L’energia europea senza il gas russo? I possibili scenari al 2050

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Uno studio danese prova a modellare gli impatti della riduzione delle forniture di gas russo sul mix energetico europeo al 2050. La soluzione sono le rinnovabili, il rischio è il carbone.

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Per rispettare l’Accordo di Parigi (temperatura media globale a +1,5 °C) il consumo di gas dell’Unione europea dovrà comunque essere fortemente ridotto, a prescindere dalla disponibilità o meno di gas russo.

Ma l’abbandono del carbone e della lignite potrebbe subire dei ritardi a causa delle limitazioni delle importazioni di gas dalla Russia, che in uno scenario meno ambizioso di contenimento delle temperature a 2 °C comporterebbero un aumento del prezzo dell’elettricità di 15 €/MWh nel 2025.

Sono alcune delle principali conclusioni di un gruppo di ricerca danese guidato dall’Università di Aarhus, che ha cercato di quantificare come un possibile calo delle esportazioni di gas russo verso l’Europa potrebbe influenzare il mix energetico e i piani di transizione energetica europei al 2050.

Circa il 34% del gas europeo proviene dalla Russia e l’affidabilità a breve e lungo termine di tali forniture è ora in dubbio, con molti Paesi fortemente motivati a ridurre rapidamente la loro dipendenza dal gas russo, sulla scia dell’invasione russa dell’Ucraina.

Il gas, tuttavia, sta svolgendo ancora un ruolo centrale nella strategia europea, come fonte di transizione più flessibile, meno costosa e con minori emissioni rispetto ad altri combustibili fossili, quindi per eliminare gradualmente il carbone e passare alle rinnovabili come fonti primarie per la generazione elettrica.

“Con la graduale eliminazione del gas russo, non abbiamo più gas a sufficienza per la cosiddetta fase di transizione. Questo significa che dobbiamo scegliere tra investire nell’installazione immediata di grandi quantità di energia eolica e solare o ripiegare sulle altre opzioni, compreso il carbone“, ha dichiarato Gorm Bruun, professore associato dell’Università di Aarhus.

Quali scenari?

Nella sua modellazione, il gruppo ha individuato due scenari basati su emissioni di CO2 che corrisponderebbero a un aumento della temperatura media, rispettivamente, di 1,5 e di 2 °C.

Nello scenario di 1,5 °C, la rapida diffusione delle rinnovabili e l’elettrificazione del settore del riscaldamento ridurrebbero la domanda di gas al di sotto di quella che può essere fornita anche se le esportazioni russe diminuissero del 34%.

La rapida diffusione delle pompe di calore per sostituire il gas fossile con l’elettricità come fonte di riscaldamento principale è sottolineata particolarmente dai ricercatori.

In uno scenario di 2° C, invece, la domanda di gas si ridurrebbe più lentamente e rimarrebbe superiore all’offerta disponibile fino al 2045, secondo lo studio “Long-term implications of reduced gas imports on the decarbonization of the European energy system”, pubblicato su Joule.

Ciò potrebbe costringere alcune parti d’Europa a continuare a fare affidamento sul carbone per l’elettricità e l’incertezza sui prezzi continuerebbe, hanno fatto notare i ricercatori, secondo cui i prezzi dell’elettricità nel 2025 sarebbero appunto più alti di 15 euro/MWh, in uno scenario in cui l’offerta di gas fosse limitata.

“Una riduzione della fornitura totale di gas in Europa potrebbe contribuire ad accelerare la diffusione delle fonti di energia rinnovabile, a condizione che i Paesi mantengano le loro ambizioni climatiche“, ha dichiarato Ebbe Gøtske, ricercatore dell’Università di Aarhus. “Altrimenti, rischiamo semplicemente che altri combustibili fossili sostituiscano il gas nel periodo intermedio verso la completa decarbonizzazione”.

La necessaria spinta alle rinnovabili

Lo scenario di 1,5 gradi richiederà un’azione incisiva da parte di tutti i Paesi europei, sia in termini di investimenti che di azioni regolatorie.

“È necessaria una massiccia diffusione delle fonti rinnovabili con fotovoltaico ed eolico. Dobbiamo installare circa 400 GW l’anno negli anni 2025-35, e questa sarà una sfida enorme per i politici europei”, ha detto Gøtske.

“Una transizione in linea con lo scenario 1,5 °C non solo diminuisce le possibilità di subire i peggiori impatti del cambiamento climatico riducendo le emissioni dirette di CO2, ma anche l’impatto potenziale delle emissioni a monte di gas, e può consentire agli europei di raggiungere e godere prima del tempo la libertà dell’indipendenza energetica“, hanno concluso i ricercatori danesi.

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