Cos’è veramente la povertà energetica e come affrontarla con le comunità energetiche?
Un libro, dal titolo “Povertà energetica e Comunità energetiche – Criticità e prospettive per una transizione giusta” di Gabriella De Maio, interviene nella già ampia produzione scientifica e letteraria su queste tematiche.
Professoressa di Diritto dell’energia nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli, De Maio ha destinato alle note e alla bibliografia una parte preponderante del libro, che può essere considerata il primo grande valore per chi, essendosi perso nel mare magnum di direttive, regolamenti, normative e prime prassi, dovesse essere alla ricerca di una bussola per riorientarsi.
Professoressa De Maio, perché era necessaria una nuova pubblicazione sulla povertà energetica, concetto di cui, peraltro, non esiste ancora una definizione condivisa a livello europeo?
Esiste sicuramente un’ampia letteratura scientifica multidisciplinare sulla povertà energetica, perché è la stessa povertà energetica ad essere un fenomeno multidimensionale, comprendendo aspetti economici, sociali, tecnici e giuridici. È difficile darne una definizione giuridica così come è difficile individuare gli indicatori di povertà energetica per poi andarla a misurare.
Potremmo dire che una letteratura giuridica sul tema è in via di formazione e il libro ricostruisce questo percorso, che muove dall’assenza di una definizione comune di povertà energetica a livello internazionale ed europeo per approdare a un inquadramento più chiaro del fenomeno, sulla base proprio delle indicazioni fornite dalle istituzioni europee che comunque rimandano ad ogni Stato membro l’individuazione dei poveri energetici all’interno dei rispettivi piani nazionali per l’energia e il clima.
La Raccomandazione UE 2023/2407 pone l’accento sulla necessità che tutti abbiano accesso all’energia. Nessuno deve restare indietro, anche perché le persone in condizione di povertà energetica tendono ad utilizzare in modo inefficiente fonti energetiche fossili spesso molto inquinanti…
La Raccomandazione pone l’accento sui principi di accesso all’energia, di inclusività, di equità.
L’energia è il servizio essenziale nel quale i divari in termini di accesso sono i più marcati nell’UE. In tal senso si colloca anche l’obiettivo numero 7 dell’Agenda 2030 (SDG) che prevede di garantire l’accesso all’energia a prezzo adeguato, affidabile, sostenibile e moderna per tutti.
Quali sono in sintesi le cause della povertà energetica?
Sono tre le cause profonde identificate nella Raccomandazione: la spesa per l’energia rispetto al bilancio familiare, bassi livelli di reddito e scarsa efficienza energetica degli edifici e degli apparecchi. La situazione di un nucleo familiare, inoltre, può essere ulteriormente influenzata da fattori geografici e climatici, dalle caratteristiche della famiglia stessa, dal genere, dalle condizioni di salute, da specifiche esigenze energetiche e di trasporto proprie.
Va ricordato che la raccomandazione include nella spesa energetica anche i trasporti che, insieme alla qualità dell’abitare, consentono a un individuo di condurre una vita dignitosa e piena anche rispetto all’accesso al lavoro, allo studio, alla socialità.
Quali sono i pilastri a sostegno di un contrasto efficace alla povertà energetica?
Si distingue in genere fra due tipi di policy, di protezione e di promozione. Le misure di protezione incidono nel breve termine e hanno l’obiettivo di preservare un livello minimo di accesso all’energia; ad esempio con un sussidio economico o con la riduzione dei costi della bolletta per la famiglia in difficoltà.
Le misure di promozione, invece, tendono a sradicare la povertà energetica nel medio e lungo termine, ad esempio con il sostegno a interventi di efficienza energetica degli edifici a cui, come sottolineo nel libro, ritengo possano inserirsi anche le nuove forme di produzione di energia distribuita che dovrebbero da un lato cambiare lo scenario energetico italiano e dall’altro incidere positivamente sulle abitudini di consumo dei cittadini, responsabilizzandoli.
Nel libro lei cita buone pratiche con cui affrontare in modo strutturale la povertà energetica. Può fare qualche esempio?
Il sito web dell’EPAH, l’Energy Poverty Advisory Hub, riporta diversi casi che possono essere di ispirazione. Tra questi ricordo quello del Consiglio provinciale di Barcellona che ha avviato, attraverso le amministrazioni locali, interventi per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni dei soggetti vulnerabili. Cipro ha un progetto nazionale di monitoraggio delle abitazioni di questi stessi soggetti.
E in Italia?
C’è Energia su Misura che è un progetto partecipato, fra gli altri, da Rse, Comune di Milano, Metropolitana Milanese e Aisfor. Grazie al progetto, alle famiglie in stato di povertà energetica e vulnerabilità sono stati forniti dei kit per il monitoraggio dei consumi domestici oltre a consigli personalizzati da esperti rispetto a quali comportamenti modificare o adottare per ridurre i consumi di energia elettrica in casa.
Poi, il progetto Fair Energy Transition for All promosso dalla Fondazione Giannino Bassetti propone la figura del tutor energetico domestico per fornire consulenza ad ogni famiglia sul risparmio nei consumi energetici, l’accesso agli incentivi per l’efficienza energetica e le informazioni sulla sostituzione degli elettrodomestici con altri più efficienti.
Quali azioni potrebbero essere messe in atto, ad esempio sull’efficientamento di immobili residenziali, pubblici e privati, abitati da soggetti vulnerabili, per contrastare la povertà energetica?
