Fotovoltaico residenziale con scambio sul posto, come scegliere la taglia giusta

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Un paio di esempi che dimostrano perché, oltre a massimizzare l'autoconsumo, è utile dal punto di vista del rientro dell'investimento dimensionare un piccolo impianto FV in base ai consumi reali dell'utenza.

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Molti si chiedono come vada dimensionato un impianto fotovoltaico residenziale (dai 2 kWp fino ai 6 kW, ad esempio), senza accumulo, ma utilizzando solo lo scambio sul posto, per avere dei tempi di ritorno dell’investimento interessanti.

Abbiamo scritto più volte che la taglia dell’impianto va sempre cucita sui consumi dell’utenza che vanno attentamente valutati nell’arco dell’ultimo anno. Sarebbe necessario analizzare le ultime sei bollette bimestrali, anche considerando i consumi nelle diverse fasce (F1, F2-3).

Le regole per ridurre la nostra bolletta elettrica con un impianto FV sono sempre le stesse: massimizzare l’autoconsumo (consumo puntuale rispetto alla produzione solare) e, utilizzando lo scambio sul posto (Ssp), fare in modo che nell’arco dell’anno elettricità prelevata e immessa in rete siano molto simili.

Un esempio di corretto dimensionamento

Per rendere chiaro questo aspetto presentiamo un esempio molto semplificato per una un’abitazione nel Lazio che ha consumi annuali stimabili in circa 3.300 kWh, per un costo in bolletta di circa 792 €/anno

Per questa utenza sarebbe opportuno realizzare un impianto FV con una potenza di 2,7 kWp, che potrà garantire in un anno in questa area del paese circa 3.500 kWh (ad esempio installando 9 moduli da 300 Wp, con una occupazione di 20-23 mq).

Ipotizziamo che il costo di questo impianto installato sia di 5.500 € iva inclusa (non considerati eventuali finanziamenti) e che l’autoconsumo degli abitanti della famiglia possa essere portato, anche con alcuni accorgimenti (uso di alcuni elettrodomestici quando l’impianto solare produce) intorno al 35%.

Ciò significa che nell’intero anno (con punte massime a luglio e agosto, e minime a dicembre-gennaio) su tutta la produzione solare annuale dell’impianto FV, circa 1.225 kWh verranno autoconsumati.

Per procedere a un calcolo economico (ripetiamo, semplificato) iniziamo a considerare che questi kWh autoconsumati non saranno pagati sulla bolletta (costo del kWh stimato in 24 cent€ incluso tasse e Iva), quindi avremo un primo risparmio di:

1.225 x 0,24 € = 294 € (risparmio in bolletta per autoconsumo)

Dobbiamo poi procedere con il contributo dello Ssp.

Secondo la formula, particolarmente complessa indicata dal Gse (vedi esempio), dobbiamo stimare l’energia prelevata e quella immessa.

Energia prelevata: 2.075 kWh (cioè 3300-1225)

Energia immessa: 2.275 kWh (cioè 3500-1225)

Vediamo allora come viene calcolato il valore dello scambio sul posto, considerando che questa convenzione annuale (rinnovabile tacitamente) è un meccanismo attraverso il quale viene valorizzata tutta l’energia immessa dall’utente nella rete elettrica, cioè una sorta di compensazione/rimborso parziale delle bollette pagate.

L’energia prelevata è valutata qui solo con il Prezzo Unico Nazionale, che sappiamo oscillare tra 50 e 60 €/MWh, quindi tra 5 e 6 centesimi. Qui consideriamo un valore di 5,3 cent€.

L’energia immessa è pagata secondo il prezzo dell’energia della zona di riferimento (in Italia ci sono 6 zone) e in base agli orari di immissione. Siamo nel Lazio, quindi la zona è quella del Centro-Sud. Ipotizziamo un valore medio di 5,2 cent€.

Per il calcolo del contributo in conto scambio dovremo prendere il valore minimo tra l’energia prelevata e quella immessa:

2.075 x 0,053 = 110 € (valore energia prelevata)

2.275 x 0,052 = 118 € (valore energia immessa).

Quindi utilizzeremo il primo valore, 110 €. Se il valore dell’energia immessa in rete è maggiore del valore dell’energia prelevata dalla rete si hanno le eccedenze, cioè un credito annuale esigibile nei confronti del Gse, che in questo caso è di appena 8 euro).

