Contro il rincaro dei carburanti potrebbe arrivare l’accisa mobile

Secondo il MiTe, nessun problema per le forniture interne di gas, anche in caso di completa interruzione dei flussi dalla Russia già da questa settimana.

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L’esecutivo italiano “sta valutando l’ipotesi di praticare sui carburanti un’accisa mobile” per ridurre i prezzi finali di benzina e gasolio, ha dichiarato questa mattina il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, nella sua informativa urgente al Senato sui rincari dei costi energetici e sulle possibili soluzioni.

Cingolani ha anche precisato che una eventuale completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia,  anche già da questa settimana, “non dovrebbe comportare problemi di fornitura interna”, grazie al previsto miglioramento delle condizioni climatiche e una conseguente riduzione stimata della domanda di gas per uso civile pari a 40 milioni di metri cubi/giorno a fine marzo.

Eventuali picchi di consumi, ha aggiunto il ministro, “potrebbero essere assorbiti modulando opportunamente i volumi in stoccaggio o con altra capacità di import”.

In sostanza, in caso di stop del gas russo, problemi di approvvigionamento per l’Italia potrebbero avvenire solo se ci fossero ondate di freddo eccezionale entro fine marzo e-o una contestuale interruzione delle forniture su altre rotte di importazione.

Mentre nel medio termine, “sarà necessario comunque riempire gli stoccaggi al 90% per il prossimo inverno”.

Il governo italiano, ha poi ricordato Cingolani parlando del caro energia, nelle discussioni sul pacchetto europeo REPowerEU, ha proposto due misure: fissare un price cap temporaneo a livello europeo sulle transazioni di gas naturale all’ingrosso; disaccoppiare i prezzi di vendita dell’energia prodotta da fonti rinnovabili rispetto a quelli del parco termoelettrico, mediante una revisione delle regole del mercato elettrico.

Per quanto riguarda le possibili misure per aumentare la sicurezza delle forniture di gas nel breve-medio termine, ecco le principali citate da Cingolani:

  • incrementare la produzione termoelettrica a carbone e olio combustibile;
  • importare più gas algerino (arrivando fino a 9 miliardi di metri cubi/anno);
  • maggiore utilizzo dei terminali Gnl italiani;
  • incentivare il riempimento degli stoccaggi di gas.

Queste invece le possibili misure strutturali per eliminare la dipendenza dalle forniture di gas dalla Russia:

  • nuova capacità di rigassificazione su unità galleggianti ancorate in prossimità di porti, realizzabilein 12-18 mesi per circa 16-24 bcm (billion cubic metres, miliardi di metri cubi);
  • nuova capacità di rigassificazione onshore: sono realizzabili progetti per due terminali per complessivi 20 bcm/anno di capacità, già autorizzati, in circa 36-48 mesi;
  • raddoppio della capacità del Tap (Trans adriatic pipeline) da 10 a 20 bcm/anno;
  • sviluppo dell rinnovabili a terra e offshore fino a 8 GW/anno, equivalenti a circa 3 bcm di minori importazioni di gas;
  • sviluppo del biometano con potenziale di circa 2,5 bcm al 2026;
  • rilancio della produzione nazionale di gas sui giacimenti esistenti per 2,2 miliardi di metri cubi/anno, arrivando a una produzione complessiva di circa 5 miliardi di metri cubi;
  • introduzione di meccanismi di ritiro della produzione nazionale da parte del Gse a prezzi equi, da assegnare alle aziende energivore e alle piccole-medie imprese.

Nell’audzione il ministro ha ricordato il quadro in cui ci troviamo: da inizio anno il prezzo del petrolio sul Brent “ha toccato punte di oltre 130 $ al barile, dagli iniziali 78 dollari”, mentre il prezzo del barile si attesta in questi giorni “intorno ai 100 dollari e da questo conseguono gli aumenti dei costi dei carburanti, che hanno suscitato apprensione in numerose categorie produttive e, più in generale, nei consumatori”.

Difatti, i prezzi finali di benzina e gasolio hanno continuato a salire in queste settimane, portandosi stabilmente  sopra 2,2 euro/litro in modalità self e sopra 2,3 euro/litro per un rifornimento servito (dati riferiti a lunedì 14 marzo; da segnalare che oggi, mercoledì 16, le compagnie hanno ribassato i prezzi praticati).

Su questi numeri stanno pesando diversi fattori, tra cui la forte componente fiscale (Iva e accise fanno più del 50% del prezzo “alla pompa” nel nostro Paese), la debolezza dell’euro rispetto al dollaro, le speculazioni finanziarie, le tensioni sul mercato petrolifero (volatilità, squilibrio tra domanda e offerta), iniziate con la forte ripresa dei consumi di greggio dopo il lockdown e accentuate dalla guerra di Putin in Ucraina (si veda anche: Perché i prezzi dei carburanti stanno salendo così tanto?)

Cingolani ha poi evidenziato il “vertiginoso aumento” dei costi del gas e dell’energia elettrica.

Difatti, il prezzo del gas al Psv (Punto di Scambio Virtuale in Italia) è passato dai circa 20 €/MWh (0,2 €/Smc) di gennaio 2021 fino ai circa 160 €/MWh (1,7 €/Smc) delle prime settimane di marzo, con un aumento di quasi 8 volte e con punte giornaliere che hanno superato 200 €/MWh.

Mentre il Pun (Prezzo Unico Nazionale), si legge nell’informativa, ha raggiunto i valori più elevati da quando la borsa elettrica italiana è stata costituita, superando 600 €/MWh e attestandosi intorno a 300 €/MWh negli ultimi giorni.

Questo “anche come diretta conseguenza dei prezzi del gas naturale, che determinano il costo marginale degli impianti di generazione elettrica a gas, i quali fissano il prezzo del mercato all’ingrosso nella maggior parte delle ore”.

Documento allegato:

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