Emissioni metano: Environmental Defense Fund “perde” il suo satellite

Le sue immagini mostravano come le fughe di gas fossero molto superiori ai dati ufficiali. il satellite “probabilmente non recuperabile, indagini in corso”. La situazione mondiale sulle emissioni di metano.

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MethaneSAT, il satellite lanciato a marzo scorso dall’Ong Environmental Defense Fund per monitorare le emissioni di metano, da ormai 12 giorni ha perso i contatti con la Terra, tanto che l’organizzazione ha comunicato che ha perso potenza e che “probabilmente non sarà più recuperabile”.

Nei mesi scorsi, come avevamo riportato, il satellite ha dato conferma su quanto sostengono diversi studi scientifici, cioè che pozzi e gasdotti fanno finire in atmosfera molto più metano di quanto finora si credeva.

Una pessima notizia per il clima, dato che il metano è secondo solo all’anidride carbonica come impatto: su una scala temporale di 100 anni, ha un potenziale di riscaldamento globale 28 volte maggiore della CO2 e, sui 20 anni, è addirittura 84 volte più potente.

Le immagini di MethaneSAT hanno mostrato che le emissioni di gas nei bacini di produzione del Nord America e dell’Asia centrale sono significativamente più elevate di quanto attualmente riportato negli inventari esistenti basati su stime ingegneristiche.

Ad esempio, in Texas, le emissioni quantificate dal satellite sono da tre a cinque volte superiori alle stime dell’EPA, e quelle osservate nel Caspio meridionale sono oltre 10 volte superiori a quelle riportate nel database globale indipendente delle emissioni EDGAR del 2022.

Indagini in corso, resta il know-how

Gli ingegneri di Environmental Defense Fund  stanno conducendo un’indagine approfondita sulla perdita di comunicazione.

“Si prevede – spiegano – che ciò richiederà tempo, ma condivideremo i risultati ottenuti una volta disponibili. Grazie a MethaneSAT, abbiamo acquisito informazioni cruciali sulla distribuzione e sul volume di metano rilasciato dalle aree di produzione di petrolio e gas. Abbiamo anche sviluppato una capacità senza precedenti di interpretare le misurazioni dallo spazio e tradurle in volumi di metano rilasciato. Questa capacità sarà preziosa per altre missioni”.

Collaboreremo con partner in tutto il mondo per sfruttare gli algoritmi e il software associato, nonché la tecnologia ad alta precisione ormai collaudata, sviluppati nell’ambito della missione MethaneSAT, affinché il mondo abbia accesso a dati fruibili e di alta qualità sulle emissioni di gas serra a livello globale. Continueremo a elaborare i dati recuperati dal satellite e nei prossimi mesi pubblicheremo ulteriori immagini delle emissioni su scala regionale derivanti dalla produzione globale di petrolio e gas”, prosegue la nota.

Il Global Methane Pledge e l’azione europea

Se dal pozzo alla centrale elettrica, come a volte accade, si disperde più del 3% del gas, produrre elettricità da metano diventa addirittura peggio per il clima rispetto a generarla bruciando carbone, ha stimato l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea).

A novembre, la Commissione Ue ha lanciato la Methane Abatement Partnership Roadmap, un’iniziativa per accelerare la riduzione delle emissioni di metano nell’oil&gas. La cornice è quella del Global Methane Pledge, lanciato dall’Ue e dagli Usa alla Cop26 di Glasgow, cioè l’impegno sottoscritto ad oggi da 158 paesi a ridurre le emissioni globali di metano di origine antropica di almeno il 30% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2020.

A quell’impegno è seguita una dichiarazione congiunta firmata alla Cop27 da Usa, Ue, Giappone, Canada, Norvegia e Singapore. A Dubai l’anno scorso, l’Ue e i suoi Stati membri hanno promesso 175 milioni di euro a sostegno del Methane Finance Sprint, per accelerare la riduzione del metano e il primo regolamento al mondo in materia.

Il regolamento Ue/2024/1787, entrato in vigore il 4 agosto 2024, tra le altre cose impone l’obbligo di rilevamento e riparazione delle perdite e il divieto di gas flaring e gas venting.

Ma il problema, su cui la perdita di MethaneSAT ci fa ritornare, è che le fughe di metano non sono ben quantificate e a quanto pare sono molto più ingenti di quanto risulti dai dati ufficiali.

L’ultimo report della Iea

Il Global Methane Tracker 2025, pubblicato a maggio dalla Iea (link in basso), mostra che il settore dei fossili pesa oggi quasi un terzo delle emissioni globali di metano derivanti dall’attività umana, e le emissioni di metano del settore energetico mondiale restano al di sopra dei 120 milioni di tonnellate all’anno.

La stima dell’Agenzia è “considerevolmente superiore ai livelli indicati nei report ufficiali, ma la trasparenza dei dati sta migliorando”, si legge nel documento, che riporta che a oggi ci sono più di 25 satelliti in orbita in grado di fornire informazioni vitali.

Secondo il rapporto, circa il 70% delle emissioni annuali di metano del settore energetico potrebbe essere evitato con le tecnologie esistenti. Nel frattempo, una quota significativa delle misure di abbattimento potrebbe essere ammortizzata entro un anno, poiché il gas catturato può essere rivenduto.

L’analisi rileva un’ampia gamma di intensità di emissioni di metano tra diversi paesi e aziende, con le migliori che superano le peggiori di un fattore 100. “Aumentare la consapevolezza e diffondere le migliori pratiche prontamente disponibili sono essenziali per colmare questo divario”, si osserva.

Al momento, tuttavia, solo circa il 5% della produzione globale di petrolio e gas soddisfa in modo dimostrabile uno standard di emissioni di metano prossime allo zero.

Tagliare le fughe di metano avrebbe potuto rendere disponibili ai mercati circa 100 miliardi di metri cubi di gas naturale nel 2024, una quantità pari alle esportazioni totali di gas della Norvegia, mentre invece ogni anno a livello globale vengono bruciati in torcia altri 150 mld mc di gas.

Sulla base delle politiche attuali, secondo l’Agenzia, l’implementazione di soluzioni mirate per la mitigazione del metano nel settore dei combustibili fossili impedirebbe un aumento di circa 0,1 °C delle temperature globali entro il 2050. Ciò è paragonabile all’eliminazione di tutte le emissioni di anidride carbonica dell’industria pesante a livello mondiale.

I dati per i diversi settori e quelli per l’Italia

Secondo il report Iea, la principale fonte di emissioni di metano legate alle attività energetiche a livello mondiale è rappresentata dal petrolio estratto a terra, responsabile del 22,2% delle emissioni totali.

Subito dopo troviamo il carbone, che contribuisce per il 17,9%, seguito dalle bioenergie, con una quota del 14%, mentre il gas naturale estratto onshore genera l’11,6% delle emissioni di metano globali dal settore energetico.

Guardando ai dati sull’Italia, la Iea quantifica per il nostro Paese circa 1.600 kilotonnellate (kt) di emissioni di metano nel 2024, valore che ci colloca al quarantesimo posto a livello mondiale.

Come si vede dal grafico qui sotto, nel nostro paese quasi metà delle emissioni vengono dall’agricoltura, seguita dai rifiuti (33%).

Per quanto riguarda nello specifico il settore energetico, che pesa per il 17%, le emissioni di metano in Italia sono stimate in circa 276 kt, che valgono al nostro Paese la 49ª posizione nel ranking globale delle emissioni di metano legate all’energia.

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