In poco meno di un mese sono andati esauriti i fondi (100 milioni di euro in totale) per il Reddito energetico nazionale, la misura rivolta ai soggetti con un Isee inferiore a 15mila euro (30mila euro nel caso di nuclei familiari con almeno quattro figli a carico) per l’installazione di un impianto fotovoltaico domestico a costo zero.
Lo ha reso noto il Gse con una nota pubblicata ieri 6 agosto.
Complessivamente, per l’anno corrente, il Fondo prevedeva 80 milioni per le Regioni del Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), esauriti nelle 24 ore successive all’apertura dello sportello, avvenuta lo scorso 5 luglio, e 20 milioni per le restanti Regioni e province autonome, ora esauriti anch’essi.
Sud e isole hanno fatto pervenire oltre 10.500 richieste al Gestore. Circa 2.300, invece, quelle arrivate dalla restante platea.
Secondo il decreto 8 agosto 2023 del Mase, che istituisce il Reddito energetico, il Gse potrà riaprire lo sportello nel caso in cui, a seguito di rinunce ed esclusioni, risultassero disponibili almeno 5 milioni di euro.
Il provvedimento prevede inoltre l’apertura di un nuovo bando nel 2025 per l’assegnazione di ulteriori 100 milioni.
I beneficiari potranno vedersi installare impianti fotovoltaici domestici, con potenza tra 2 e 6 kW, a costo zero, grazie a contributi in conto capitale in misura pari ai costi ammissibili (2.000 euro come quota fissa e 1.500 euro come quota variabile, cioè per ogni kW installato).
Gli importi servono a coprire interamente anche servizi obbligatori (per una durata non inferiore a 10 anni) come una polizza assicurativa multi-rischi, manutenzione e monitoraggio delle performance dell’impianto.
Il provvedimento ha dunque riscosso ampio successo, ma resta da capire se gli operatori riusciranno a superare le diverse criticità evidenziate (che abbiamo raccolto nell’articolo Il Reddito energetico nazionale è davvero un’opportunità?).
Preoccupa soprattutto la volatilità dei prezzi dell’assicurazione decennale obbligatoria, alla luce dei contributi giudicati troppo bassi.