Certe volte l’ambientalismo si scatena contro “facili bersagli”, particolarmente visibili a tutti e “odiosi”, ma, come si sa, le questioni sono spesso complicate, e magari poi si scopre che quel bersaglio non era proprio il peggiore. Oppure che abbatterlo non è facile come si pensava o, ancora, che è un bersaglio più “furbo” del previsto e muta, spuntando le armi di chi lo voleva morto.
Questi tre situazioni sembra si stiano verificando contemporaneamente nel caso dei motori diesel, da tempo additati come gli inquinatori sommi delle nostre città, soprattutto di NOx, gli ossidi di azoto che il motore diesel produce in quantità e che, a causa dei suoi fumi ricchi di ossigeno, i normali catalizzatori non possono abbattere. E anche per la loro diffusione, fra i maggiori responsabili delle emissioni di CO2 nel settore dei trasporti.
Per questo motivo i movimenti ambientalisti chiedono da tempo la testa di questo tipo di motorizzazione, cominciando per esempio a togliere gli incentivi fiscali sul gasolio, presenti in diverse nazioni europee, Italia compresa, che la rendono più economica alla pompa rispetto ai motori a benzina, fino al togliere ai mezzi diesel il diritto di entrare nelle città.
Nell’ottica del “dagli al diesel”, per esempio, il gruppo ambientalista Transport&Enviroment, ha segnalato che sulle strade europee circolano ancora ben 51 milioni di auto diesel Euro 5 e Euro 6, quelle coinvolte nello scandalo dieselgate (la scoperta, nel 2015 che i test sugli inquinanti di auto diesel Volkswagen e di altre marche erano truccati da alterazioni nei software dei motori), e che, cosa più allarmante, nel 2018 quelle auto sulle strade europee sono aumentate addirittura del 12%.
Prima per numero di diesel “sospetti” è la Germania con 9,9 milioni, seguono Francia con 9,8, I’UK con 8,5 e l’Italia con 6,6 milioni. Un quarto di queste auto sono proprio VW, la marca più implicata nel dieselgate.
Dopo la scoperta dello scandalo, le case automobilistiche coinvolte hanno cercato di rimediare aggiornando i software montati sulle auto, ma secondo T&E, questa misura, consentita dalla Ue per non mandare a gambe all’aria l’industria dell’auto, non è sufficiente a riportare quelle auto nella norma: servirebbero kit di abbattimento degli inquinanti, che costano circa 3.000 euro per auto.
A parziale consolazione, in Germania le case automobilistiche hanno creato un fondo di 250 milioni di euro per incentivare il trasporto pubblico e la rinuncia alle auto nelle città tedesche, mentre in Italia il nuovo governo ha ventilato di cominciare a tagliare gli sconti fiscali sul diesel, ma già si sentono all’orizzonte i tamburi di guerra degli autotrasportatori e il tintinnare dei lunghi coltelli della lobby dell’industria automobilistica in Parlamento.
Nel frattempo, ricorda Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria onlus «l’Italia continua ad essere, di anno in anno, in testa alla classifica europea dell’impatto da NOx con una cifra spaventosa: 20.500 morti premature. È quindi indispensabile che il governo ottenga un’assunzione di responsabilità da parte delle case automobilistiche, istituendo un fondo analogo a quello ottenuto dalla Germania a supporto delle città, mentre i sindaci, da parte loro, devono attivare al più presto sistemi di divieto all’ingresso per i diesel nelle città, in modo da proteggere la salute dei cittadini dall’impatto terribile dei fumi emessi da questi veicoli velenosi».
Curiosamente, però, mentre T&E tuonava contro i diesel super-inquinanti, la rivista Altroconsumo faceva dei test su strada degli stessi, ottenendo risultati che, come ammettono gli autori delle prove, sono sorprendenti.
Se infatti test condotti da loro nel 2017 avevano confermato la falsità dei tassi di inquinamento ufficiali, quelli del 2019 indicano che la dura lezione del dieselgate è stata recepita.
«Rispetto ai test condotti due anni fa, le emissioni di inquinanti dei motori diesel infatti sono diminuite molto, proprio per consentire alle auto che hanno questo tipo di motore di superare le più stringenti prove di omologazione. La situazione tra diesel e benzina è quindi risultata ribaltata: oggi un buon motore diesel inquina meno di un equivalente a benzina», scrivono sulla rivista.
