Conciliare rinnovabili e paesaggio, una relazione che va governata

Per raggiungere gli obiettivi al 2030 serviranno anche impianti fotovoltaici di grandi dimensioni. Dove farli in Sicilia e con quali taglie?

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Rinnovabili e paesaggio si possono conciliare? A leggere alcuni interventi sui media siciliani il matrimonio sembrerebbe impossibile (vedi anche Il fotovoltaico e la bufala sullo “specchio siciliano”).

Ma d’altro canto va ricordato a tutti quelli che hanno a cuore la bellezza del paesaggio siciliano, che, se la comunità internazionale non interverrà con rapidità sul clima, anche i nostri territori saranno sempre più a rischio di desertificazione, salinizzazione, alluvioni, tempeste di vento, innalzamento del mare.

Fortunatamente molti paesi si sono impegnati ad accelerare la lotta all’emergenza climatica prevedendo radicali trasformazioni, in particolare in campo energetico. L’Italia, ad esempio, punta a superare il 70% di elettricità verde nel 2030, contro l’attuale 36%.

Ma per inquadrare le dinamiche future, vanno considerate anche le politiche necessarie a raggiungere la neutralità climatica al 2050, come deciso tra gli altri dalla UE e dagli Usa.

In questo scenario la produzione di elettricità raddoppierà (pensiamo, ad esempio, al passaggio alla mobilità elettrica) e il ruolo delle rinnovabili risulterà centrale. Si stima che il solo fotovoltaico fra 30 anni dovrebbe generare tanta elettricità quanta se ne consuma oggi nel paese.

Veniamo dunque al solare, oggetto delle polemiche di questi giorni. La Sicilia, con 1.432 MW, si colloca oggi solo al sesto posto tra le regioni italiane.

Con forte ritardo, sta finalmente per essere approvato il Pears, il Piano Energetico che prevede a fine decennio nuovi impianti fotovoltaici per 2.320 MW. Un numero che dovrà essere ritoccato al rialzo, visti i nuovi più ambiziosi obiettivi europei.

Considerato l’incredibile riduzione dei costi di questa tecnologia, oggi i grandi impianti solari si possono realizzare senza alcun incentivo. Al contrario di quanto successo in passato, non sarà quindi tanto il sostegno economico a determinare la loro diffusione quanto proprio la capacità di affrontare con intelligenza l’interazione con il paesaggio.

Per questo, certamente andranno privilegiati gli impianti di piccola scala. In Italia ne abbiamo 850.000, in Sicilia 50.000, cifre che andranno moltiplicate per due o tre volte entro la fine del decennio.

Il Pears prevede che poco più della metà dell’obiettivo venga raggiunto sulle coperture di fabbricati. Un forte impulso verrà dalle Comunità energetiche che consentono scambi di energia tra diversi impianti e favoriscono il protagonismo delle realtà locali. Tra l’altro, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo sono previsti 2,2 miliardi € per facilitarne la diffusione nei Comuni con meno di 5.000 abitanti.

Ma non c’è dubbio che per raggiungere gli obiettivi al 2030, serviranno anche impianti di grandi dimensioni.

È opportuno quindi chiarire di quali spazi parliamo. Per i 1.100 MW (1,1 GW) a terra previsti in Sicilia dal Piano, sarebbe necessaria una superficie pari allo 0,06% del territorio regionale, equivalente ad un quadrato di 4,5 km di lato.

Dove collocarli? Secondo il Piano, per la metà potrebbero essere installati in siti industriali abbandonati e cave a fine vita, mentre per l’altra metà in terreni agricoli degradati prevedendo, in questo caso, misure di compensazione per favorire l’agricoltura.

Una soluzione interessante è quella dell’agrovoltaico, con i moduli posti ad alcuni metri di altezza in file distanziate in modo tale da consentire la coltivazione dei campi. Anzi, prevedendo l’irrigazione, si potrebbe riportare l’agricoltura in terreni abbandonati. L’interesse per questa soluzione, alla quale il Pnrr destina un sostegno di 1,1 miliardi di euro, è tale che l’Enea ha costituito un gruppo ad hoc per promuoverne l’applicazione.

Tuttavia, non essendo stato previsto un percorso autorizzativo privilegiato, in Sicilia questa soluzione finora non ha visto molte richieste. Peraltro, il ritardo nell’approvazione del Piano ha impedito finora di avviare le modalità di semplificazione che vi sono previste. In particolare “procedure amministrative semplificate e accelerate mediante l’introduzione di un processo di Pre-Autorizzazione per impianti fotovoltaici da realizzare presso le aree mappate come dismesse, agricole degradate o aree del Demanio regionale”.

Ma, l’impostazione del Piano è stata superata dall’evoluzione dei fatti, visti i ritardi di approvazione.

In tutta Italia si sta infatti assistendo ad una vera corsa: Terna ha ricevuto richieste di connessione per 250.000 MW verdi, che riguardano ovviamente anche la Sicilia.

A questo punto saranno decisive le modalità di inserimento nel territorio, su cui vigilare, e le taglie. È chiaro che per rientrare nei costi di installazione le dimensioni devono essere notevoli.

Falck Renewables, ad esempio, ha appena firmato un accordo per fornire per dieci anni alla Ferrero l’elettricità di due impianti agrovoltaici per 17,5 MW da realizzare nelle provincie di Ragusa e Trapani.

Ma sarebbe stato opportuno inserire un limite alla dimensione degli impianti. Senza di questo, il rischio che si allarghi il numero di proposte oltre i 100 MW esiste.

Dunque, l’esplosione delle rinnovabili ci sarà in tutto il mondo e anche in Sicilia. Proprio per questo va governata, e il dibattito pubblico sarà essenziale per orientarne la diffusione.

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