Ddl Bilancio e incentivi alle caldaie a gas: rischiamo l’infrazione Ue

Contraddetta la direttiva Case Green, che vieta da gennaio 2025 le agevolazioni per il riscaldamento a fossili. Equiparando Bonus Casa ed Ecobonus, inoltre, si rinnega la riforma annunciata nel Pniec, con spreco di risorse da usare per decarbonizzare il patrimonio immobiliare.

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Il Governo dice una cosa ma ne fa un’altra, facendo rischiare al Paese una procedura di infrazione Ue e sprecando risorse che avrebbero potuto essere indirizzate da subito alla sfida di decarbonizzare il patrimonio edilizio.

Sia nel Pniec che in Parlamento, infatti, l’esecutivo aveva annunciato una riforma dei bonus edilizi, che doveva promuovere gli interventi più efficaci per prepararci agli obblighi della nuova direttiva EPBD sulle performance energetiche degli edifici.

Invece, Palazzo Chigi ieri ha trasmesso al Parlamento un ddl Bilancio che abbassa gli sgravi per gli interventi di efficienza energetica, parificandoli a quelli dei lavori edilizi “semplici”, e che proroga gli incentivi alle caldaie a gas, in barba al divieto che la direttiva Case Green fa scattare da gennaio.

Cosa prevede il ddl Bilancio

Abbiamo spiegato ieri come cambiano i bonus edilizi secondo il ddl approdato alla Camera.

Solo per le prime case, il Bonus Casa nel 2025 resta al 50%, scende allo stesso livello anche l’aliquota per tutti gli interventi Ecobonus e Sismabonus, mentre il Superbonus è di fatto stralciato, dato che vale solo per lavori avviati prima del 15 ottobre 2024. Il Bonus Mobili invece resta invariato anche per l’anno prossimo.

In pratica, salvo correzioni del testo durante il passaggio in Parlamento, dal 2025 chi installa una pompa di calore o migliora la coibentazione dell’edificio non avrà più uno sgravio del 65%, bensì della stessa percentuale che si applica, ad esempio, a chi rifà un bagno: 50% o 36% a seconda che si tratti o meno dell’abitazione principale di chi sostiene la spesa.

Inoltre, come detto, l’incentivo potrà essere richiesto, come accade già oggi, anche da chi installa un sistema di riscaldamento o uno scaldabagno a metano, nonostante il divieto di sussidiare i sistemia a fonti fossili che scatterà da gennaio grazie alla direttiva Epbd-Case Green, la 1275/2024 sulla “Prestazione energetica nell’edilizia”, entrata in vigore a fine maggio 2024.

Il divieto di incentivare il riscaldamento a gas

L’articolo 17 comma 15 della citata direttiva, infatti, stabilisce che dal primo gennaio 2025 non si potranno più fornire incentivi di alcun tipo per l’acquisto, l’installazione e la messa in funzione di caldaie autonome alimentate a combustibili fossili.

La settimana scorsa poi, la Commissione europea ha pubblicato delle linee guida su come si debba applicare questo divieto.

In sintesi, per gli impianti a gas, sarà ancora possibile sussidiare solo i sistemi ibridi con una quota “considerevole” di energia rinnovabile, mentre si esclude la possibilità di agevolare le cosiddette caldaie hydrogen ready, almeno fino a che la rete del gas locale trasporta prevalentemente gas fossile.

Non c’è dunque margine di interpretazione sul fatto che gli Stati membri nel 2025 non possano continuare a incentivare caldaie a gas, nemmeno se a condensazione e in classe A o superiore, come prevede la normativa italiana sui bonus edilizi.

I decisori politici erano consapevoli della necessità di terminare il supporto ai sistemi a fossili, ma hanno deciso comunque di conservare nel ddl Bilancio l’aiuto alle caldaie a gas; aiuto che invece non ci sarà nel Conto Termico 3.0, che dovrebbe essere varato a breve.

Infrazioni Ue, non solo per l’EPBD

La direttiva Case Green deve essere recepita dagli Stati membri entro metà 2026, ma lo stop agli incentivi al riscaldamento a gas, come detto, si applica dal primo gennaio 2025. La legge di bilancio proposta dal Governo dunque comporterebbe l’avvio di una procedura di infrazione comunitaria, con possibili sanzioni che partono da un minimo di 7 milioni di euro, cui vanno aggiunti da 8.500 a 510.000 euro per ogni giorno di ritardo nell’applicare il divieto.

Incentivare le caldaie a gas di classe A è poi in contraddizione con la normativa europea anche senza tenere in considerazione la nuova direttiva sugli edifici.

Il regolamento Ue 2017/1369 sull’etichetta energetica (che in quanto tale si applica senza bisogno di recepimento degli Stati membri), all’articolo 7 dispone infatti che gli incentivi debbano puntare “alle due classi di efficienza energetica più elevate e significativamente popolate, o a classi superiori”.

La normativa italiana, che dà sgravi fiscali a caldaie in classe A quando sono in commercio sistemi di riscaldamento con etichetta A++ o A+++, non rispetta questa prescrizione. E lo stesso si può dire del Bonus Mobili, come detto prorogato per il 2025, che richiede un’etichetta energetica classe A per i forni,  E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, e F per i frigoriferi e i congelatori.

La riforma che resta nel cassetto

Caldaie a parte, equiparare al 50% Bonus Casa ed Ecobonus va in direzione opposta non solo a quanto servirebbe, ma anche a quanto annunciato dallo stesso Governo.

È infatti rimasta nel cassetto la riforma delle detrazioni per l’efficienza energetica tracciata nel Pniec e illustrata anche a fine settembre dalla vice ministra Vannia Gava, nonostante su questa rimodulazione al Mase si stia lavorando da molto tempo.

La direttiva Case Green, ricordiamo, prevede che gli edifici residenziali taglino il proprio consumo medio di energia del 16% nel 2030 e del 20-22% nel 2035, con almeno il 55% del risparmio energetico che dovrà venire dalla ristrutturazione del 43% degli edifici con le peggiori prestazioni.

La riforma delle detrazioni avrebbe dovuto appunto rimodulare gli incentivi per rendere più facile raggiungere questi obiettivi. Obiettivi contro i quali, ricordiamo, prima che venissero approvati ufficialmente le forze di governo hanno lanciato una massiccia campagna allarmistica.

La revisione mancata, di cui si può leggere nel Pniec presentato a giugno, prevede ad esempio “una modulazione dei benefici in funzione delle performance” e introdurrebbe un sistema “con durata almeno decennale”, indirizzato “prevalentemente alle unità immobiliari soggette all’obbligo della direttiva 1275/2024 cosiddetta Case Green: prime case, unità immobiliari con classe energetica bassa, situazioni di povertà energetica, ecc.”, tenendo anche conto delle performance sismiche per le aree ad alto rischio.

Le detrazioni future, si legge nel Pniec, sarebbero poi affiancate da “strumenti finanziari di supporto”, come finanziamenti a tasso agevolato anche a copertura totale dei costi di investimento, con condizioni di favore per le persone in condizioni di povertà energetica.

In Parlamento, Gava aveva citato indirettamente anche gli incentivi alle caldaie a gas, spiegando che dagli sgravi sarebbero state escluse “le tecnologie non più ammissibili secondo le norme europee”.

Insomma, le idee sembrano buone: peccato che si sia sprecata l’occasione della legge di Bilancio per renderle operative, preferendo invece andare in direzione contraria, con incentivi che premiano meno gli interventi che fanno risparmiare più energia e senza recepire la normativa Ue.

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