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Lotta alla crisi ambientale e riscatto sociale dei più poveri

L’ecologia deve incorporare anche una lotta per l’affermazione dei diritti degli ultimi. Ma questo è un terreno di forte conflitto. Il ruolo di una nuova formazione ed educazione ambientale.

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Nella visione dell’enciclica Laudato si’ le prime e vere vittime del degrado ambientale che sta soffocando il Pianeta sono i poveri della Terra.

Quelli, la maggioranza, che vivono in paesi soggiogati dal colonialismo che ne ha devastato gli habitat e cercato di cancellarne costumi e culture impoverendoli, e quelli – sempre più numerosi – relegati ai margini dei paesi considerati ricchi o sviluppati, dove si sono create delle enclave sempre più affollate di emarginati.

Se i poveri sono le principali vittime del degrado ambientale è da loro, dalle loro lotte e iniziative che può nascere insieme al loro riscatto sociale anche la rigenerazione fisica, climatica e biologica del Pianeta, a partire dalle campagne, dalle foreste e dai ghetti urbani in cui sono relegati, ma con un respiro, una carica di speranza, una visione del mondo che possono abbracciare tutta la Terra.

E poiché tra i deprivati della Terra il primato spetta ovunque alle donne è da loro che possono partire, e stanno partendo, le lotte e le iniziative per l’emancipazione delle loro comunità.

Ciò comporta che l’ecologia possa incorporare non solo un’aspirazione ma anche una lotta per l’affermazione dei diritti degli ultimi.

Non si possono far proprie le aspirazioni e le iniziative che mirano al riscatto dei poveri senza abbracciarne la lotta per l’ambiente; ieri avremmo detto sano, oggi dobbiamo dire almeno vivibile.

Con queste premesse, a mio avviso, l’educazione ambientale non può essere una materia di insegnamento da aggiungere o affiancare alle altre materie curriculari dedicandole qualche ora alla settimana o al mese: o si riesce a integrare questi temi cruciali all’interno dei programmi ordinari, ovviamente rinnovandoli radicalmente, oppure non si otterranno i risultati auspicati.

Per farlo, viste la complessità e la delicatezza degli argomenti da trattare, sono preliminari una formazione e ancor più una preparazione degli insegnanti da sviluppare non con delle lezioni ma con un libero confronto tra le opinioni di ognuno, mettendole a misurarsi con il contributo di esperti o cultori della materia.

La cultura ambientale è più che mai terreno di conflitto tra visioni del mondo contrapposte. La giustizia ambientale, il rispetto e la salvaguardia della capacità di rigenerarsi degli ecosistemi cui dipende la possibilità di sopravvivenza della specie umana sono indissolubilmente legati alla giustizia sociale che non è uno stato di quiete, ma conflitto, lotta contro le diseguaglianze sempre più mostruose che caratterizzano la società.

Per questo l’educazione ambientale non può evitare di entrare nel merito di questo conflitto, senza posizioni precostituite, ma aprendosi al confronto e alla verifica dei fatti.

Nella scuola conterà comunque la capacità di mettere al centro delle materie curriculari, sia in termini teorici sia pratici, il nostro rapporto con l’ambiente, con il vivente non umano.

Bisognerà ricostruire la storia e la geografia dell’umanità mettendo al centro il suo rapporto con la natura nelle diverse epoche, contesti e culture; sviscerare questo rapporto nella storia della letteratura e della filosofia, imparare a trattare le scienze dure, fisica, biologia, chimica come processi storici di trasformazione del nostro rapporto con il resto del mondo.

L’articolo è stato pubblicato sul n.1/2023 della rivista bimestrale QualEnergia

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