Così gli Stati rischiano di dover risarcire le aziende delle fossili

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Due studi fanno luce su come le aziende delle energie fossili proteggono i loro asset portando in giudizio i governi di fronte ai tribunali speciali per gli investitori.

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Nonostante gli impegni di aziende e paesi per decarbonizzare le proprie attività, molti asset fossili incagliati o resi poco remunerativi dalle politiche per il clima possono contare su un potente alleato che non ti aspetti: la legge.

La sopravvivenza di parecchi impianti e attività fossili è infatti sancita nell’ambito di interessi acquisiti, incastonati cioè in leggi e contratti fatti rispettare da speciali tribunali  nell’ambito di procedure di risoluzione delle controversie fra Stati e investitori.

In questo variegato quadro legale-legislativo, gli investitori proprietari di impianti a energie fossili possono fare causa ai governi che tentassero di chiuderli in anticipo rispetto agli accordi.

È quanto denunciato da un paio di recenti studi.

Le compagnie del carbone, del petrolio e del gas, per esempio, hanno usato il trattato internazionale della Carta dell’Energia, l’Energy Charter Treaty, citando in giudizio vari governi per complessivi 18 miliardi di dollari riguardo le loro politiche delle emissioni, secondo un’analisi di Global Justice Now.

Un altro studio, dell’International Institute for Environment and Development dell’anno scorso, ha invece rilevato che di 257 centrali a carbone di proprietà straniera in tutto il mondo, almeno tre quarti godono di qualche tipo di protezione nell’ambito di procedure di risoluzione delle controversie.

Infine, ci sono regole nazionali e statali sulle licenze e le royalty per le industrie estrattive, che spesso impongono ai locatari di continuare a produrre, vanificando gli impegni ufficiali di decarbonizzazione.

Tribunali aziendali

Come indicato in precedenti articoli, i finanziamenti per il clima che i paesi ricchi mettono a disposizione dei paesi a basso reddito sono ampiamente insufficienti e non rispettano gli impegni ufficiali.

Ma grazie alle sentenze dei tribunali, i paesi ricchi potrebbero finire per pagare in risarcimenti alle compagnie di combustibili fossili quasi quanto metteranno a disposizione del sud del mondo per rispondere alla crisi climatica, secondo Global Justice Now.

Gli oltre 18 miliardi di dollari di risarcimento menzionati sopra sarebbero infatti destinati ad appena cinque società dei combustibili fossili, che hanno querelato i governi di vari paesi per via di politiche climatiche che secondo loro contravvengono gli accordi con loro sottoscritti, ha sottolineato Global Justice Now nel suo studio Corporate courts vs the climate, How the fossil fuel industry is deterring climate action through secret tribunals.

In particolare, Rockhopper, una società britannica, ha fatto causa all’Italia per il divieto di perforazione petrolifera in mare aperto al largo della costa adriatica (in particolare per il blocco del progetto Ombrina Mare); RWE e Uniper stanno facendo causa ai Paesi Bassi per l’uscita dal carbone; Ascent Resources, anch’essa un’azienda britannica, ha fatto causa alla Slovenia per aver richiesto una valutazione d’impatto ambientale sui piani di fracking; mentre TC Energy ha fatto causa agli Stati Uniti circa la cancellazione dell’oleodotto Keystone per le sabbie bituminose, ha indicato Global Justice Now.

Si tratta di una cifra quasi equivalente nel suo complesso all’intero finanziamento annuale netto per il clima fornito dai paesi ricchi al mondo in via di sviluppo, che Oxfam ha stimato fra 19 e 22 miliardi di dollari. E la maggior parte di queste querele sono state intentate in base appunto all’Energy Charter Treaty.

I tribunali aziendali possono essere usati per gonfiare enormemente il costo della decarbonizzazione, favorendo uno stato di paralisi climatica, secondo Global Justice Now.

Ma cosa sono questi tribunali? Si chiamano ufficialmente organismi di “investor-state dispute settlement” o ISDS. Gli ISDS sono scritti nelle regole degli accordi commerciali e di investimento internazionali.

“Permettono alle aziende straniere di citare in giudizio i governi al di fuori del sistema legale nazionale – un sistema legale su misura che nessun altro può usare, che è fatto su misura per gli interessi aziendali. I tribunali che ascoltano i casi hanno solo bisogno di guardare se gli interessi degli investitori sono stati danneggiati da una nuova legge o politica”, si legge nello studio, consultabile dal link in fondo a questo articolo.

Questi tribunali non hanno bisogno di bilanciare gli interessi degli investitori rispetto all’interesse pubblico o alle ragioni per cui determinate leggi o provvedimenti possano essere stati introdotti, a prescindere che si tratti di salute pubblica, diritti dei lavoratori o azione per il clima, spiega lo studio.