Ora vediamo qual è il valore al quale il GSE rimborsa l’energia che si cede; si tratta di un rientro dei costi fissi pagati in bolletta.

Questo corrispettivo è stabilito dalla Autorità per l’Energia (tabelle pubblicate nel 2018). Per consumi annuali sopra i 1800 kWh è, al momento, fissato in 7,9 cent€. Pertanto, si prenderà il valore minimo tra prelievi ed immissioni (quindi 2.075 kWh) e lo si moltiplicherà per questo corrispettivo:

2.075 x 0,079 = 164 €

Il contributo dello scambio sul posto sarà quindi dato da:

110 + 164 = 274 € (8 € di eccedenze non contabilizzate)

(a questa importo per impianti sopra i 3 kWp vanno pagate al GSE per la gestione dello Ssp 30 €+Iva, ma non è questo il caso).

Per valutare la convenienza economica dell’installazione di questo impianto residenziale il beneficio del contributo dello Ssp si aggiungerà al risparmio in bolletta per l’elettricità autoconsumata, quindi avremo:

294 + 282 = 576 €/anno (beneficio totale)

Consideriamo che il risparmio sulla bolletta elettrica annuale rispetto a prima della realizzazione dell’impianto FV è del 72%.

Grazie a questo benefico complessivo i tempi di ritorno di un impianto di 2,7 kWp, costato chiavi in mano 5.500 €, sarà di circa 9,6 anni.

Grazie alla detrazione fiscale del 50% in 10 annualità (importo annuale detraibile: 275 €), valida almeno fino 31 dicembre 2019, i tempi di rientro dall’investimento iniziale diventano di 6,5 anni.

Un impianto un po’ sovradimensionato

Poiché sappiamo che troppo spesso vengono proposti impianti FV residenziali sovradimensionati rispetto ai consumi elettrici dell’utenza (oltre che a costi troppo elevati rispetto a quelli di mercato, vedi QualEnergia.it), ci sembra utile fare un ulteriore sforzo per dimostrare la minore convenienza economica, sebbene non significativa, nell’installazione di un impianto con potenza fotovoltaica superiore al fabbisogno.

Ovviamente, questo ragionamento sarà valido se non avremo bisogno a breve di più elettricità. Se intendiamo, ad esempio entro pochissimi anni, installare delle pompe di calore per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti e per l’acqua calda sanitaria e/o acquistare un auto elettrica, potrebbe valer la pena pensare subito ad impianto di taglia maggiore.

Consideriamo ora che non sia questo il caso e immaginiamo di applicare questo esempio alla stessa residenza con uguali consumi e un livello di autoconsumo minore in  termini percentuali (30%) ma superiore in termini assoluti.

Vediamo così in sintesi i dati relativi ad un impianto più grande, pari cioè a 4,5 kWp, proposto anche per via dell’ampio spazio disponibile sul tetto (almeno 32-35 mq).

  • Costo impianto FV 4,5 kWp chiavi in mano: 8.000 € (iva inclusa)
  • Produzione annuale: 5.800 kWh
  • Consumo annuale: 3.300 kWh
  • Autoconsumo (30%): 1740 kWh
  • Energia prelevata: 1.560 kWh
  • Energia immessa: 4.060 kWh

Utilizzando la stessa procedura vista precedentemente vedremo che:

Risparmio in bolletta per autoconsumo: 418 € (1740 x 0,24 €)

Contributo scambio sul posto: 206 € (a cui vanno tolti 30 € per servizio Gse) = 176 €

In questo caso abbiamo eccedenze per 128 euro. Queste eccedenze, che si hanno quando l’impianto fotovoltaico immette più energia di quanta ne preleva su base annuale, possono essere liquidate tramite richiesta di pagamento che va inoltrata al GSE entro il 31 gennaio dell’anno successivo. Ai fini fiscali la liquidazione va considerata come fosse una vendita e perciò come reddito aggiuntivo. Qui non consideriamo le eccedenze, pertanto:

Beneficio totale annuo: 594 € (418+176)

Considerando i costi chiave in mano di questo impianto FV, a parità di consumi, il tempo di rientro dell’impianto sarà di 13,4 anni. Con la detrazione fiscale del 50% diventerà di 8 anni (ricordiamo che non sono contabilizzate le eccedenze).

Quindi, un periodo di pay back time superiore al primo esempio di impianto, quello dimensionato in base ai consumi reali dell’utenza.

(Articolo pubblicato originariamente il 14 maggio 2019)

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