruzzo deve esercitare tutta la sua autorità. È giunto il momento di prendere una posizione netta e di difendere il nostro territorio”.
Greenpeace contro il rigassificatore di Ravenna
Risalendo i territori si arriva fino a Ravenna, dove lo stesso 24 giugno Greenpeace ha protestato contro il rigassificatore locale, avvicinando l’infrastruttura a bordo della nave Arctic Sunrise e di alcuni gommoni.
L’obiettivo dell’azione dimostrativo è stato “chiedere al Governo italiano di fermare gli investimenti sul gas fossili”, come si legge in una nota.
Secondo Federico Spadini, attivista per il clima di Greenpeace Italia, “dopo essere stati dipendenti per anni dal gas russo di Putin, ora l’alleanza con gli Stati Uniti mette il nostro futuro energetico nelle mani di Trump, intrappolando il Paese in una pericolosa dipendenza dal Gnl”, peraltro a livello di emissioni molto peggiore (si veda anche Gas Usa all’Italia: un’intesa vaga più insidiosa che utile).
Nella nota l’associazione ambientalista spiega che, “nonostante la domanda italiana di gas sia scesa del 19% fra 2021 e il 2024, e l’import nazionale di Gnl sia diminuito del 12% lo scorso anno, il Governo continua a investire su una rete del tutto sovradimensionata di infrastrutture fossili, come il nuovo rigassificatore di Ravenna, costato ben più del miliardo di euro che era stato preventivato. L’infrastruttura è stata inaugurata solo poche settimane fa e ha ricevuto il primo carico commerciale di Gnl l’11 giugno, proprio dagli Stati Uniti”.
Non solo Usa, in un approfondimento sul Gnl diffuso da Greenpeace il 23 giugno (vedi sotto il pdf) si sottolinea che “a parte qualche eccezione, i principali fornitori dell’Italia hanno Governi poco democratici: su un livello di democrazia da 0 a 10, il Democracy index 2024 assegna un punteggio di 1,92 alla Guinea Equatoriale, di 2,03 alla Russia, di 2,79 all’Egitto, di 3,17 al Qatar e di 3,55 all’Algeria”.