L’eolico offshore che piace agli ambientalisti: siglato manifesto con l’Anev

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Enorme il potenziale italiano per questa tecnologia, grazie soprattutto agli sviluppi della tecnologia floating, le turbine su basi galleggianti.

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Le polemiche sul parco eolico offshore al largo delle coste riminesi hanno riacceso il dibattito sul futuro di questa tecnologia in Italia.

Anche le associazioni ambientaliste si sono schierate a favore dell’eolico in mare, al contrario di chi invece lo definisce un “ecomostro” e conferma quanto il nostro Paese sia ancora inchiodato dalle barriere del Nimby (Not in my backyard, “non nel mio cortile”), come spiegato nell’articolo Eolico a largo di Rimini: come l’Italia rischia il naufragio contro le scogliere del Nimby.

Tanto che ieri, giovedì 5 novembre, Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club hanno firmato insieme con Anev (Associazione nazionale energia del vento) il “Manifesto per lo sviluppo dell’eolico offshore in Italia, nel rispetto della tutela ambientale e paesaggistica”.

Il manifesto è stato presentato al convegno digitale sull’eolico offshore, nell’ambito degli eventi online della fiera Key Energy 2020.

“Finalmente si prende atto del potenziale dell’energia del vento nei mari italiani”, ha commentato il presidente dell’Anev, Simone Togni. “Il settore eolico offshore italiano – ha detto Togni – è pronto a portare in Italia i benefici connessi con la propria attività, seguendo come di consueto i protocolli e le regole di tutela e salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio e offrendo in più, a fronte del potenziale di 900 MW installati, energia pulita pari a 2,38 TWh all’anno e 1.200 nuovi posti di lavoro”.

Il potenziale di 900 MW per le pale offshore, ricordiamo, è inserito nel PNIEC italiano (Piano nazionale su energia e clima) per il 2030.

Tuttavia, secondo i firmatari del manifesto, gli obiettivi del PNIEC sull’eolico offshore (neretti nostri) “dovranno essere significativamente rivisti al rialzo sulla base delle nuove tecnologie flottanti vicine alla maturità tecnologica e conseguentemente una percentuale significativa degli obiettivi PNIEC può essere raggiunta tramite l’eolico offshore”.

L’Italia riuscirà a salire su questo treno di nuovi investimenti e nuovi progetti, o rischia invece di perderlo?

Anev, Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club, si legge nel manifesto, “si rendono disponibili a collaborare per fare in modo che l’energia eolica presente nei mari italiani possa essere valorizzata al meglio per contribuire alla decarbonizzazione del nostro Paese e alla sua autosufficienza energetica, salvaguardando le attività economiche e gli ecosistemi marini”.

Intanto è stato avviato – scrive il Sole24Ore – l’iter per un mega progetto offshore con tecnologia floating tra Sicilia e Tunisia, MeDWos (Mediterranean wind offshore) proposto dal gruppo Toto e dalla sua controllata Renexia.

In ballo ci sono investimenti per 9 miliardi di euro per un parco da 2,9 GW con 190 turbine.

L’iter autorizzativo ha preso il via con la presentazione al ministero delle Infrastrutture della domanda per la concessione marittima e con lo scooping inviato al ministero dell’Ambiente. L’obiettivo è ottenere, entro il primo semestre del 2023, la valutazione di impatto ambientale.

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