Se sfruttate appieno, le risorse di petrolio e di gas scoperte nel 2024 porterebbero al rilascio nell’atmosfera di 12 miliardi di tonnellate di CO2, ovvero più di quanto deriverebbe da tutte le scoperte degli ultimi 4 anni messe insieme.
Nonostante tutte le evidenze dicano che non c’è più spazio per nuove esplorazioni se vogliamo contenere il riscaldamento globale all’interno degli 1,5 °C stabiliti dagli Accordi di Parigi, le ricerche in oil&gas sono in forte espansione.
Lo studio di Green et al. (2024) pubblicato su Science lo scorso maggio mostra ad esempio che nei giacimenti esistenti ci sono risorse fossili più che sufficienti per soddisfare la relativa domanda restando all’interno dei parametri della COP 21 francese.
Ma Paesi come Cina, Messico e Russia sono destinati a concedere nuove licenze anche nella seconda metà del 2024, mentre dal 2020 Stati Uniti, Canada, Australia, Norvegia e Regno Unito hanno rilasciato due terzi delle licenze mondiali.
Lo rileva l’International Institute for Sustainable Development (Iisd), think tank climatico indipendente con base in Canada, in un monitoraggio realizzato dopo aver analizzato alcuni dati globali raccolti dalla società di ricerca Rystad.
Il mese scorso sono state concesse 18 licenze in sei diversi Paesi, per un totale di 14,7 milioni di tonnellate di CO2 attese. La Russia ne ha concesse “solo” tre, ma l’emissione collegata ammonterebbe a 10,9 MtCO2, di gran lunga la quantità maggiore di tutti gli altri Paesi. Ma è la Cina ad aver concesso il maggior numero di licenze.
Venendo alle carbon major, in totale le aziende hanno speso circa 26,2 miliardi di dollari per cercare fonti fossili nei nuovi giacimenti scoperti negli ultimi 12 mesi. Equinor, Shell e BP sono stati i principali finanziatori, stanziando collettivamente 4,8 miliardi di dollari per l’esplorazione nell’ultimo anno.
Il mese scorso, le aziende che hanno investito di più (per un totale di 118,1 milioni $) sono state UDS-Group, China National Petroleum Corporation-CNPC e China National Offshore Oil Corporation.
Le licenze di esplorazione con le emissioni incorporate più elevate sono state acquisite da UDS-Group, CNPC e Chevron, principalmente da Russia, Cina e Guinea Equatoriale. La spesa in conto capitale per l’esplorazione globale (Capex) per progetti scoperti nello stesso periodo è stata pari a 374,6 milioni di dollari.
Olivier Bois von Kursk, consulente politico dell’Iisd, afferma in una nota: “L’eliminazione delle licenze per petrolio e gas è un passo logico successivo nella transizione verso l’energia pulita. I governi devono mettere in pratica l’accordo COP 28, in particolare quelli dei Paesi più ricchi, per guidare gli investimenti in settori più sostenibili”.
L’ultima analisi di Rystad sull’argomento mostra che le riserve globali di petrolio recuperabili sono rimaste sostanzialmente stabili a circa 1.500 miliardi di barili, in calo di “soli” 52 miliardi di barili rispetto alle stime fatte nel 2023.
Questa risorsa petrolifera rappresenta il limite massimo della produzione di petrolio nei prossimi 100 e più anni.
Secondo la ricerca, i membri dell’Opec contano su 657 miliardi di barili di petrolio recuperabile in base a criteri di convenienza economica, pari a circa il 40% del totale mondiale. Questi numeri ufficiali potrebbero però essere poco fedeli.
Ricordiamo che i consumi annuali mondiali di petrolio per il 2023 si attestano intorno agli 37,2 mld/b (circa 102 milioni di barili/giorno).
Venezuela, Iran, Libia e Kuwait rendono a sovrastimare le proprie riserve, mentre il Canada è l’unico Paese OCSE che apparentemente le sovrastima.
Tuttavia, i primi cinque Paesi con più petrolio da estrarre rimangono Arabia Saudita (247 miliardi barili), Stati Uniti (156 mld barili), Russia (143 mld), Canada (122 mld) e Iraq (105 mld).