Creare carburante per gli aerei… dall’aria

Il gruppo del professore di ingegneria meccanica del Politecnico di Zurigo, Aldo Steinfeld, afferma di avere la soluzione: produrre cherosene per aerei dall’aria, usando solo energia solare.

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L’impatto degli aerei di linea sul clima non è trascurabile: combinando il miliardo di tonnellate di CO2 che emettono ogni anno e la capacità delle loro scie di intrappolare il calore, si calcola che siano responsabili di circa il 4-5% del riscaldamento globale.

Ed è un impatto difficile da ridurre, perché trovare un sostituto sostenibile, ma altrettanto leggero e potente, del cherosene avio, è complicato: in questo caso l’uso dell’elettrico, con le sue pesanti batterie, almeno per i grandi aerei di linea è escluso, mentre usare idrogeno vorrebbe dire dover riprogettare da capo i mezzi.

Certo, si possono sempre usare biocarburanti derivati da oli vegetali o alghe, come hanno iniziato a fare alcune compagnie aeree, anche se per ora mischiati in piccola percentuale al cherosene da petrolio, ma al momento sono molto più costosi del carburante fossile, e comunque, essendo legati per la produzione a uso di terra coltivabile, acqua e fertilizzanti, entrano in competizione con la produzione agricola e rischiano di causare una maggiore deforestazione.

Adesso il gruppo del professore di ingegneria meccanica del Politecnico (ETH) di Zurigo, Aldo Steinfeld, afferma di avere la soluzione: produrre cherosene per aerei dall’aria, usando solo energia solare.

Si tratta del metodo Fischer-Tropsch, inventato nella Germania nazista per produrre benzina dal carbone.

Produrre cherosene dall’aria sembra una magia oppure una teoria un po’ fantascientifica, ma non è così: il loro prototipo installato sul tetto dell’ateneo un paio di anni fa ha prodotto “dal nulla” qualche bicchiere di ottimo carburante, in alcuni mesi di prove.

“Nessuna magia, abbiamo integrato alcune tecnologie già note, ottimizzandole perché potessero funzionare con solamente con il calore del sole”, ci spiega Steifeld.

Come si produce?

“Il nostro dispositivo prima di tutto estrae CO2 e acqua dall’aria e li incanala in un reattore, dove vengono fatti reagire fra loro ad alta temperatura su catalizzatori per produrre un mix di ossido di carbonio e idrogeno, il cosiddetto syngas. Il syngas viene introdotto in una terza camera, dove, grazie al metodo Fischer-Tropsch, si ha una combinazione fra il carbonio e l’idrogeno, che permette, variando le condizioni di reazione e i catalizzatori, di formare idrocarburi con le molecole della lunghezza desiderata, o anche altre sostanze utili all’industria chimica, come il metanolo”.

Tutto il calore necessario al processo, nel loro prototipo, arriva dalla luce solare concentrata da un grande specchio parabolico. (vedi descrizione progetto).

Ma quanto viene a costare questo cherosene creato ‘dal nulla’?

“Applicando il nostro metodo su grande scala, abbiamo calcolato che si produrrebbe cherosene a prezzi simili all’attuale carburante fossile, ma senza sottrarre terreno agricolo e acqua alle popolazioni locali, e con una riduzione dell’impatto climatico fra l’80 e il 100%”, dice Steinfeld.

Certo, precisano nella ricerca, prima di arrivare a questa parità di costo, nella fase di diffusione della tecnologia, sarebbero indispensabili aiuti dalla politica, sotto forma di tasse sui carburanti fossili, o di incentivi a usare quelli sostenibili.

“Sarebbe ancora meglio imporre alle compagnie aeree l’uso di quote crescenti di carburanti a zero CO2 fossile, un po’ come si fa nella Ue per le auto”, aggiunge l’ingegnere svizzero.

Per minimizzare i costi, il posto ideale dove installare i futuri estrattori di carburante dall’aria in versione industriale, non sarebbe certo Zurigo, ma i deserti più assolati.

“Anche nel più arido dei deserti, l’aria contiene almeno 10 volte più acqua rispetto alla CO2, una proporzione più che sufficiente al nostro processo. In quei luoghi potrebbero sorgere complessi industriali costruiti intorno ad alte torri simili a quelle delle centrali solari termoelettriche, dove la luce viene concentrata da centinaia di specchi. Il loro riflesso colpirebbe una grande caldaia centrale, e il calore verrebbe accumulato in serbatoi di sali fusi a circa 500 °C “, spiega Steinfeld.

Così la centrale potrebbe funzionare giorno e notte, estraendo CO2 ed acqua dall’aria e convertendole in cherosene avio, o altri prodotti, che poi verrebbero distribuiti in tutto il mondo attraverso gli stessi oleodotti e mezzi di trasporto usati oggi per gli idrocarburi, senza bisogno di costruire nuove infrastrutture.

“Una centrale di 100 MW situata in un luogo assolato quanto il deserto arabico, assumendo un’efficienza complessiva modesta nell’uso dell’energia solare, circa il 10%, produrrebbe ogni giorno 95mila litri di cherosene, abbastanza per il volo di una grande aereo di linea con 300 passeggeri, da Londra a New York e ritorno: basterebbe usare 45mila kmq di Sahara, lo 0,5% del totale, per produrre in un anno i 414 miliardi di litri di cherosene sostenibile necessari a far volare tutti gli aerei di linea”, dice Steinfeld.

“E forse basterebbe anche meno superficie – aggiunge – perché la nostra tecnologia è ancora suscettibile di molti miglioramenti. Altri impianti simili potrebbero poi produrre sostanze utili per l’industria chimica o per le plastiche, sottraendo così CO2 dall’aria per lunghi periodi, oppure anche carburanti da usare per le centrali elettriche di back up per le rinnovabili”.

La diffusione di questo metodo conterebbe anche sul fatto che gli impianti previsti non funzionano grazie a metalli rari; l’unico, peraltro poco conosciuto, è il cerio, usato come catalizzatore per ottenere il syngas, che però non è raro e comunque non verrebbe consumato durante il processo.

Gli chiediamo: ma per diffondere ancora di più il vostro sistema, non sarebbe utile prevedere di usare come sorgente di energia non solo il calore solare, ma anche elettricità rinnovabile, così da poter installare impianti anche in paesi ricchi di altre forme di energia rinnovabile, come il vento?

“In realtà, visto che a noi serve soprattutto calore, ottenerlo con elettricità sarebbe meno efficiente e quindi più costoso, e, allo stesso modo, accumulare elettricità per l’uso continuo, sarebbe molto più complesso e costoso che stoccare semplicemente del calore. In definitiva usare l’elettricità aumenterebbe di molto il costo degli impianti e quindi del carburante prodotto”, ribatte Steinfeld.

Insomma, secondo questi ricercatori svizzeri, estrarre carburante avio dall’aria è fattibile e costituisce la soluzione migliore per far volare in modo sostenibile gli attuali aerei di linea.

Ma per far tornare a bordo anche Greta Thunberg bisognerà che risolvano anche il secondo modo con cui i jet alterano il clima: le scie di vapore che emettono e che aiutano a intrappolare il calore.

“Il nostro metodo produce cherosene di altissima qualità, che brucia in maniera particolarmente pulita, essendo privo di idrocarburi aromatici, zolfo, metalli o altre impurità. Produce quindi meno fuliggine, e visto che sono queste particelle a fare da nucleo di condensazione per il vapore, passare al cherosene estratto dall’aria con l’aiuto del sole, ridurrà anche la formazione delle scie”, conclude Steinfeld.

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