Le tecnologie per l’energia pulita rimangono altamente convenienti in Europa per quanto riguarda i costi, ma i produttori Ue stanno affrontando diverse criticità che ostacolano la loro competitività globale.
Secondo una nuova relazione della Commissione europea, “Progress on competitiveness of clean energy technologies” (link in basso), la principale minaccia commerciale arriva dalla Cina, ma anche da una mancanza di investimenti privati nelle aziende dei Paesi membri.
Il report è stato presentato insieme al Clean Industrial Deal e all’Affordable Energy Action Plan (Industrie pulite e costi dell’energia, ecco i piani di Bruxelles) e fa seguito alla Competitiveness Compass presentata a gennaio, in un pacchetto di provvedimenti e analisi che rilanciano il ruolo delle tecnologie low-carbon nell’Unione.
La competitività delle cleantech dell’Ue
Venendo allo stato di salute della manifattura delle singole tecnologie, per quanto riguarda il fotovoltaico si osservano diverse criticità.
L’obiettivo indicato dalla European Solar Photovoltaic Industry Alliance di raggiungere 30 GW di capacità produttiva annuale lungo tutta la catena del valore FV entro il 2025 è già stato superato per gli inverter (82 GW nel 2023) e sta per essere raggiunto per il polisilicio (29 GW nel 2024).
Ma il dato per i lingotti e i wafer è inferiore a 1 GW, mentre per le celle e i moduli siamo sotto ai 3 GW. Pesano molto i rapporti di dipendenza dalle importazioni di fotovoltaico dalla Cina.
La Commissione stima inoltre che il costo di produzione di un modulo nell’Ue sia superiore di circa il 60% rispetto al gigante asiatico.
Ulteriori sfide per i produttori europei sono rappresentate dall’eccesso di offerta proveniente sempre dalla Cina, che ha determinato un forte calo dei prezzi dei moduli sul mercato spot, scesi di oltre il 25% su base annua a 0,105 euro/Wp nel gennaio 2025.
Per quanto riguarda l’eolico, l’Ue per ora “ha mantenuto una posizione forte”, ma la sua competitività “è sempre più sotto pressione”.
Con il Net-Zero Industry Act, Bruxelles si è posta come obiettivo una capacità produttiva di almeno 36 GW entro il 2030. Nel 2024, l’Ue rappresentava il 12,6% della produzione globale di pale (circa 25 GW), il 12,5% dell’assemblaggio globale di navicelle (circa 35 GW) e il 21,8% della produzione di torri (circa 38 GW).
Nel 2023, le aziende comunitarie hanno fornito globalmente più di 27 GW di turbine eoliche. Tuttavia, la quota di mercato globale dei produttori locali è scesa nel 2023 al 23% (dal 30% del 2022), mentre i produttori cinesi sono contestualmente cresciuti dal 46% al 55%. Nel mercato interno, però, le aziende Ue continuano a dominare con una quota di mercato dell’89% (dati del 2023).
L’Europa resta poi un leader globale nell’idroelettrico (anche se il surplus commerciale è sceso dal picco di 466 milioni di euro del 2015 a 213 milioni nel 2023), nei carburanti sostenibili per aviazione e marina, nel biogas e biometano (in questi due copre quasi il 50% della produzione mondiale).
Il ritardo sulle batterie
Le difficoltà peggiori si riscontrano nelle batterie per veicoli e per lo storage. Secondo stime citate dalla Commissione circa 616 GWh di capacità produttiva pianificata in Europa sono stati cancellati, ritardati o ridimensionati. Di conseguenza, la quota dell’Ue nella produzione operativa globale di batterie, pari al 7% nel 2024, è destinata ad abbassarsi.
Ci sono stati anche tonfi molto evidenti, come quello del colosso svedese Northvolt che ha presentato istanza di fallimento nel novembre 2024.
La produzione europea di celle è inoltre soggetta a “rischi critici” per la catena di approvvigionamento, in particolare a causa della forte dipendenza dalla Cina per catodi e anodi e per i costi di produzione più elevati, in genere dal 70% al 130% in più per unità di capacità produttiva rispetto alla Cina.
Le sfide della manifattura europea
Per la Commissione questioni come gli elevati prezzi dell’energia, i rapporti di dipendenza dall’estero nella catena di fornitura e la carenza di manodopera stanno influenzando molto la competitività dell’Ue. Affrontare queste sfide sarà fondamentale per il settore.
Uno dei problemi urgenti da affrontare è la carenza di investimenti privati in ricerca e innovazione. La metà degli Stati membri ha aumentato la spesa R&I nelle tecnologie energetiche nel 2023, rendendo nel complesso l’Ue prima per spesa pubblica in questo settore.
Ma gli investimenti privati “rimangono significativamente più bassi rispetto a quelli delle principali economie asiatiche”.
C’è poi anche il tema dell’accesso al capitale di rischio. Per il 2024, i dati iniziali forniti dalla Commissione indicano che un “contesto macroeconomico difficile” ha contribuito a un ribasso significativo (-34% rispetto al 2023) di questo tipo di investimenti senza garanzia di rimborso. Un calo legato principalmente a una diminuzione dell’attività di venture capital e a un numero inferiore di investimenti su larga scala.
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