Gli impatti della demografia sui cambiamenti climatici

Un nuovo studio del Joint Research Center (JRC) della Commissione europea esplora le opportunità e le sfide dei mutamenti demografici, in relazione alle politiche per il clima.

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Con l’invecchiamento della popolazione europea, le generazioni più anziane saranno sempre più responsabili delle emissioni climalteranti complessive.

Gli scienziati stimano, infatti, che entro il 2060 il 39% delle emissioni totali dell’Ue sarà prodotto da persone di età superiore ai 65 anni, secondo la Commissione europea.

La demografia, però, di solito è appena menzionata e scarsamente considerata nella cassetta degli attrezzi delle politiche di mitigazione e adattamento al clima.

Nel tentativo di aumentare la consapevolezza su questi temi, un nuovo studio del Centro comune di ricerca o Joint Research Center (JRC) della Commissione Ue, affronta una serie di questioni chiave, relative agli impatti che i cambiamenti demografici nell’Ue e a livello globale hanno sulle emissioni.

Relazioni complesse

Si prevede che la crescita della popolazione raggiungerà quasi 10 miliardi di persone entro il 2060.

Quasi per definizione, questo avrà un forte effetto sulle emissioni globali. Più persone consumano più risorse, emettono più gas a effetto serra e richiedono una produzione alimentare su larga scala, tutti fattori che esacerbano i livelli di emissione e l’aumento delle temperature.

Tuttavia, la relazione tra dimensioni della popolazione e cambiamenti climatici non è lineare né diretta, avvertono i ricercatori. Esiste cioè uno squilibrio tra i tassi di crescita della popolazione e i livelli di emissioni nei vari Paesi.

I principali responsabili delle emissioni, storiche e attuali, cioè Stati Uniti, Cina e Unione Europea, sono regioni in cui la popolazione ha già smesso di crescere o sta crescendo a un ritmo ridotto. Pertanto, le soluzioni immediate per ridurre le emissioni entro il 2050 devono provenire da un’economia mondiale più verde e da un cambiamento nei consumi.

La maggior parte della crescita della popolazione mondiale sta avvenendo nelle regioni del mondo che attualmente hanno le emissioni più basse e che sono le meno responsabili delle emissioni passate.

Tuttavia, si prevede che queste regioni compiranno i progressi più lenti in termini di decarbonizzazione, miglioramento dell’efficienza energetica e disaccoppiamento della crescita economica dalle emissioni.

È fondamentale, quindi, trovare un percorso sostenibile per il loro sviluppo economico, che non dipenda da modelli di consumo e produzione ad alta intensità di risorse.

Certezze di medio termine, incertezze di lungo termine

La popolazione mondiale ha raggiunto gli 8 miliardi nel novembre 2022 e continuerà a crescere per i prossimi 40 anni. La popolazione europea sta invece invecchiando rapidamente e si prevede che inizierà a ridursi a partire dal 2026.

Ma mentre la crescita della popolazione mondiale nel medio termine è altamente certa, in quanto è guidata dall’attuale struttura demografica mondiale derivante dalla crescita passata, le proiezioni a lungo termine della popolazione mondiale sono invece molto incerte.

È importante però cercare di vedere lontano, perché il livello a cui la popolazione globale si stabilizzerà nella seconda metà di questo secolo, cioè se a 9, 10 o 11 miliardi, avrà un forte impatto sulle emissioni, in positivo o in negativo.

Fasi di vita e variabili da considerare

Oltre al reddito, le emissioni individuali sono determinate dall’interazione tra l’età e le spese totali, dalla composizione del paniere di spesa, dal luogo di residenza rurale o urbano e dalle dimensioni della famiglia.

Le emissioni delle generazioni più giovani sono per lo più causate dai trasporti, mentre per le persone più anziane le emissioni sono legate a spese residenziali come il riscaldamento e l’elettricità.

Tenendo conto di queste interazioni, e anche di una elettrificazione probabilmente più rapida nei trasporti rispetto all’edilizia residenziale, è possibile osservare un aumento delle emissioni pro capite con l’età.

Le famiglie che vivono in città hanno emissioni più basse grazie alle economie di scala urbane, a forme di mobilità più efficienti e a case più piccole. Tuttavia, questi vantaggi sono in parte vanificati dagli effetti sui consumi di redditi più elevati e da dimensioni familiari più ridotte, che portano a diseconomie di scala.

Gli anziani tendono comunque a emettere di più, perché spesso vivono in famiglie più piccole e i loro consumi si concentrano su esigenze ad alta intensità di carbonio, come appunto il riscaldamento o l’elettricità delle case.

Tenendo conto degli effetti dell’età sulle emissioni nelle proiezioni demografiche per l’Ue, il JRC ha stimato un aumento delle emissioni del 6% entro il 2039. Dopo questo picco, le emissioni dovrebbero diminuire del 4% entro la fine del secolo.

La previsione che entro il 2060, il 39% delle emissioni totali sarà prodotto da persone con più di 65 anni nell’Ue “ha delle implicazioni se consideriamo che il profilo di consumo degli anziani li intrappola in comportamenti ad alte emissioni, con limitate possibilità di cambiamento”, si legge nel rapporto.

Sarà quindi importante indirizzare le misure per l’efficienza energetica e le transizioni verdi soprattutto alle persone anziane e a basso reddito.

Ciò anche perché le generazioni più anziane sono meno propense a credere che il cambiamento climatico sia un problema molto serio e meno aperte a modificare i propri comportamenti personali, avvertono gli autori.

Futuro

I cambiamenti demografici sono per definizione sviluppi a lungo termine.

Sono importanti non solo per gli sforzi di riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche nell’influenzare la capacità di adattamento delle società per far fronte ai cambiamenti climatici già inevitabili.

Il problema è che gli sviluppi demografici a lungo termine sono difficili da influenzare.

L’innovazione a basse emissioni di carbonio sarà quindi una leva fondamentale per ridurre le emissioni e compensare le tendenze demografiche. Sarà molto importante, quindi, trasferire le tecnologie verdi ai Paesi che non hanno ancora creato una dipendenza dai combustibili fossili e dove attualmente sono prevalenti le giovani generazioni.

Occorre non solo comprendere l’urgenza della transizione climatica, ma anche capire come gli stili di consumo nelle diverse fasi di vita possano diventare più sostenibili. L’istruzione, l’urbanizzazione e la coesione sociale, hanno un ruolo fondamentale nella spinta della società verso l’azione ambientale e la sostenibilità.

La transizione climatica globale richiede sforzi coordinati a livello mondiale. I governi delle regioni che hanno la capacità finanziaria e tecnologica per essere i primi a muoversi, dovrebbero sfruttarla e dimostrare che questa transizione climatica è possibile.

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