I tribunali aziendali possono spesso decidere risarcimenti finanziari anche molto maggiori di quelli che le imprese potrebbero ottenere dai tribunali nazionali della giustizia ordinaria, con costi legali per i governi che possono essere nell’ordine dei milioni per combattere queste cause, si legge nello studio. Ora che i governi di tutto il mondo iniziano a intraprendere azioni climatiche più incisive, stiamo assistendo a un numero sempre maggiore di cause da parte delle compagnie di combustibili fossili che contestano tali azioni, secondo lo studio.

Un paese che approvi una legislazione significativa per eliminare gradualmente i combustibili fossili potrebbe insomma trovarsi a dover pagare multe di molti miliardi di dollari, nonostante abbia agito in modo del tutto legale, conclude Global Justice Now.

Sono oltre 2.600 i trattati di investimento che tutelano i beni delle multinazionali contro possibili comportamenti avversi degli stati e che permettono loro di portare i governi di fronte agli ISDS, si legge nello studio Raising the cost of climate action? Investor-state dispute settlement and compensation for stranded fossil fuel assets, pubblicato da Kyla Tienhaara e Lorenzo Cotula per l’International Institute for Environment and Development (IIED).

“Anche in assenza di procedimenti legali, la minaccia esplicita o implicita di ricorrere all’ISDS può rafforzare la posizione delle imprese nei negoziati con gli Stati”, hanno scritto i due ricercatori. “Di conseguenza, possono essere ottenuti più fondi pubblici per compensare il settore dei combustibili fossili rispetto a quanto accadrebbe altrimenti, rendendo più costoso, e quindi più difficile per gli stati, adottare misure di transizione energetica”, hanno aggiunto nello studio, consultabile dal link in fondo a questo articolo.

Gli asset incagliati delle aziende del settore idrocarburi variano, a seconda delle stime, da circa 1,5 a 7 trilioni di dollari a livello mondiale – una cifra enorme che potrebbe essere coperta in tutto o in parte dalle tutele di centinaia di trattati. Le multinazionali delle energie fossili, da parte loro, non hanno esitato in passato a far valere le proprie ragioni, come mostra questa tabella con i risarcimenti ottenuti negli ultimi anni dalle aziende più responsabili dei cambiamenti climatici, indicate come “carbon major”.

Lo IIED ha stimato che almeno il 75% dei 257 impianti a carbone considerati nel suo studio sono protetti da almeno un trattato, con la possibilità quindi di ricorrere agli ISDS. Tuttavia, la copertura legale consentita dai trattati è stata determinata solo sulla base dello Stato di origine della società madre.

Un approfondimento maggiore sugli investimenti esteri potrebbe indicare che la reale copertura dei trattati con ISDS è probabilmente ancora più alta, tenuto conto delle complesse strutture aziendali delle imprese del carbone, visto che l’esistenza di controllate in paesi terzi potrebbe consentire agli investitori di accedere alle tutele di trattati aggiuntivi, secondo lo studio.

La tabella sottostante mostra alcuni paesi con il numero e la percentuale di impianti a carbone di proprietà straniera, protetti da almeno un trattato con accesso agli ISDS, dove si può vedere che in Italia e Regno Unito gli investitori stranieri possono ricorrere ai tribunali aziendali per la totalità dei loro impianti.

La rilevanza di questi tribunali è evidenziata anche dai procedimenti ISDS in corso o minacciati in relazione a impianti a carbone in Canada e nei Paesi Bassi, oltre che dalle notizie secondo cui il governo tedesco avrebbe negoziato ingenti accordi di risarcimento con aziende dei combustibili fossili, in parte per evitare gli ISDS, hanno indicato i ricercatori.

Gli ISDS possono avere ripercussioni di vasta portata per la transizione energetica, non solo per le querele esplicite, ma anche per i processi sottotraccia che l’esistenza degli ISDS può stimolare indirettamente, comprese varie forme di regolamentazione e negoziati all’ombra degli ISDS.

Le grandi quantità di denaro in gioco possono rendere più costoso e difficile per gli Stati mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi, ma può anche creare un disincentivo per le imprese a disinvestire dalle attività legate ai combustibili fossili, secondo lo studio.

Per questo – hanno auspicato i ricercatori – gli Stati e le entità sovranazionali come l’UE devono affrontare le questioni associate agli ISDS e ai trattati di investimento, la maggior parte dei quali è stata sancita prima dell’Accordo di Parigi sul clima, cosa che solleva questioni di coerenza politica da affrontare urgentemente, hanno concluso.

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