Industria green, la risposta Ue all’IRA Usa rischia di penalizzare l’Italia

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La contromossa di Bruxelles all'Inflation Reduction Act di Biden si basa essenzialmente sull'allentare i vincoli agli aiuti di Stato, favorendo i paesi con bilanci più solidi. Se ne discuterà al Consiglio europeo del 9-10 febbraio.

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La Commissione europea sta preparando la sua risposta al maxi piano Usa di sussidi alle tecnologie pulite (Inflation Reduction Act da 369 miliardi di $), con una comunicazione che dovrebbe essere presentata domani, mercoledì 1° febbraio, per poi essere discussa al prossimo Consiglio europeo del 9-10 febbraio.

Al centro della bozza di documento, anticipata dalla agenzia Euractiv, vi è la proposta di ridurre ancora di più i vincoli agli aiuti di Stato, in modo da facilitare e incrementare i finanziamenti pubblici nei vari settori della green economy (fonti rinnovabili, efficienza energetica, mobilità elettrica, idrogeno).

Una misura, questa, che piace ai Paesi che hanno bilanci più solidi e margini più ampi di intervento con la spesa pubblica, come Germania, Francia e i cosiddetti “frugali” tra cui Olanda e Paesi nordici. Invece gli Stati membri con elevati rapporti tra debito pubblico e Pil, Italia in primis, avrebbero maggiori difficoltà a beneficiare di un allentamento dei vincoli agli aiuti di Stato.

Il rischio insomma è che si creino nuove fratture sul mercato interno europeo e crescano i divari economici tra Paesi, in un momento che richiederebbe, al contrario, unità e coesione per non disperdere la potenza finanziaria e industriale dei 27.

Nella bozza di comunicazione si parla di una nuova legislazione industriale, battezzata Net-Zero Industry Act, che punta a fissare obiettivi per le capacità industriali al 2030 in alcuni settori-chiave per la transizione energetica.

Ciò dovrebbe evitare che le aziende europee spostino capitali e progetti negli Usa, attirate dai generosi crediti di imposta voluti da Biden per rilanciare gli investimenti verdi negli States.

La Ue teme, infatti, un possibile effetto “tossico” del piano Ira sul tessuto industriale europeo, che uscirebbe indebolito dalla politica americana di incentivi alle rinnovabili.

La contromossa europea, quindi, prevede di velocizzare i procedimenti per le autorizzazioni ai nuovi progetti e investimenti produttivi; si parla anche di stabilire standard europei di elevata qualità per le diverse filiere industriali, soprattutto quelle più innovative, al fine di assicurare un maggiore vantaggio competitivo alle aziende Ue sui mercati internazionali.

Per quanto riguarda le norme Ue sugli aiuti di Stato, queste sono già state allentate durante la pandemia e poi con lo scoppio della guerra in Ucraina.

Ora Bruxelles vuole rendere ancora più facile per i Paesi concedere sussidi alle industrie, senza una approvazione esplicita da parte della Commissione, introducendo un “Quadro temporaneo di crisi e transizione”.

In sostanza, evidenzia Euractiv, tale quadro semplificherebbe le procedure per tutti i progetti delle rinnovabili e darebbe agli Stati la possibilità di erogare sussidi più alti per pareggiare quelli concessi a progetti industriali analoghi, dai concorrenti in Paesi extra Ue.

Gli Stati membri potranno anche supportare le aziende con benefici fiscali, come i crediti di imposta, al fine di attirare più investimenti produttivi nei settori considerati strategici per la nuova economia net-zero.

La Commissione, stando alla bozza citata da Euractiv, è consapevole che una risposta europea incentrata sugli aiuti di Stato potrebbe portare a una frammentazione del mercato interno, avvantaggiando i Paesi più forti dal punto di vista finanziario.

Si riconosce quindi la necessità di incrementare i fondi europei, ma il testo rimane vago sul come, quanto e quando; si parla di utilizzare parte dei fondi esistenti, in particolare quelli dei Piani nazionali per la ripresa, mentre mancano dettagli precisi sulla proposta di istituire un nuovo fondo sovrano a livello Ue.

Un fondo di questo tipo, infatti, non è visto di buon occhio dalla Germania e dai frugali, i quali non vogliono gonfiare ulteriormente il debito pubblico europeo e puntano sulle iniziative dei singoli Stati membri.

Ricordiamo che a metà gennaio, a Davos, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aveva annunciato un nuovo piano industriale, battezzato Green Deal Industrial Plan, con cui rilanciare la competitività delle industrie continentali della green economy.

Un settore considerato molto importante è quello delle batterie al litio, dove si cercherà di aumentare la produzione made in Ue dei diversi componenti (celle, catodi) oltre a spingere sul riciclo di materie prime e sulla loro lavorazione “in casa”, riducendo così la dipendenza dalle importazioni.

Gli equilibri restano però delicati: la risposta europea dovrebbe mantenere compatto il fronte interno, senza scontentare troppo i singoli Stati (frugali e non frugali), e allo stesso tempo evitare uno scontro con gli Usa incentrato sul protezionismo, che potrebbe finire per ostacolare, anziché favorire, la stessa transizione verde.

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