Le misure strutturali, in particolare quelle per l’accesso all’efficienza energetica, alla ristrutturazione degli edifici o alle energie rinnovabili, richiedono un finanziamento costante. Tuttavia, le famiglie in condizioni di povertà energetica non hanno risorse proprie e hanno un accesso limitato a prestiti commerciali per cui necessitano di un sostegno finanziario che può assumere varie forme: sovvenzione immediata diretta, pagamento diretto per l’efficienza energetica o i lavori di ristrutturazione, prestito pubblico che consenta alle famiglie di ripagare l’investimento in funzione del risparmio sulla bolletta energetica, prestiti a interessi zero o a basso tasso di interesse o di qualsiasi altra forma di finanziamento in grado di aiutare i soggetti più vulnerabili a finanziare i lavori di rinnovo energetico.
Alcune risorse provengono anche dall’Europa?
Nella parte finale del libro ho evidenziato gli ingenti fondi destinati dall’Ue per supportare anche le politiche di contrasto alla povertà energetica. Tra queste, il Fondo sociale europeo Plus (FSE+) che promuove strategie di inclusione, anche abitativa, il Fondo Europeo Regionale e di Sviluppo (FESR) e il Fondo di coesione che rappresentano una delle principali fonti di finanziamento per i progetti di efficienza energetica.
Ancora, il Fondo per una transizione giusta relativo agli investimenti diretti ad alleviare gli impatti sociali ed economici della transizione, il supporto che la stessa Banca europea per gli investimenti (BEI) fornisce nel mobilitare investimenti pubblici che contribuiscono alla transizione verde, attraverso lo strumento di prestito del settore pubblico, terzo pilastro del JTM, e, da ultimo, il meccanismo tariffario di incentivazione previsto per le nuove forme di condivisione di energia.
Il contrasto alla povertà energetica è stato sempre presentato come uno degli obiettivi principali da perseguire con lo strumento delle CER. Oggi, anche in ragione della previsione di destinare la tariffa premio eccedentaria a progetti sociali, possiamo dire che le CER potrebbero essere tutte solidali. Tuttavia, al progredire del recepimento e dell’attuazione della direttiva, il valore economico che si potrà estrarre dalle CER è andato assottigliandosi: riduzione dell’incentivo in caso di contributo pubblico, tassazione, costi del GSE, costi di gestione. La coperta non sarà diventata un po’ troppo corta?
Premetto che prima di misurare la coperta bisogna cucirla. Al momento persistono delle criticità sull’incastro fra i vari tasselli del quadro normativo e regolatorio come ho evidenziato nel testo. Va detto però che lo scopo e la logica della CER non è strettamente legato all’incentivo ma, nelle intenzioni del legislatore comunitario, va nella direzione di rafforzare il senso di comunità e aumentare cultura, consapevolezza e responsabilità in ambito energetico.
Quindi la CER è un “modello valoriale” di condivisione di energia e anche di gestione degli impatti sociali della transizione, compreso l’aumento dell’occupazione e il rilancio dei territori. Non un “generatore” di risorse economiche che, tuttavia, potrebbero realizzarsi quando le CER saranno arrivate a maturazione e potranno fornire servizi ancillari e partecipare al mercato della flessibilità.
Big player energetici, Esco e utilities si propongono con soluzioni di CER chiavi in mano. Se da un lato le proposte possono rappresentare una agevole soluzione a tutti i problemi tecnici ed economico-finanziari, è evidente che l’impegno di questi soggetti dovrà essere remunerato e generare anche del profitto. Un’opportunità o un’ulteriore erosione della ricchezza da destinare al contrasto della povertà energetica?
Questi soggetti possono supportare le CER dall’esterno, mettendo a disposizione gli impianti o assumendo il ruolo di referenti. Indubbiamente è necessario un efficace sostegno da parte delle istituzioni, che devono garantire un quadro normativo certo e stabile con particolare riguardo agli incentivi.
Poiché, come sottolineato in precedenza, l’obiettivo della CER non è generare profitto, per quanto l’impegno dei soggetti che supportano la CER dall’esterno debba essere remunerato, suppongo che si avvicinino a questo modello per favorirne l’implementazione in linea con la ratio indicata dall’Ue, avendo la possibilità comunque di realizzare profitto in altri ambiti del mercato energetico.
Vede la fine dell’incertezza normativa, giuridica e fiscale che ci ha accompagnato fino a qui? Quali sono ad esempio i soggetti giuridici? Come tenere insieme pubblico e privato, Corte dei Conti, Agenzie delle Entrate, Gse: uno stillicidio di FAQ e delibere parziali. E anche i bandi regionali, non ancora pubblicati, creano incertezza nella realizzazione dei PEF.
Nel corso della fase sperimentale delle CER aperta dal Milleproroghe si è aperto un dibattito giuridico diventato sempre più intenso con il recepimento della Direttiva REDII, ad esempio in merito alle forme giuridiche, alla ripartizione degli incentivi, al ruolo degli enti locali. In questi ambiti, le istituzioni, ciascuna in base alle proprie competenze, hanno dato il proprio contributo tramite le disposizioni regolatorie di Arera, le deliberazioni delle sezioni di controllo della Corte dei conti, i provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate, le regole tecniche del Gse.
Ora spetta agli studiosi e ai professionisti, nel campo della tecnica e del diritto, senza trascurare il ruolo degli economisti, fiscalisti, sociologi, di individuare certezze interpretative nel regime applicabile al modello CER, anche al fine di favorirne l’implementazione. Il tutto con la necessaria collaborazione delle istituzioni e senza trascurare le criticità, ma anche le prospettive di questo cambiamento che sono state affrontate nel volume.