Altroconsumo ha svolto tre test sulle auto (non solo diesel, ma anche benzina ed elettriche): il Ciclo Wltp (l’omologazione su rulli già previsto dai test europei), il “ciclo autostradale“, che consente di rilevare meglio emissioni e consumi delle auto ad alta velocità e lo RDE, test su strada eseguito lungo un tragitto predefinito secondo i criteri stabiliti dalla Commissione europea.
Il risultati indicano che, fra i 30 modelli testati, le cinque auto con le minori emissioni inquinanti sono proprio diesel, e fra le migliori dieci solo tre sono a benzina. Se si aggiunge che i motori diesel, a causa della loro maggiore efficienza, sono anche quelli che consumano meno ed emettono quindi meno CO2 (intorno ai 4-5 litri/100 km, contro i 6 o più di quelle a benzina), ecco che viene da chiedersi se il motore diesel, almeno nella sua incarnazione più recente, sia proprio il diavolo rappresentato da T&E.
Per completezza, però, bisogna dire che Altroconsumo ricorda anche che in Italia i diesel più avanzati sono ancora una esigua minoranza: il 64% delle auto e il 72% dei furgoni e il 66% dei camion in circolazione, sono addirittura Euro 4 o più vecchi, quindi carrette che inquinano come delle locomotive a carbone, e per quelle, forse, gli esorcismi antidiesel hanno più senso.
È vero anche, però, che, prezzi a parte, oggi è disponibile un’alternativa definitiva alle auto con motore a scoppio, quelle elettriche che, a parte il particolato da freni e pneumatici, non emettono direttamente né inquinanti né CO2.
Fra loro le migliori, rileva Altroconsumo, hanno consumi di appena 14-17 kWh/100 km (circa un litro e mezzo di gasolio), ed emissioni di CO2 dalla produzione elettrica, considerando il mix italiano, intorno ai 50 grammi/km, contro i circa 130 g/km del diesel. Non c’è partita.
«Credo però che il diesel, ancora per diversi anni, continuerà ad essere indispensabile», ci dice il professore Stefano d’Ambrosio, che studia i diesel al Politecnico di Torino.
«Prima di tutto per problemi intrinseci legati alla mobilità elettrica: se in un tempo breve si passasse tutti all’elettrico, non ci sarebbero abbastanza punti di ricarica e adeguate infrastrutture di trasporto e trasformazione dell’energia. Servirà tempo per completare la transizione, e durante questo periodo i moderni motori diesel, che continuano a perfezionarsi, si riveleranno migliori di quelli a benzina sia dal punto di vista dei consumi, e quindi delle emissioni di CO2, e forse persino per gli inquinanti».
Questo non vuol dire però che la strada per la mobilità delle auto non sia già tracciata.
«Più volte, parlando con rappresentati dell’industria dell’auto, mi è stato detto che forza lavoro, ricerca e capitali si stanno spostando massicciamente verso l’elettrico, quindi immagino che non si torni più indietro. I tempi della transizione, però, dipenderanno più dalla politica che dall’industria: se i limiti alle emissioni saranno fatti scendere fino a livelli impossibili per i motori a scoppio, ecco che tutto avverrà molto rapidamente. Ma attenzione, perché ci sono settori dove al diesel non vedo alternative, ed è quello dei grandi motori: camion, trattori, macchine movimento terra, per andare con l’elettrico dovrebbero portarsi dietro tonnellate di batterie, riducendo di molto le loro performance».
Ma forse il diesel potrebbe essere alimentato con carburanti più sostenibili, come il biodiesel o il biometano liquidi, se non addirittura idrogeno.
«Alcuni biocarburanti possono imitare bene il gasolio, ma non so se siano producibili nelle quantità necessarie, senza incidere sulla produzione alimentare. Altri carburanti liquidi o gassosi diversi dal gasolio non sono però compatibili con i complessi, delicati e super efficienti motori diesel moderni. Certo, si possono immaginare camion o trattori con motori a ciclo otto, come quelli a benzina, per usare combustibili come il metano, ma si perderebbe efficienza e aumentando le emissioni di CO2. Quanto all’idrogeno, usarlo nei motori a scoppio è tecnicamente molto complesso e uno spreco assurdo, visto che è un combustibile che va prodotto usando energia elettrica: ha senso solo accoppiato a fuel cell e motore elettrico. Ma servirà molta più ricerca perché si possa pensare di usarlo nei mezzi pesanti», conclude d’Ambrosio.
Insomma, sembra che con il diesel dovremo conviverci ancora a lungo, forse più che tentare di esorcizzarlo, sarebbe meglio premere affinché sia perfezionato al massimo e affinché si rottamino gradualmente i diesel più vecchi e inquinanti.