Investimenti in rinnovabili: cinque grafici per capire a che punto siamo

I dati più importanti del nuovo rapporto REN21 sulla transizione energetica. Resta un divario enorme tra annunci e misure concrete.

ADV
image_pdfimage_print

I combustibili fossili continuano a rappresentare la fetta dominante del mix energetico mondiale ed è necessario accelerare con urgenza gli investimenti in fonti rinnovabili, se si vuole puntare alla neutralità climatica nel 2050.

Anche il nuovo rapporto di REN21 (rete globale di organizzazioni specializzate nelle analisi delle politiche energetiche), il Renewables 2021 Global Status Report (link in basso), evidenzia il netto divario tra il dove stiamo andando e il dove dovremmo andare per risolvere la crisi climatica e uscire dalla dipendenza da carbone, petrolio e gas nei vari settori, dai trasporti alla produzione di elettricità, passando per le attività industriali e il riscaldamento degli edifici.

Nei giorni scorsi il G7 ha compiuto qualche passo avanti, riconoscendo in particolare che il carbone nel settore elettrico è la singola principale causa di emissioni di gas-serra e decidendo di stoppare nuovi finanziamenti internazionali a impianti a carbone senza CCS entro la fine del 2021.

Tuttavia, restano molte lacune negli annunci del G7 su tempi e modi della transizione energetica: mancano, ad esempio, obiettivi precisi e scadenze per realizzare un sistema energetico decarbonizzato e mancano indicazioni su quanti-quali fondi saranno resi disponibili per raggiungere le zero emissioni nette di CO2 a metà secolo.

Vediamo allora i dati più rilevanti che emergono dal rapporto REN21, aiutandoci con cinque grafici.

Per prima cosa, osserviamo che in dieci anni, dal 2009 al 2019, la quota di fonti fossili nei consumi finali di energia a livello mondiale è rimasta invariata al primo posto (80%), con le moderne rinnovabili, che includono idroelettrico e biomasse, aumentate di poco (da 8,7% a 11,2%).

Tuttavia, evidenzia REN21, nel 2020 non si è visto quel reset del sistema economico che avrebbe dovuto indirizzare molti più investimenti nelle tecnologie pulite, in risposta alla doppia crisi sanitaria e climatica.

Nei pacchetti di rilancio economico, infatti, le fonti fossili otterranno sei volte più finanziamenti e aiuti rispetto alle energie rinnovabili.

Una terza tendenza evidenziata nel rapporto è che nel 2020 non è aumentato, per la prima volta dopo diversi anni, il numero di paesi con politiche attive di supporto alle rinnovabili.

Al contrario, spiega il documento, è indispensabile definire continuamente nuove misure finalizzate a centrare gli obiettivi su energia e clima, che altrimenti sono destinati a rimanere scatole vuote.

Non basta quindi annunciare traguardi net-zero per il 2050 se poi non si agisce in modo coerente con queste affermazioni e con i previsti scenari di azzeramento delle emissioni.

Tra le tendenze positive, REN21 sottolinea che nel 2020 si sono installati oltre 256 GW di rinnovabili (+30% sul 2019) e che stanno crescendo i contratti pluriennali corporate PPA per le rinnovabili (Power Purchase Agreement), con cui le aziende acquistano elettricità 100% pulita da impianti eolici e solari. Ne sono stati siglati per 23,7 GW lo scorso anno, segnando un +18% in confronto ai dodici mesi precedenti.

Infine, con il quinto grafico che proponiamo, si vede che solo cinque membri del G20 (Ue, Italia, Francia, Germania, Uk), hanno fissato traguardi per le rinnovabili negli usi energetici finali nel 2020.

In sostanza, afferma REN21, i governi devono fare molto di più per promuovere le fonti pulite ed eliminare i combustibili fossili.

Una via per riuscirci, secondo REN21, è quella di utilizzare le fonti rinnovabili come indicatore chiave di prestazione (KPI: Key Performance Indicator) in tutte le attività e decisioni economiche e in tutti i budget delle aziende pubbliche e private.

Il seguente documento è riservato agli abbonati a QualEnergia.it PRO:

Prova gratis il servizio per 10 giorni o abbonati subito a QualEnergia.it PRO

ADV
×