Dl Aiuti quater, il taglio del Superbonus non convince i tecnici del Senato

Dubbi sui risparmi stimati dal Governo e sulla mancanza di coperture per la rateizzazione decennale dei crediti. Il dossier del servizio Bilancio di Palazzo Madama.

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In attesa che arrivino gli emendamenti al decreto Aiuti quater (dl 176/2022), per poi procedere con la sua conversione in legge, il servizio del Bilancio del Senato ha pubblicato una nota con diverse osservazioni sul provvedimento.

Tra queste, sono particolarmente interessanti i rilievi che riguardano il Superbonus.

Il decreto, ricordiamo, prevede i seguenti cambiamenti alla maxi detrazione del 110% in edilizia:

  • il Superbonus scenderà al 90% dal 2023 per lavori sugli edifici condominiali, con la possibilità di mantenere la detrazione al 110% per chi ha presentato la Cila entro il 25 novembre, anche se questa scadenza potrebbe essere ancora modificata durante la conversione in legge;
  • si potrà avere il Superbonus al 90% per tutto il 2023 per lavori sulle abitazioni unifamiliari, ma solo per interventi sulla prima casa e se il contribuente ha un reddito annuale non superiore a 15mila euro (calcolato applicando un quoziente familiare);
  • chi ha completato almeno il 30% dei lavori al 30 settembre 2022 avrà tre mesi di tempo in più – quindi fino al 31 marzo 2023 – per utilizzare il 110%.

Il decreto poi introduce la possibilità di fruire in dieci rate annuali dei crediti di imposta non ancora utilizzati, derivanti dalle comunicazioni di cessione o sconto in fattura, inviate all’Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022.

Le osservazioni del Senato

Gli esperti del Senato hanno dei dubbi, in particolare, sulle stime economiche, non ben documentate, inserite nella relazione tecnica che accompagna il dl 176/2022.

Si legge nel dossier del Senato (neretti nostri), la relazione tecnica “ipotizza un abbattimento del 20% delle spese sostenute dai condomini per l’anno 2023 rispetto ai dati 2022 in considerazione della circostanza che la riduzione dell’aliquota potrebbe indebolire l’incentivo dei contribuenti a fruire dell’agevolazione”.

Ciò porta a una “quantificazione di un recupero sull’orizzonte periodale considerato di 4,5 miliardi di euro“, ma la relazione “non fornisce alcuna informazione a sostegno dei motivi circa l’adozione della percentuale di abbattimento nella misura del 20%”.

Tendenzialmente, prosegue il dossier, “coloro che dovrebbero maggiormente risentire della misura sono le categorie reddituali con bassi redditi che rappresentano la platea più numerosa rispetto al totale dei destinatari. Inoltre, la riduzione della percentuale di detrazione potrebbe, tra l’altro, ridimensionare l’entità dell’investimento da effettuare in maniera che sia adeguato alle disponibilità economiche dei beneficiari”.

Per quanto riguarda la possibilità di fruire dei crediti di imposta in 10 rate, “si evidenzia che appare poco prudenziale, nonché non in linea con le norme di contabilità, non prevedere una apposita norma di copertura degli oneri, ma solo l’adozione di provvedimenti ex-post […]”.

Difatti, occorre osservare “che il suddetto meccanismo di correzione previsto dalla legge di contabilità, che si attiva in presenza di scostamenti dell’andamento degli oneri rispetto alle previsioni, non dovrebbe dispensare dall’individuare comunque una forma di copertura idonea ex-ante. La maggiore rateizzazione, in particolare, estendendo a 10 anni la possibilità di usufruire dei crediti d’imposta a fronte di una previsione a legislazione vigente che invece consentiva tempi più ristretti per l’utilizzo del beneficio, dovrebbe esplicare effetti sul gettito delle entrate tributarie differenti rispetto a quelli previsti a legislazione vigente”.

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