Diplomazia russa dell’energia nucleare e sicurezza energetica nel contesto dell’invasione in Ucraina

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Il ruolo dell’azienda di Stato Rosatom dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

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L’invasione dell’Ucraina e le ritorsioni della Russia nel settore energetico indeboliranno la posizione dell’azienda atomica di Stato russa Rosatom, danneggiando la sua reputazione di affidabilità come fornitore in Europa, ma la società controllata dal Cremlino potrebbe continuare a ricoprire un ruolo importante in ambito mondiale.

È quanto indicano Kacper Szulecki e Indra Overland, due ricercatori del Climate and Energy Research Group del Norwegian Institute of International Affairs (Nupi), in uno studio recentemente pubblicato da Nature Energy e consultabile dal link in fondo a questo articolo.

Obiettivi della ricerca

La Russia è il maggior esportatore di gas naturale al mondo, il secondo esportatore di petrolio e il terzo per il carbone. Tuttavia, media e dibattiti politici hanno generalmente tralasciato un altro settore in cui la Russia svolge un ruolo centrale per la sua posizione economica e diplomatica globale e che non è stato interessato dalle sanzioni: l’energia nucleare.

Tra il 2007 e il 2017, Rosatom ha avviato la costruzione di dieci reattori e tra il 2009 e il 2018 l’azienda è stata la beneficiaria di 23 dei 31 ordini effettuati e di circa la metà delle unità in costruzione in tutto il mondo.

Il portafoglio di commesse estere del gruppo Rosatom, oltre alla costruzione di reattori, comprende la fornitura di combustibile e altri servizi, si estende a 54 Paesi e, secondo la società controllata al 100% dal governo russo, tali attività hanno un valore di oltre 139 miliardi di dollari in un periodo di dieci anni.

Sebbene tale cifra sia con ogni probabilità gonfiata, il coinvolgimento e l’uso dell’energia nucleare da parte della Russia come strumento di diplomazia energetica meritano di essere esaminati, secondo gli autori.

Che ruolo svolgono Rosatom e le sue filiali come bracci esecutivi della politica energetica russa? La diplomazia russa dell’energia nucleare è usata come una arma energetica vera e propria o è solo un esempio di potere economico e soft power come quelli di tante altre potenze?

“Soft power” e “hard power” senza soluzione di continuità

Nel contesto della guerra in Ucraina e della gestione delle fonti energetiche da parte della Russia per influenzare la politica internazionale, la contrapposizione tra arma energetica vera e propria e “soft power” è fuorviante, secondo i due autori.

Meglio pensare invece all’attività internazionale di Rosatom come ad un insieme di pesi e contrappesi, senza soluzione di continuità nella loro azione, capaci di creare a livello globale equilibri e interdipendenze diversi attraverso collaborazioni di intensità variabile, indicano i due ricercatori.

L’energia nucleare potrebbe essere sulla carta un asso nella manica della Russia in un mondo in via di decarbonizzazione.

Ma qualunque valutazione positiva sugli impegni internazionali di Rosatom nel comparto dell’energia nucleare appare fatalmente più ingenua dopo l’invasione dell’Ucraina, al punto da risultare praticamente improponibile, almeno in Europa, hanno indicato Szulecki e Overland.

Per la maggior parte degli Stati allineati con l’Occidente, potrebbe cioè risultare inconcepibile intraprendere qualsiasi tipo di nuova dipendenza o anche solo di cooperazione con la Russia in tema di energia nucleare.

Di conseguenza, sarà necessario per l’Occidente trovare fonti e catene di approvvigionamento nucleare che alla fine dovranno portare a una riduzione della dipendenza dalla capacità di produzione di combustibile nucleare di Rosatom.

Mondo non Occidentale

Il grande punto interrogativo per il futuro è se anche i Paesi non occidentali si allontaneranno dal nucleare russo o meno.

Attualmente, molti Paesi in via di sviluppo o non allineati hanno una visione positiva della Russia e sono orientati verso la sua visione del conflitto in Ucraina.

