I ricavi delle tasse sui prodotti energetici vanno utilizzati non solo a fini ambientali, ma anche per sostenere le fasce più povere della popolazione, quelle maggiormente colpite da un aumento dei prezzi di elettricità e gas dovuto ai meccanismi di carbon pricing.
Questo, in sintesi, il parere del Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea, nel rapporto Energy taxation and its societal effects (link in basso), che esamina le possibili conseguenze a livello sociale della fiscalità energetica-ambientale nel vecchio continente.
Ricordiamo che a giugno Bruxelles presenterà una proposta di revisione della direttiva sulla tassazione energetica, in modo da allinearla ai nuovi obiettivi Ue su energia e clima al 2030.
Il punto, osserva il Jrc, è che applicare il principio chi inquina paga rischia di pesare soprattutto sui conti delle famiglie meno abbienti incrementando così la povertà energetica.
È necessario, quindi, introdurre misure che consentono, da un lato, di penalizzare il consumo di carburanti fossili, da un altro lato di compensare le fasce di reddito più basse che altrimenti avrebbero difficoltà a pagare le loro bollette e a fare il pieno di carburante alle loro automobili.
Nel 2018, si legge nel rapporto, in Europa le tasse ambientali hanno generato ricavi per 324,6 miliardi di euro, di cui il 77% proveniente dalle tasse sui prodotti energetici.
Il Jrc poi ricorda, ad esempio, che le tasse in media fanno il 40% del prezzo finale della bolletta elettrica per le famiglie europee.
E con la revisione della direttiva i costi delle energie fossili sono destinati a crescere: lo scopo è orientare i consumi verso le tecnologie più pulite, favorire misure di efficienza, ridurre le emissioni di CO2.
Di conseguenza, si legge nel documento, è fondamentale impiegare i proventi delle tasse energetiche per obiettivi specifici, ad esempio per finanziare schemi di riqualificazione energetica delle abitazioni delle famiglie a basso reddito o per incentivare la realizzazione di nuovi impianti a fonti rinnovabili.
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