Subito dopo l’invasione dell’Ucraina, sette dei 14 Paesi con livelli di cooperazione alti o medi rispetto alla Russia non hanno approvato la risoluzione ES 11/1 delle Nazioni Unite che condannava l’aggressione russa, e molti di questi, come Cina, India, Iran e Bangladesh, sono stati classificati nella ricerca come “neutrali o favorevoli alla Russia” poco dopo l’inizio della guerra.

Il vantaggio principale di Rosatom consiste nell’essere una società verticalmente integrata, capace cioè di presidiare l’intera filiera nucleare e soddisfare tutte le esigenze con la fornitura di “pacchetti tutto compreso”.

Questi includono il know-how per la costruzione dei reattori, la formazione, il supporto per la sicurezza, i requisiti del regime di non proliferazione e opzioni di finanziamento flessibili, comprese linee di credito governative. L’azienda è anche in grado di scaricare da clienti stranieri il combustibile nucleare esaurito.

Tutto ciò rende Rosatom un partner conveniente, con cui l’energia nucleare può essere presa in considerazione da Paesi per i quali in precedenza era irraggiungibile, soprattutto in Medio Oriente, nell’Africa sub-sahariana e in Sud America, secondo la ricerca.

Dipendenza diretta

L’invasione russa dell’Ucraina ha innescato una serie di cancellazioni dei progetti di centrali nucleari di costruzione russa in vari Paesi, fra cui Finlandia, Giordania e Slovacchia.

Tuttavia, la maggior parte delle cooperazioni e dei piani di sviluppo non è stata cancellata e, come si può vedere dall’illustrazione tratta dallo studio, anche alcuni Stati membri dell’Unione europea, cioè Bulgaria e Ungheria, non avevano ancora cancellato i loro progetti di centrali nucleari russe al gennaio 2023.

L’illustrazione descrive il grado di dipendenza diretta dalle infrastrutture nucleari russe per la produzione complessiva di elettricità nei vari paesi, con il gruppo 1 il più dipendente e il gruppo 4 il meno dipendente.

Col passare del tempo, l’interruzione delle forniture energetiche all’Ue potrebbe minare la reputazione delle compagnie energetiche russe come attori squisitamente economici e indipendenti dalla politica di sicurezza nazionale russa, anche al di fuori dell’Europa. Ma al momento, la Russia appare godere ancora di credito, soprattutto nei Paesi non occidentali.

E, sebbene la quota della fornitura di elettricità sia la misura principale della vulnerabilità alle interruzioni accidentali o politicamente motivate dei flussi energetici, secondo gli autori dello studio, la politica energetica russa nel settore nucleare non può essere ridotta alla sola minaccia di tagli alle fornitura, per quanto importante sia questo aspetto.

Altre forme di influenza

“Esistono meccanismi di influenza che vanno oltre l’interruzione fisica della fornitura di energia”, hanno scritto, che devono essere presi in considerazione.

Anche se Rosatom non controlla completamente i flussi energetici e c’è solo una dipendenza infrastrutturale di secondo ordine, la presenza di ingegneri e/o operai stranieri nei siti nazionali critici può aumentare la probabilità di sabotaggio, secondo gli autori.

“Inoltre, si deve considerare l’ampia area di pratiche informali che emergono intorno ai grandi progetti energetici e ai grandi investimenti statali. Le dipendenze economiche creano opportunità di corruzione su larga scala”, hanno aggiunto.

Infine, le interdipendenze istituzionali creano le reti attraverso le quali la diplomazia energetica può essere formalizzata e il soft power esercitato. Sebbene non ci sia nulla di insolito in questo tipo di diplomazia energetica, analisti e studiosi sostengono che l’inazione di Europa e Stati Uniti porterà a un rafforzamento di queste dipendenze, secondo gli autori.

“Questo fa parte di un insieme più ampio di strumenti di soft power, che consente alla Russia di presentarsi come una potenza globale tecnologicamente avanzata, moderna e benevola, in grado di sostenere le nazioni a medio e basso reddito in tutto il mondo e offrire un approccio non ideologico, ‘che non vede il male’, che non rifugge da pratiche opache, dalla corruzione e non impone nei contratti commerciali clausole normative sul buon governo o sui requisiti dello stato di diritto”, hanno concluso Szulecki e Overland.

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